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20 dicembre 2004

Lo spagnolo che punta sull'Italia

Lo sbarco spagnolo nell' elettricità italiana si sta rivelando un «ottimo affare». E potrebbe diventare ancor più redditizio nei prossimi mesi, quando si deciderà il destino del secondo operatore nostrano, Edison. Jesùs Olmos Clavijo, 44 anni, presidente di Endesa Italia, non si lascerà sfuggire l' occasione per dare battaglia. Nello sguardo vivace di questo ingegnere nucleare ormai prestato alla diplomazia internazionale, s' intravvede un obiettivo chiaro: portare Endesa al secondo posto, subito dietro Enel, sul mercato liberalizzato dell' energia italiana. Anche se la prudenza non gli consente di dirlo apertamente. «Attendiamo di capire che strada prenderà Pierre Gadonneix - commenta -. Per ora Edison non è in vendita, ma quando lo sarà non ci tireremo indietro». Vero è che l' ipotesi Edison è sinergica con le attività del colosso spagnolo, che si estendono a macchia d' olio su tutto il fronte mediterraneo. Soprattutto se si prende in considerazione Eurogen, la più grande delle tre gen.co con 7 mila megawatt installati, venduta da Enel a EdiPower, che Edison controlla insieme alle municipalizzate di Milano e Torino. Presente sul mercato italiano dal 2001 in partnership con l' Asm di Renzo Capra, il gruppo Endesa ha investito 3,5 miliardi di euro per conquistare Elettrogen, la seconda delle tre gen.co, cui si stanno aggiungendo investimenti per 1,3 miliardi nel ripotenziamento delle centrali esistenti e di un altro miliardo per i nuovi progetti. Nel caso maturino opportunità straordinarie, però, le disponibilità sarebbero sicuramente molto maggiori. Con 43 mila megawatt di potenza installata complessiva e oltre 20 milioni di clienti in 12 Paesi, infatti, Endesa è uno dei più grandi gruppi elettrici privati del mondo. Ma anche se il caso Edison dovesse risolversi altrimenti, le prospettive di crescita di Endesa restano molto concrete. Olmos, che ha da poco in mano anche tutto il business di Endesa in Europa, è soddisfatto: «In Italia le cose stanno andando bene, meglio del previsto. Il potenziamento e la razionalizzazione delle strutture acquisite da Enel ci hanno dato ottimi risultati e il piano di repowering dovrebbe portare la nostra capacità produttiva a 6.400 megawatt entro il 2007». Endesa è partita con cinque centrali termoelettriche da quasi 5 mila megawatt e due nuclei idroelettrici da 1.000 megawatt complessivi e ora sta diversificando nell' eolico e nel metano. Ora si appresta a costruire insieme a Asm Brescia una nuova centrale da 800 megawatt a Scandale, in Calabria. Ha completato la riconversione di tutti i gruppi a ciclo combinato a Ostiglia e a Tavazzano, in Lombardia, mentre a Monfalcone si prevede la trasformazione in ciclo combinato di un' unità a olio combustibile. «A Monfalcone - si rammarica Olmos - avevamo in progetto una riconversione a carbone da 640 megawatt, che avrebbe dato ottimi risultati sia sul piano economico che ambientale, ma siamo stati bloccati dalle autorità locali». Sull' eolico, l' obiettivo è raggiungere 400-450 megawatt di potenza installata: «Vogliamo coprire il nostro fabbisogno di certificati verdi con il vento», precisa Olmos, che ha appena firmato un accordo da 250 milioni con Gamesa per rilevare impianti italiani per 200 megawatt totali. A questi, si aggiungono i 20 megawatt del parco di Florinas, collocato proprio accanto alla centrale sarda di Fiumesanto. Inoltre si attende l' esito di una gara in Sicilia e di altri progetti sparsi. Anche in Sardegna Endesa aveva previsto il raddoppio della capacità attuale, ma è rimasta bloccata dalla moratoria voluta fortemente dal nuovo presidente regionale Renato Soru. Produrre energia in Italia di questi tempi non è facile. E nemmeno importare metano. Olmos ha in mente due possibilità per costruire un gassificatore, al largo di Monfalcone oppure al largo di Livorno, dove potrebbero arrivare via nave almeno 4 miliardi di metri cubi di metano liquefatto ogni anno. Oggi Endesa Italia - che dipende dalle forniture dell' Eni - ne consuma quasi 3 miliardi l' anno, con prospettive di forte crescita, vista la progressiva riconversione a gas dei suoi impianti produttivi e lo scarso successo dei progetti sul carbone. In previsione c' è un raddoppio delle sue spese in metano entro il 2007. Quindi il controllo diretto di una parte delle forniture sarebbe essenziale per gestire la catena del valore e aumentare la competitività sul mercato. «Anche qui ci si scontra con le resistenze delle autorità locali, preoccupate dall' impatto ambientale dei gassificatori», fa notare Olmos. Ma qualche resistenza emerge anche da parte di chi controlla il mercato e preferisce mantenere l' offerta limitata, all' origine dei prezzi alti. Per Olmos, il 2005 sarà un anno decisivo per capire se in Italia il processo di liberalizzazione è destinato a procedere spedito, sia nel mercato del gas che in quello elettrico, oppure si è arenato nelle secche della restaurazione.

13 dicembre 2004

Silenzio si alza il vento

Il vento in Italia vale come una grossa centrale nucleare, che dà elettricità a oltre 500 mila famiglie. Ma si potrebbe fare molto di più. Così diversi produttori si stanno concentrando sull' eolico per fare il pieno di energia verde, con Endesa in testa. Il colosso energetico spagnolo guidato da Jesus Olmos, terzo produttore di energia elettrica in Italia, ha appena firmato un accordo da 250 milioni con Gamesa, una delle prime imprese al mondo nell' installazione delle pale eoliche più avanzate, per rilevare impianti italiani da 200 megawatt totali, che si aggiungono ai 20 megawatt dell' impianto sardo di Florinas, acquisito da Enel al momento della cessione di Elettrogen, una delle tre genco. Enel, da parte sua, ha stanziato circa 100 milioni per installare un' ottantina di nuovi generatori entro il 2005, che aumenteranno del 10% la potenza complessiva nazionale, oggi sui mille megawatt. E anche gli altri operatori, da Edison a Energia, investono nel vento, che sta diventando sempre più remunerativo grazie ai rapidi progressi della tecnologia. Il decollo dell' eolico emerge inoltre dalla valanga di richieste di autorizzazioni presentate da società del tutto nuove rispetto ai tre capofila dell' eolico italiano (il gruppo Ivpc domina il mercato con il 44%, seguito da Edison con il 23% e da Enel con il 22%), per un totale che supera i 13 mila megawatt aggiuntivi, che avvicinerebbero l' Italia al record mondiale della Danimarca, capace di coprire con l' eolico il 17% del suo fabbisogno elettrico. L' Italia non può vantare medie di vento come quelle del Nord Europa, che superano facilmente i sei metri al secondo. Ma Sardegna e Sicilia, così come i crinali appenninici del Centro-Sud, hanno medie intorno ai 3,5-4,5 metri al secondo e presentano condizioni ideali per l' installazione di generatori. «Nel parco di Altanurra, in Sardegna - osserva Sergio Adami, responsabile di Enel per le energie rinnovabili - si può contare su oltre 2 mila ore di vento all' anno e quindi su una produzione di 24-25 milioni di chilowattora, in grado di soddisfare i consumi di quattromila famiglie. Nel parco di Sedini, vicino a Sassari, che stiamo completando, avremo una produzione capace di soddisfare il fabbisogno di oltre 15 mila famiglie». Con la drastica riduzione del rumore e l' efficienza delle pale più che raddoppiata, a vent' anni dal debutto delle prime turbine commerciali, l' eolico è sempre più conveniente perché i costi di produzione di elettricità sono 5 volte più bassi. «La potenza delle turbine, che nei primi anni Ottanta si aggirava intorno ai 20-60 kilowatt per macchina, oggi arriva a 1.700 chilowatt, e le pale girano molto più lentamente, facendo meno rumore, mentre il costo della produzione di energia è sceso dell' 80 per cento», spiega Adami. Con 30 mila megawatt l' Europa è il primo produttore mondiale di energia eolica, che soddisfa circa il 2,4% del fabbisogno complessivo di elettricità, cioè i consumi di 35 milioni di cittadini. La Germania da sola produce quasi 15 mila megawatt e in particolare nella regione dello Schleswig-Holstein l' eolico soddisfa il 30% del fabbisogno energetico. La Danimarca trae il 20% della sua elettricità dal vento, sfruttato anche con impianti eolici marini. La Spagna viene subito dopo la Germania in termini assoluti e in alcune regioni, come la Navarra, si arriva al 50% di energia dal vento. L' Italia è il quinto Paese al mondo e il quarto d' Europa per produzione di energia eolica, ma sullo scenario è calato recentemente il rigido altolà di Renato Soru, che alla fine di novembre ha emanato una legge regionale molto penalizzante per la costruzione di nuovi impianti in Sardegna. La nuova legge - uno stop in piena regola allo sfruttamento della regione più ventosa d' Italia - ha suscitato le proteste di Legambiente e dei produttori, che puntavano molto sull' isola. Eppure l' obiettivo del governo è di promuovere la costruzione di parchi eolici per arrivare a 3 mila megawatt entro il decennio, triplicando la potenza attualmente installata. Secondo i dati riportati dal primo Atlante eolico italiano, pubblicato recentemente dal Cesi in collaborazione con l' Enea, l' Italia avrebbe le condizioni geografiche per soddisfare addirittura il 15% del fabbisogno nazionale con questa fonte rinnovabile. Ma regioni con ottima ventosità e zone rurali a bassa densità abitativa come la Basilicata o le Marche si limitano a potenze installate inferiori ai 500 megawatt. Spazio per crescere ce n' è quanto si vuole.

1 dicembre 2004

Prove di un matrimonio a Nord Ovest

Prove di un matrimonio a Nord Ovest. Mentre le aggregazioni fra utilities lombarde segnano il passo e a Nord Est la voglia di alleanze si scontra con una selva di veti incrociati, all'ombra della Mole le cose si muovono in fretta. Nato con la benedizione dei due sindaci ulivisti, il genovese Giuseppe Pericu e il torinese Sergio Chiamparino, il progetto d'integrazione territoriale fra i due capoluoghi ha messo a segno in questi giorni un primo passo concreto: la genovese Amga e la torinese Smat si sono aggiudicate la gara per rilevare il 67% di Acque Potabili, in quota Italgas. L'acquisizione disegna i nuovi contorni di un'aggregazione in grado di servire circa 5 milioni di abitanti. L'alleanza idrica nata sull'asse Genova-Torino ha spazzato via concorrenti illustri come la francese Vivendi e la romana Acea, dopo mesi di resistenze da parte dell'Eni, che in un primo tempo aveva giudicato inadeguate tutte le offerte ricevute. Italgas ha dato il via libera solo grazie a un ritocco all'insù dell'offerta di Amga e Smat, che sono riuscite a portarsi a casa due terzi di Acque Potabili con poco più di 85 milioni e ora dovranno procedere al lancio di un'Opa sul resto. L'operazione rappresenta il primo risultato dell'alleanza sottoscritta in giugno fra le due società per attuare una strategia comune di crescita e di espansione territoriale, oltre che di razionalizzazione nell'ambito delle rispettive sfere operative. Ma l'alleanza Amga-Smat s'inserisce nel più vasto disegno di aggregazione concordato tra i due sindaci anche in materia di elettricità e gas, che sta portando alla fusione di Amga con Aem Torino: le due ex municipalizzate hanno appena completato uno studio interno sulle possibilità di sinergie industriali fra le due società e hanno affidato alla McKinsey l'incarico di advisor per la formulazione delle soluzioni necessarie all'aggregazione. "McKinsey - spiega il vicesindaco di Genova, Alberto Ghio - ci ha chiesto quattro settimane di tempo per preparare la documentazione. Ci aspettiamo di poter analizzare le proposte entro la fine dell'anno". Fra gli aspetti più delicati, c'è quello della governance della nuova entità: gli advisor potranno seguire il modello della fusione vera e propria tra Amga e Aem, oppure la strada di costituire una holding finanziaria di partecipazioni controllata dai Comuni, a cui verrebbe attribuita una quota della holding industriale quotata in Borsa. Nell'uno e nell'altro caso, non si tratta certamente di un matrimonio all'acqua di rose. E già oggi ci si sta ponendo il problema della squadra da chiamare ai vertici di questa super-utility del Nord Ovest. Fra i nomi che girano con maggiore insistenza sul fronte della holding, quello di Paolo Cantarella - ex amministratore delegato della Fiat - è stato bruciato in fretta dall'opposizione dei genovesi, che lo considerano troppo sbilanciato verso la Mole. La presenza poi di Fabrizio Palenzona - vicepresidente di Unicredit e membro della Fondazione Crt - fra i consiglieri di amministrazione dell'Amga, di cui Crt ha contribuito a finanziare l'aumento di capitale, delinea un incrocio finanziario che rafforza l'unione. Sul fronte industriale, l'alleanza schiera da un lato l'ex ministro Franco Reviglio, oggi presidente di Aem, dall'altra l'ad di Amga Roberto Bazzano, un manager cresciuto all'interno della società e fortemente impegnato sul fronte delle alleanze territoriali. L'ipotesi di aggregazione tra Aem e Amga è molto interessante per la complementarietà tra le due società, con Aem concentrata su energia e teleriscaldamento e Amga nell'acqua potabile e nel gas nei rispettivi bacini di riferimento, ma non è destinata a fermarsi qui. "L'accordo con Amga non potrà limitarsi a definire una nuova entità industriale fine a se stessa - spiega il direttore generale di Aem Torino, Roberto Garbati - ma dovrà essere intesa come primo importante passo di un percorso capace di aggregare le altre aziende energetiche locali che operano in Piemonte, Liguria e Valle d'Aosta". Alessandria e Vercelli per il Piemonte, Sanremo e La Spezia per la Liguria potrebbero costituire la prima serie di alleati, mentre si sta consolidando la penetrazione di Amga nel Piemonte meridionale, dove la società genovese è già insediata da tempo in una quindicina di comuni attorno a Novi Ligure ed è recentemente approdata a Tortona, aggiudicandosi la gara per la gestione del servizio idrico integrato e del gas. Ma è la Valle d'Aosta - dove Amga è già presente nella gestione del riscaldamento degli edifici scolastici e regionali - l'obiettivo più ambito dell'aggregazione, con le 29 centrali idroelettriche della Compagnie Valdotaine des Eaux (Cva) che ne fanno un'esportatrice netta di energia fra le più attive. Il sindaco Chiamparino ha già gettato un amo in direzione del presidente di Cva Francesco Guerrieri, ma per ora resta un dialogo a distanza. Con l'"oro blu" valdostano, che l'anno scorso ha prodotto quasi 3 miliardi di chilowattora venduti sul mercato libero a prezzi molto remunerativi, trattandosi di energia verde, la maxi-utility del Nord Ovest si presenterebbe come un campione a tutto tondo, capace di competere con i giganti nazionali, ma anche sul mercato europeo.