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13 novembre 2006

Il triangolo della morte di Acerra

Lo chiamano «il triangolo della morte». Nel territorio compreso fra Nola, Acerra e Marigliano, l' indice di mortalità per tumore al fegato ogni 100 mila abitanti sfiora il 36 per cento, contro una media nazionale del 14. Migliaia di persone sono esposte a sostanze altamente tossiche da decenni. La criminalità organizzata ha fatto dello smaltimento illegale dei rifiuti un vero business, attraverso il controllo di 5 mila discariche illegali, dove le immondizie vengono regolarmente bruciate a cielo aperto. Tutto è contaminato: gli agenti inquinanti, come la diossina, sono ben al di sopra dei livelli consentiti nell' aria, nell' acqua e nei prodotti della terra. Ma Acerra scende in piazza e si ribella a un solo mostro: il termovalorizzatore. Per dare agli operai accesso al sito dove dev' essere costruito, ci sono voluti quattro anni di battaglie e la mobilitazione di migliaia di poliziotti. E intanto la camorra fa i suoi affari. Valanga di voti Il senatore di Rifondazione comunista Tommaso Sodano, professione agronomo, è stato eletto nel collegio di Pomigliano-Acerra con una valanga di voti dopo essere salito sulle barricate insieme al sindaco Espedito Marletta (anche lui di Rifondazione) per bloccare l' impianto deciso nel ' 97 dal commissario Antonio Rastrelli come primo tentativo di risolvere l' emergenza rifiuti campana. Ora presiede la Commissione ambiente del Senato. Il presidente dei Verdi Alfonso Pecoraro Scanio, salernitano, definisce la costruzione dell' impianto «un accanimento inspiegabile». Ora è ministro dell' Ambiente. Ma i rifiuti non si dissolvono nell' aria, non possono mai essere riciclati completamente. Anche nei sistemi più avanzati, almeno la metà va smaltita in qualche altro modo: bisogna scegliere fra il termovalorizzatore e la discarica. I partner europei hanno scelto i termovalorizzatori, al momento attuale in Europa occidentale se ne stanno costruendo una cinquantina e le discariche ormai non ci sono più. In Danimarca vengono inceneriti ogni anno 600 chili di rifiuti per abitante, in Svizzera 400, in Olanda e Svezia 350, in Francia più di 200 (vedi tabella in basso, ndr). In Italia siamo a quota 60. Fisia Babcock, la società di Impregilo che ha vinto nel ' 99 la gara d' appalto per i due termovalorizzatori campani, quello di Acerra e quello di Santa Maria La Fossa (Caserta), ne ha in costruzione 12, sparsi fra Germania, Svezia, Finlandia, Danimarca, Olanda e Francia. L' ultimo, a Riihimäki nel sud della Finlandia, è entrato in produzione in 28 mesi. In Campania, se d' ora in poi il cantiere non subirà altri attacchi come quello recente dei disoccupati organizzati, l' impianto di Acerra sarà operativo il prossimo autunno, a otto anni dal conferimento dell' incarico. Quello di Santa Maria La Fossa non è nemmeno cominciato e attende la firma del ministro Pecoraro Scanio sulla valutazione d' impatto ambientale. «Ci avevano scritto in luglio che l' avremmo avuta nel giro di una settimana - riferiscono alla Protezione Civile - la stiamo ancora aspettando». L' impianto L' impianto di Acerra, anche quando sarà a regime, non risolverà il problema della Campania: delle 8 mila tonnellate di rifiuti prodotti ogni giorno dai suoi abitanti, ne può incenerire solo 2 mila, che bruciando produrranno due milioni e mezzo di kilowattora, quanto basta per alimentare una cittadina di medie dimensioni. Il resto, finché non si avvia una raccolta differenziata com' era scritto nel piano e non è mai stato fatto, continuerà ad andare in discarica. Ma in provincia di Napoli le montagne di monnezza si accatastano per le strade e non si riesce più a trovare nemmeno le discariche, legali o illegali. «Quando hai l' urgenza di decongestionare - sussurrano alla Protezione Civile - ricorri a chiunque ti offra una soluzione». Ma la soluzione non c' è. «Siamo costretti ad incontrarci clandestinamente nelle prefetture - confidano - perché i sindaci hanno paura di essere linciati se offrono un terreno». Tant' è vero che Guido Bertolaso, l' uomo forte della Protezione Civile nominato un mese fa nuovo commissario dopo tre governatori e cinque prefetti, già minaccia le dimissioni. Mancano i fondi per gestire l' emergenza, figurarsi per superarla: lo sbilancio mensile dell' attività del commissario oscilla fra i 5 e i 10 milioni di euro. «Se non paghiamo i debiti pregressi - spiegano alla protezione Civile - tutte le porte si chiudono: non riusciamo nemmeno più a esportare i rifiuti all' estero per problemi di costi e anche spedirli nelle altre regioni sta diventando problematico». Dopo la richiesta d' aiuto lanciata da Bertolaso il 14 ottobre solo due regioni, il Piemonte e l' Emilia-Romagna, hanno dato la loro disponibilità.

6 novembre 2006

La concorrenza vola con il vento

Gli investimenti globali nell' energia pulita, tratta da fonti rinnovabili come il sole o il vento, sono più che raddoppiati negli ultimi due anni, arrivando a superare i 63 miliardi di dollari. E sono destinati a crescere almeno di un altro trenta per cento l' anno prossimo. Il settore è in pieno boom: beneficia da un lato dei progressi tecnologici che migliorano l' efficienza delle nuove fonti, dall' altro del caro-greggio, che abbatte il gap con i costi di generazione da fonti tradizionali. Ma il differenziale non è del tutto colmato e l' energia pulita ha ancora bisogno di essere incentivata per crescere. «In Italia, ad esempio, per raggiungere l' obiettivo comunitario, fissato al 22% della nostra produzione complessiva di energia al 2010, dovremo spendere circa due miliardi di euro all' anno in sussidi alla costruzione di impianti solari, eolici e via dicendo», spiega Andrea Bollino, presidente del Gestore dei servizi elettrici (Gse), che occupa un ruolo centrale nella promozione delle fonti rinnovabili, con il mercato dei certificati verdi e l' incentivazione del fotovoltaico. Ma gli italiani - si è chiesto Bollino - sarebbero disposti a pagare direttamente una parte di questi sussidi, a condizione di finanziare in questo modo la crescita di un settore capace di ridurre la nostra dipendenza dagli idrocarburi? E in che misura? La risposta - presentata da Bollino alla conferenza mondiale dell' International Association for Energy Economics di Ann Harbor, dov' è stato eletto presidente per l' anno prossimo - è abbastanza stupefacente: gli italiani sarebbero disposti a sobbarcarsi direttamente circa un terzo del costo complessivo dei sussidi. In base a un sondaggio condotto dall' Eurisko per la prima volta in Italia, si è scoperto infatti che gli utenti elettrici sarebbero pronti a pagare in media 5 euro in più a bolletta per finanziare l' energia verde, quindi 30 euro all' anno. «Moltiplicato per 21 milioni di utenze familiari, si arriva a 660 milioni, cioè quasi un terzo dei 2 miliardi che servono per arrivare in tempo al nostro target», conclude Bollino. Un supporto straordinariamente deciso, tenuto conto del fatto che la fattura energetica in Italia è già ben più alta che all' estero. «Questo significa - commenta Bollino - che le fonti rinnovabili hanno un sostegno dal mercato ben più alto di quanto si creda, basterebbe farle conoscere meglio: si è visto anche dalla valanga di richieste che ci sono arrivate per gli incentivi al fotovoltaico». Purtroppo andate in gran parte a vuoto, data l' inadeguatezza del sistema. La crescita delle energie alternative, del resto, darà anche una spinta alla libera concorrenza. E quindi, alla lunga, i rincari verrebbero compensati. Bollino paragona la nascita di un sistema di generazione nuovo, parallelo a quello tradizionale, allo sviluppo della telefonia mobile. «Così come lo sviluppo degli operatori mobili ha dato una spinta alla deregulation nelle tlc - prevede Bollino - per il mercato dell' energia il nuovo fronte sono le rinnovabili, che introducono nuovi player in un sistema ingessato come quello attuale, ancorato alle vecchie fonti, dove prevalgono inevitabilmente gli ex monopolisti». Non a caso le nuove imprese, capaci di trasformare il sole e il vento in energia, sono oggetto di un' euforia borsistica ormai da molti paragonata alla bolla Internet. Il New Energy Fund di Merrill Lynch, considerato uno degli indici più rappresentativi del mercato, è cresciuto del 202 per cento in tre anni. Grazie al boom degli investimenti, l' innovazione rende le tecniche di utilizzo delle fonti rinnovabili sempre più remunerative. E gli analisti calcolano che in zone molto ventose, come la Sardegna, un parco eolico installato sulla terraferma sia già in grado di reggersi sulle proprie gambe. Da qui a rinunciare completamente ai sussidi, ce ne corre. Ma è il primo passo verso una svolta.