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28 gennaio 2011

Via alla campagna per l'eolico offshore francese

Il presidente francese, Nicolas Sarkozy, ha annunciato ufficialmente l’avvio della gara per l’installazione di 6.000 megawatt eolici offshore al 2020. Sarkozy ha spiegato che la prima fase della gara sarà lanciata nel secondo trimestre di quest’anno e riguarderà la realizzazione di parchi per 3.000 megawatt in 5 zone nell’Atlantico e nella Manica, con un investimento stimato in 10 miliardi di euro.

"Il nostro obiettivo è creare una filiera nazionale in grado di realizzare questi sistemi di produzione e capace di rivolgersi anche all’export", ha dichiarato Sarkozy, lasciando pochi dubbi sulla nazionalità dei vincitori. Edf Energies Nouvelles e Alstom e hanno già siglato un accordo per partecipare assieme alla gara.


27 gennaio 2011

Prima centrale geotermica offshore nel Tirreno

Sarà realizzata in acque italiane la prima centrale geotermica offshore del mondo, che sfrutterà il calore del vulcano sommerso più grande d’Europa, il Marsili.

L’impianto, autorizzato dal ministero per lo Sviluppo Economico, è promosso da un comitato scientifico formato dall’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, dal Centro di ricerche e studi sperimentali per le Geotecnologie dell’Università di Chieti, dall’Istituto di scienze marine Ismar del Cnr e dal Politecnico di Bari.

I lavori per realizzare il pozzo geotermico sottomarino potrebbero iniziare nel 2012, mentre il progetto prevede, entro il 2015, la costruzione di 4 centrali galleggianti in grado di fornire energia sufficiente per 70.000 persone, il tutto per un investimento di 1,96 miliardi di euro.


25 gennaio 2011

Italia seconda in Europa per gli incentivi alle rinnovabili

Nel 2009 l’Italia è risultata al secondo posto nell’Unione europea quanto a incentivi pubblici per le fonti rinnovabili. In base a uno studio commissionato dalla direzione generale Energia dell'Ue a Ecofys, Ernst&Young, Fraunhofer e TU Vienna, il nostro Paese ha speso infatti nell’anno circa 5 miliardi di euro, situandosi dietro alla sola Germania (quasi 11 miliardi di euro) e davanti a Spagna (4,3), Francia (2,5), Svezia (2,1) e Regno Unito (2).

Lo studio, pubblicato dalla Commissione Ue, sottolinea che questi 6 Paesi costituiscono la quasi totalità dei finanziamenti pubblici europei, ammontati complessivamente nel 2009 a 35 miliardi di euro. Considerando tuttavia gli aiuti alle rinnovabili in rapporto ai consumi energetici nazionali, la Svezia balza al primo posto della classifica con oltre 6 euro per ogni megawattora, seguita da Germania e Spagna con 4,1 euro a megawattora e da Italia, Portogallo e Lituania con circa 3,2 euro a megawattora.


23 gennaio 2011

Il fotovoltaico italiano moltiplicato per 6 in un anno!

A fine 2010 eravamo a 3 gigawatt di potenza fotovoltaica installata in Italia, su 150mila impianti. Ma questi sono solo gli impianti già collegati alla rete. In base alle stime del Gestore dei Servizi Energetici, la realtà potrebbe essere ben diversa: con i collegamenti in corso, potremmo arrivare addirittura a 7 gigawatt di potenza installata! Lo ha annunciato il Gse durante un'audizione informale in Senato.

Com'è potuto accadere un balzo di questa dimensione? Già l'aumento degli impianti collegati è spettacolare: nel solo anno 2010 la nuova potenza fotovoltaica installata è stata pari a 1.850 megawatt, con un incremento del 160% rispetto alla potenza entrata in esercizio nell’anno precedente (711 megawatt).

Oltre a questi, però, al Gse sono arrivate comunicazioni per circa 55.000 ulteriori impianti, con una potenza di 4.000 megawatt, in aggiunta agli impianti in esercizio sopra citati, a seguito della legge 129/2010, che prevede di riconoscere le tariffe 2010 agli impianti fotovoltaici che entreranno in esercizio entro giugno 2011, purché abbiano comunicato la fine dei lavori entro il 31 dicembre 2010.

Valutando queste ultime richieste si deduce che la potenza complessiva degli impianti installati, seppure non ancora tutti collegati alla rete elettrica, potrebbe essere pari, a fine 2010, a 7.000 megawatt su 200.000 impianti, contro i 1.142 megawatt di fine 2009.

In pratica, la corsa ai vecchi incentivi, più favorevoli rispetto alle nuove regole entrate in vigore all'inizio del 2011, ha provocato un'incredibile moltiplicazione della potenza installata per sei!

Di conseguenza, già nel corso del 2011 potrebbe essere raggiunto il target di 8.000 megawatt, che il Piano di Azione Nazionale sulle fonti rinnovabili ha previsto per l’anno 2020 per gli impianti fotovoltaici.

Che cosa succederà dopo, è ancora tutto da capire...


20 gennaio 2011

Boom dell'eolico offshore in Europa del Nord

E’ boom per l’eolico offshore in Europa. Nel 2010, rivela l’European Wind Energy Association, sono state installate 308 nuove turbine in mare, il 51% in più rispetto al 2009, per un totale di 883 megawatt distribuiti in nove parchi eolici in 5 Paesi Ue. Gli investimenti complessivi si aggirano sui 2,6 miliardi di euro. I dati 2010 portano la capacità eolica offshore europea a 2.964 megawatt.

Il Paese leader è la Gran Bretagna, con una capacità di 1.341 megawatt, seguita da Danimarca con 854 megawatt, Olanda con 249, Belgio con 195, Svezia con 164, Germania con 92, Irlanda con 25, Finlandia con 26. Chiude l’elenco la Norvegia con 2,3. L'Italia non ha nemmeno una palaeolica offshore, fino ad oggi.

Se il 2010 è stato un anno positivo, il 2011 andrà ancora meglio. Ewea prevede infatti nuove installazioni offshore per una capacità compresa tra i 1.000 e i 1.500 megawatt. Ma in Italia ancora niente.


16 gennaio 2011

Previsioni 20-20-20: l'Unione centrerà l'obiettivo, ma senza l'Italia

La Ue centrerà, anzi supererà, il target delle rinnovabili al 2020, mentre l’Italia, molto probabilmente, lo mancherà. “Presi insieme i Piani d’azione nazionale mostrano che la Ue a 27 raggiungerà il 20,7% di consumi energetici da rinnovabili” ha spiegato Justin Wilkes, della European Wind Energy Association, che ha pubblicato i risultati della sua analisi dei 27 Piani presentati alla Commissione l’estate scorsa.

Dall’analisi aggregata di tutte le politiche messe in campo dagli Stati membri, secondo l’Ewea nel 2020 circa 1/3 della domanda elettrica, vale a dire il 34%, verrà soddisfatta con energia rinnovabile, perloppiù eolica (14%, di cui 10% onshore e 4% offshore). Il restante 20% sarà coperto con l’idroelettrico (10,5%), le biomasse (6,6%), il solare fotovoltaico (2,4%) e a concentrazione (0,5%), la geotermia (0,3%) e lo sfruttamento delle maree (0,1%).

In termini di capacità installata, l'energia eolica si porterà a 213.000 megawatt, pari al 14% della domanda elettrica europea. A quella data sarà l'Irlanda il paese con il più elevato contributo proveniente dalla fonte eolica (36,4% sul totale dei consumi elettrici), seguita dalla Danimarca (31%). Secondo una recente relazione della Commissione Europea - Tendenze in materia energetica della UE fino al 2030 - nel decennio 2011-2020 l'eolico metterà a segno la crescita più significativa in termini di potenza installata, rappresentando il 41% della nuova capacità.

L'analisi svolta sui singoli Stati porta l'Ewea a ritenere che saranno ben 15 gli Stati europei che nel 2020 supereranno il loro target nazionale. I risultati più significativi saranno raggiunti dalla Bulgaria, che migliorerà del 2,8% il proprio obiettivo, dalla Spagna (+2,7%) e dalla Grecia (+2,2%). Altri 10 Stati centreranno il loro obiettivo ma senza superarlo, mentre saranno soltanto due Paesi membri della UE - Italia e Lussemburgo - a rimanere al di sotto del loro target nazionale e a dover ricorrere a meccanismi di compensazione per rispettare l'impegno. L'Italia fallirà il traguardo per un -0,9%, mentre il Lussemburgo per un -2,1%.

 


15 gennaio 2011

Il 2010 anno record per le rinnovabili nel mondo

Gli investimenti mondiali nelle fonti rinnovabili hanno raggiunto nel 2010 i 243 miliardi di dollari, il 30% in più rispetto ai 186,5 miliardi del 2009. Il dato, fornito dal rapporto annuale di Bloomberg New Energy Finance, assegna agevolmente all’anno da poco concluso il primato storico, considerati i 51,7 m.iliardi del 2004, i 76,3 miliardi del 2005, i 112,9 miliardi del 2006, i 150,8 miliardi del 2007 e i 180,1 miliardi del 2008.

La crescita del 2010 deriva dagli investimenti cinesi, dall’eolico offshore e dal fotovoltaico in Europa, ma in parte anche dalle spese in ricerca e sviluppo. Per quanto riguarda la Cina, nel 2010 gli investimenti nelle rinnovabili sono saliti del 30% a 51,1 miliardi, mentre l’eolico globale ha messo a segno un +31% con 96 miliardi (di cui il 38% attribuibile alle iniziative cinesi e ai parchi offshore europei). Sul fronte della ricerca e sviluppo, gli investimenti hanno raggiunto il livello record di 35,5 miliardi, a seguito di una crescita delle spese sia pubbliche che delle aziende private.

Suddividendo i dati per settore, la crescita maggiore del 2010 (+49%) ha rigurdato il fotovoltaico, che ha attirato investimenti per 89,3 miliardi grazie al traino dell’Europa (59,6 miliardi, +91%). Bene anche le nuove tecnologie come smart grid, energy management e veicoli elettrici (+27% a 23,9 m.iliardi), mentre sono in calo i biocarburanti e restano invariate le biomasse e l’energa da rifiuti.

Per il 2011, ha commentato l’amministratore delegato di Bloomberg Nef, Michael Liebreich, “i segnali sono incoraggianti, data la probabile riduzione dei costi dei pannelli solari e delle turbine eoliche e il miglioramento delle fonti di finanziamento dopo il picco negativo della crisi”.


11 gennaio 2011

Novamont e l'economia del riciclo: la sfida dei sacchetti

All'inizio ci fu Topolino. Il suo faccione sorridente, stampato sul quadrante di un orologino giallo per bambini, fu distribuito in milioni di esemplari. Fece epoca, il primo prodotto italiano in plastica verde, derivata non dalla puzza di petrolio ma dalla fragranza delle pannocchie di mais dei nostri campi. Cominciò così l'avventura della Montedison di Gardini e Ferruzzi nel magico mondo della chimica sposata all'agroindustria. E Catia Bastioli era lì, a inventare la nuova molecola di un materiale mai visto prima e poi a produrre a mano, con il suo team, tonnellate di bioplastica per quella trovata di marketing che fu la prima uscita ufficiale del Mater Bi.

Vent'anni dopo, siamo al divieto dei sacchetti di plastica. Con la nuova normativa, si apre un business enorme per le bioplastiche: fino ad oggi gli italiani sono stati fra i massimi utilizzatori dei micidiali shopper che soffocano i mari del mondo, con un consumo pro capite di 300 pezzi l'anno, oltre 200mila tonnellate complessive, un quarto dei consumi europei. Anche ammettendo una contrazione del 50% per la sostituzione con sacchetti di carta o di stoffa - già osservata in altri Paesi che hanno introdotto normative analoghe - il mercato italiano degli shopper biodegradabili, capaci di sciogliersi in poche settimane e di tornare alla terra, si espande di colpo a 100mila tonnellate. Di questo mercato, almeno il 60% verrà coperto da Novamont, l'azienda di Novara erede del centro ricerche Fertec e dell'orologio di Topolino, che si è attrezzata per far fronte al boom, raddoppiando la produzione in due anni. Non solo per i sacchetti, naturalmente: la plastica verde va alla grande e Novamont produce un biopolimero adatto a mille trasformazioni, dai giocattoli alle stoviglie, dagli imballaggi agli pneumatici, di cui esporta oltre la metà.

Nato dalla grande scuola di scienza dei materiali Montedison, le cui tradizioni risalgono al polipropilene del Nobel Giulio Natta, il centro ricerche Fertec fu affidato a Bastioli, una chimica umbra, con il compito di armonizzare la cultura chimica di Montecatini con quella agroindustriale del gruppo Ferruzzi. Al disastro di Montedison il centro è sopravvissuto come Novamont, una piccola azienda controllata da Intesa SanPaolo, Investitori Associati e per una piccolissima quota dagli stessi fondatori. "Da ricercatori, nel '96 ci siamo trasformati in imprenditori e da allora ad oggi non ci siamo mai fermati", racconta Bastioli. Il breakeven è arrivato nel 2001 e nel 2010 il fatturato ha sfiorato i 90 milioni di euro, per 80mila tonnellate di bioplastiche. Con la riconversione di un nuovo impianto, a marzo si dovrebbero aggiungere altre 60mila tonnellate di capacità. A Terni, dove ha il grosso della produzione, Novamont punta anche sull'impianto Basell, una vecchia conoscenza, erede decotta della gloriosa Himont, gioiello tecnologico della vecchia Montedison.

"Con l'impulso della ricerca verde, la chimica italiana si può ancora rivitalizzare", è convinta Bastioli. Un sogno basato sull'universale riconoscimento di questa eccellenza italiana nel mondo dei materiali verdi, che compete alla pari con colossi mondiali come Basf o DuPont. Bastioli, insignita del premio "inventore europeo" della Commissione Ue, continua a sfornare novità. Dopo il Mater Bi di prima generazione, è arrivato quello di seconda, con una pellicola trasparente sempre più performante. E Novamont ha già in via di sviluppo le prossime cinque generazioni di bioplastiche: si allarga ai lubrificanti e sfrutta le nano-particelle d'amido per produrre con la Goodyear speciali pneumatici con una bassa resistenza al rotolamento, che vanno sulle nuove Bmw. A 53 anni, la signora della bioplastica italiana può ben dire di aver vinto la sua battaglia nel mondo. In Italia è ancora tutto da vedere.


6 gennaio 2011

Parte dai lampioni la sfida della smart city

Nel centro di Amsterdam ci caricano le biciclette elettriche, a Lisbona li usano come hotspot wifi, a Salonicco diventano totem informativi per i turisti. "I lampioni stradali possono essere trasformati già oggi in una rete intelligente: che senso ha costruirne di nuove per ognuno di questi usi?" Gianluca Moretti, ad del gruppo Umpi, ha in tasca la soluzione: Minos System consente di telegestire l'illuminazione pubblica e di aggiungere innumerevoli funzioni a ogni palo della luce. "Con 500mila punti luce intelligenti già installati in Europa, il nostro gruppo sta realizzando il sogno della smart city, senza bucare neanche una strada", spiega Moretti.

Nel sistema brevettato e prodotto dall'azienda romagnola, basta allacciare al cavo di alimentazione di ogni lampione una scatoletta lunga dieci centimetri, Syra, per telegestire le lampade e trasformarle in un supporto adatto all'applicazione di diverse tecnologie: videosorveglianza, connettività wifi, telesoccorso, centralino meteo, stazione di ricarica per moto e bici elettriche, accertatore di sosta e via dicendo. Le informazioni convergono in un quadro elettrico locale, Andros, grazie alle onde convogliate per la trasmissione dati attraverso le linee elettriche, un sistema utilizzato talvolta anche per far arrivare Internet nelle case via prese della luce. Ogni quadro può telegestire fino a mille lampioni e inviare i dati alla centrale operativa Ios, da cui si possono configurare fino a cento quadri.

I vantaggi sono evidenti, a partire dal risparmio: grazie al telecontrollo, si possono ridurre i consumi energetici dal 30 al 45% e i costi di manutenzione fino al 40%. "In Italia ci sono 10 milioni di punti luce, uno ogni 10 abitanti. Immaginiamo il risparmio complessivo se il nostro sistema fosse applicato a tappeto", rileva Moretti. E tutto ciò senza cambiare neanche un lampione, solo con una maggiore efficienza di gestione. Non a caso, Minos System va alla grande. Non solo in Italia, dove finora è stato adottato dall'Acea a Roma, dai comuni di Genova, Venezia e altri minori, lungo i tunnel dell'Anas, nelle stazioni ferroviarie. Ma soprattutto all'estero, dove copre migliaia di chilometri di autostrade nel Regno Unito e in Belgio, oltre a sezioni di città grandi e piccole, da Bruxelles a Medina, da Cordova a Kuala Lumpur. Il sistema nato e realizzato a Cattolica è fra i tre finalisti per il GE Smart Grid Award, nell'ambito dei prestigiosi Academic Enterprise Awards, che verranno annunciati a Zurigo in febbraio, e ha vinto in novembre l'Ict Excellence Awards 2010 del West Midlands per il Green Tech.

 

 


4 gennaio 2011

I cinesi avanzano verso il nucleare autofertilizzante

Gli scienziati cinesi avrebbero inventato una nuova tecnologia per lo sfruttamento del combustibile nucleare esaurito. L'annuncio è stato dato dalla televisione di Stato, senza offrire ulteriori dettagli tecnici: si sa soltanto che la nuova tecnologia esce dai laboratori della China National Nuclear Corporation, nel deserto del Gobi, dopo decenni di sperimentazioni. Il salto tecnologico, sostiene la Cctv, consentirà all'industria nucleare cinese di soddisfare il fabbisogno di combustibile nucleare per secoli. "La Cina ha riserve accertate di uranio che dovrebbero durare solo da 50 a 70 anni", ma con questa scoperta il periodo di copertura si allunga "a 3.000 anni".

L'annuncio arriva proprio mentre i cinesi avanzano rapidamente nel loro enorme programma di sviluppo del nucleare civile. Attualmente sono in costruzione sei reattori AP1000, con tecnologia Toshiba-Westinghouse di terza generazione, cui collabora anche l'italiana Ansaldo, in due siti diversi, Sanmen e Haiyang. I primi quattro, da 1100 megawatt ciascuno, saranno operativi fra il 2013 e il 2014 e ce n'è un'altra cinquantina in programma in giro per il Paese. Pechino vorrebbe raggiungere una capacità nucleare da 70 a 80 gigawatt entro il 2020, equivalente a tutta la capacità elettrica installata in Italia. E se va avanti a questo ritmo, è probabile che centrerà l'obiettivo: i tempi normali di costruzione di un reattore sono 4-5 anni, ma l'alacrità cinese non ha limiti. E' quindi comprensibile la preoccupazione del governo di Pechino per gli approvvigionamenti di combustibile: la Cina produce attualmente circa 750 tonnellate di uranio l'anno, ma la domanda potrebbe aumentare fino a 20.000 tonnellate entro il 2020.

Se davvero gli scienziati cinesi sono riusciti a mettere a punto una tecnologia di riutilizzo del combustibile nucleare più avanzata di quelle già sfruttate in Occidente, hanno scoperto la pietra filosofale del nucleare civile.

Ma non è chiaro a cosa si riferisse l'annuncio televisivo. Il riprocessamento del combustibile, infatti, è un sistema già conosciuto e praticato dall'industria nucleare occidentale: solo il 3-4% del combustibile usato una volta non si può più riutilizzare, il restante 96% viene riciclato. I due principali siti europei di riprocessamento sono La Hague in Francia e Sellafield in Inghilterra. Se i cinesi sono andati oltre, per ora non è dato sapere. In Occidente, l'industria nucleare lavora già da anni a vari tipi di reattori autofertilizzanti, macchine progettate per ottenere un rapporto di conversione maggiore di uno, cioè per produrre più materiale fissile al loro interno di quanto ne consumino. I rapporti di conversione tipici dei prototipi autofertilizzanti sono attorno a 1,2, mentre quelli dei reattori di prima e seconda generazione sono di 0,6.

La terza generazione, quella attualmente in costruzione, arriva a rapporti di 0,7-0,8. La tecnologia più promettente in questo senso è il reattore autofertilizzante a ciclo torio-uranio, proposto dal Nobel Carlo Rubbia per superare il problema delle riserve limitate di uranio: il torio è un combustibile nucleare molto abbondante in natura e non c'è bisogno di arricchirlo prima di usarlo. Un reattore al torio avrebbe anche il vantaggio di non generare plutonio (elemento tossicissimo e sfruttabile a scopi militari), ma di essere comunque in grado di "bruciarlo".