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30 novembre 2010

No Authority, no party

Senza Authority, niente tariffe dell'energia per 28 milioni di utenti. E il vertice dell'Autorità scade il 15 dicembre. Dopo che nel fine settimana Antonio Catricalà, presidente dell'Antitrust, ha fatto sapere di non essere disponibile a passare al posto di Alessandro Ortis, il consiglio dei ministri doveva decidere oggi il nuovo candidato. Invece, fumata nera. Le indiscrezioni riferivano di una proposta per la presidenza nelle persone di Guido Bortoni, capo dipartimento energia al ministero dello Sviluppo Economico e già designato come commissario per il nuovo collegio, oppure di Rocco Colicchio, attuale presidente del collegio dei revisori del regolatore. Nel caso in cui l’avesse spuntata Bortoni, al suo posto sarebbe potuto arrivare come commissario Massimo Beccarello, docente alla Bicocca e braccio destro di Emma Marcegaglia in materia di energia. Ma i ministri non si sono pronunciati. A questo punto occorre attendere la pronuncia del Consiglio di Stato sulla richiesta di parere urgente sulla "prorogatio", avanzata a suo tempo dal regolatore. L’udienza è fissata per il 7 dicembre. Intanto il tavolo della domanda di Confindustria esprime grande preoccupazione per la situazione che si è creata, come pure per il ricorrente tentativo di inserire nel collegio magistrati invece di tecnici del settore.

 


24 novembre 2010

Via libera al cavo Italia-Montenegro, prova generale di Desertec

Via libera al primo "ponte elettrico" sottomarino fra l'Europa e i Balcani, che collegherà il Montenegro all'Italia attraverso l'Adriatico per importare energia verde, perloppiù idroelettrica. Si prevede che l’investimento complessivo di Terna per il primo cavo, da 1.000 megawatt iniziali, ammonterà a 760 milioni di euro. L’investimento dell'operatore locale Cges per il collegamento e il rinforzo della rete esistente ammonterà a 100 milioni di euro.

L’accordo, firmato ieri, rappresenta il punto d’arrivo di un percorso di cooperazione industriale e si inserisce nel quadro delle intese intergovernative tra Italia e Montenegro, iniziate il 19 dicembre 2007 con il patto siglato dai ministri Bersani e Gvozdenovic. Ma rappresenta anche la prima prova generale delle linee sottomarine che potrebbero collegare la sponda Sud del Mediterraneo con l'Europa, ponendo l'Italia all'avanguardia nel grande progetto Desertec, di cui Terna fa parte.


23 novembre 2010

E' in rete il sole di Rovigo: record europeo sfida l'inondazione

Passo storico per il fotovoltaico italiano. E’ stato allacciato alla rete nazionale il parco di Rovigo, che con 72,6 megawatt è il più grande d’Europa. Il parco è stato realizzato dall'americana SunEdison, che lo ha venduto il mese scorso per 276 milioni di euro al fondo d’investimento First Reserve. “Il completamento dell’impianto in meno di un anno rappresenta una nuova pietra miliare all’interno del mercato fotovoltaico e in futuro diventerà lo standard per i maxi-progetti”, ha detto Carlos Domenech, Presidente di SunEdison. L'’impianto di Rovigo produrrà energia in quantità equivalente al fabbisogno di oltre 16.500 famiglie, con un risparmio annuo di quasi 40mila tonnellate di CO2, paragonabile all’eliminazione dalle strade di 8.000 automobili. 


21 novembre 2010

Termovalorizzatori contro discariche: 53 a mille

Monnezza per le strade a Napoli, a Palermo, presto anche a Roma. L'Italia sembra incapace di affrontare il problema rifiuti: con 33 milioni di tonnellate prodotte all'anno, oltre mezza tonnellata pro capite, siamo il terzo Paese europeo per dimensione del mercato, ma solo il 14% di questo combustibile viene sfruttato per il recupero energetico, mentre il 53% finisce in discarica.

Abbiamo 53 termovalorizzatori (contro 127 in Francia) e oltre mille discariche, in contrasto con la normativa comunitaria, che scoraggia le discariche, e con il buon senso di Paesi come la Germania, l'Austria, la Svezia e la Danimarca, che le hanno messe fuori legge. In questi Paesi, ma anche in Francia, Olanda e Belgio, il recupero energetico dei rifiuti nei termovalorizzatori varia dal 30 al 60%. Il resto è riciclo, che in Germania raggiunge il 65%. "Dato il valore economico del materiale che in Italia si butta via e l'insostenibilità ambientale del sistema delle discariche in un continente densamente popolato come il nostro, è naturale che gli altri si siano organizzati", rileva Vittorio Chiesa, direttore dell'Energy and Strategy Group del Politecnico di Milano. In Italia, la legge impone la raccolta differenziata al 50%, ma in realtà la media nazionale è sotto il 30.

"La valorizzazione del rifiuto oggi si aggira sui 70 euro a tonnellata e se si mette insieme al valore della raccolta, si raggiunge facilmente un giro d'affari da 15 miliardi di euro all'anno", precisa Davide Chiaroni, del team di Chiesa, che cura il rapporto annuale sul mercato delle biomasse, di cui i rifiuti urbani rappresentano una fetta importante. Un mercato, quello italiano, estremamente diversificato: si va dalla best practice lombarda, dove il recupero energetico supera il 47% e solo il 9% dei rifiuti urbani finisce in discarica, alla Sicilia che manda in discarica il cento per cento di quello che produce. Basta guardare su una mappa la distribuzione dei termovalorizzatori per capire che il Paese è spaccato a metà: ci sono solo sei impianti a Sud di Roma, che a sua volta si appoggia sulla discarica di Malagrotta, grande oltre dieci volte lo stadio Olimpico e vicina al limite di saturazione. Perché?

Semplice: le discariche sono un costo economico e ambientale per la comunità, ma rendono un botto ai loro proprietari. Per la precisione, 1 miliardo e 200 milioni di euro, calcolando una media di 70 euro a tonnellata per 17 milioni di tonnellate di rifiuti mandati in discarica ogni anno in Italia. A fronte di zero investimenti e costi di gestione molto modesti. Gli impianti di valorizzazione energetica dei rifiuti, invece, sono macchine complesse, che richiedono investimenti e know-how molto più elevati. Si prestano poco alle infiltrazioni della malavita organizzata. "D'altra parte un termovalorizzatore offre diversi vantaggi, oltre a quello ambientale, sia a chi lo costruisce che a chi lo ospita: rende bene, malgrado le recenti modifiche al sistema d'incentivazione dei Certificati Verdi, dà occupazione e misure di compensazione ai residenti", fa notare Chiaroni. Per non parlare del vantaggio economico per il sistema Paese. Alessandro Marangoni, professore della Bocconi, ha calcolato i costi del caso Napoli: 2.268 milioni di euro in dieci anni, confrontando la mala gestione campana con il modello virtuoso della Lombardia. 

E allora, perché da una decina d'anni in Italia non si costruisce più un termovalorizzatore? "Le municipalizzate con i bacini più grandi si sono mosse per prime, le altre dovrebbero coalizzarsi fra di loro per raggiungere un peso specifico sufficiente a rendere gli impianti remunerativi, ma non lo fanno. E poi gli investitori si spaventano per gli appalti poco chiari, le lungaggini amministrative e le proteste di piazza, senza contare le manovre della malavita". Il caso Sicilia è emblematico: la geografia e il volume di raccolta (2,7 milioni di tonnellate all'anno) ne farebbero un territorio molto appetibile, ma i ricorsi contro l'assegnazione dei 4 impianti previsti (3 a Falck e il quarto a Waste Italia) hanno bloccato il processo, provocando una sentenza della Corte di Giustizia Europea, che ha bocciato la scarsa pubblicità data ai bandi e il sistema delle concessioni invece degli appalti. La gara pubblica di assegnazione è stata quindi re-indetta l'anno scorso, ma è andata comprensibilmente deserta.


18 novembre 2010

Gilardoni: Iter semplificato per sbloccare le infrastrutture

La prognosi è riservata. Ma anche un Paese in coma può riprendersi, con gli strumenti giusti. "Per ripartire l'Italia deve prima di tutto riformulare i processi autorizzativi, che consentano scelte politiche più rapide e di miglior qualità". Questa è la ricetta di Andrea Gilardoni, professore della Bocconi e direttore dell'Osservatorio sui costi del non fare.

Cosa bisogna cambiare nell'iter autorizzativo italiano?

"Ci sono due ordini di problemi da risolvere. Da un lato c'è la continua duplicazione o triplicazione degli iter procedurali, con le imprese costrette a produrre decine di volte lo stesso documento alle varie espressioni della pubblica amministrazione, che non si parlano fra di loro. Dall'altro lato c'è il problema delle interazioni con il territorio, spesso basate su una mappatura inadeguata dei cittadini interessati e su strategie sbagliate di comunicazione. Per risolvere questi due problemi bisogna tendere a una standardizzazione dell'iter procedurale e un'asciugatura dei processi decisionali".

In pratica?

"In pratica ogni progetto infrastrutturale avrebbe bisogno di un monitoraggio costante attraverso una cabina di regia permanente, che indirizzi un percorso continuamente partecipato. In questo modo si dovrebbero poter asciugare i processi decisionali, eliminando le duplicazioni, evitando i passaggi inutili e basandosi soprattutto sul silenzio assenso".

Sarebbe una rivoluzione copernicana rispetto all'attuale conflittualità continua fra le varie componenti della pubblica amministrazione...

"Appunto. Questo Paese ha estremo bisogno di investimenti nelle infrastrutture, ma le imprese non investono più in mancanza di un percorso chiaro, adeguatamente strutturato, che porti a decisioni non reversibili, con meccanismi di riduzione dei rischi, in particolare nelle relazioni con il territorio".

Ma in molti campi ogni Regione ha normative diverse.

"Sono proprio queste le incertezze che bloccano gli investimenti. E influiscono negativamente sulla qualità della progettazione. Ormai nessuno fornisce più i piani dettagliati di un progetto: date le incertezze procedurali non conviene andare nel dettaglio. Ma se la progettazione si fa sommaria, spesso ci si trova a modificarla in corso d'opera e questo costringe a richiedere altre autorizzazioni. E via di seguito. E' un circolo vizioso che va spezzato, altrimenti non ci muoveremo mai".


17 novembre 2010

Per l'eolico italiano è girato il vento

Aria di stagnazione sull'eolico italiano, dopo un primo semestre ancora in corsa. "A metà anno c'è stato un crollo verticale degli investimenti, perché il valore dei certificati verdi è sceso troppo e le banche non finanziano più i nuovi progetti", spiega Simone Togni, segretario nazionale dell'Associazione Nazionale Energia del Vento. "Di conseguenza, si stanno realizzando solo i progetti che erano già stati finanziati all'inizio dell'anno e tutto il resto si è fermato", aggiunge. L'obiettivo 2010 per l'eolico italiano, ritenuto perfettamente realistico all'inizio dell'anno, era di crescere oltre mille megawatt, come nel 2009, per arrivare a 6000 megawatt installati. Ma in realtà, dopo un primo semestre quasi normale, nella seconda parte dell'anno non si è tirata più su una pala, o quasi. Di conseguenza, è probabile che quest'anno si concluda a quota 5.600 megawatt, un buon 30% sotto le attese. "Mantenendo il ritmo che ci eravamo dati negli anni scorsi, saremmo riusciti a centrare gli obiettivi comunitari, ma se perdiamo un semestre intero, quando lo recupereremo?", si chiede Togni.

Il problema sta tutto nella remunerazione dell'investimento, che è gradualmente calata fino a raggiungere livelli considerati dalle banche non più finanziabili. La remunerazione è data dal valore dell'energia venduta alla rete, più il valore dell'incentivazione, che in Italia avviene attraverso i certificati verdi, i titoli attribuiti all'energia pulita, che le aziende produttrici di energia convenzionale sono costrette ad acquistare per una quota del 3% della loro produzione da combustibili fossili. In questo modo, le aziende che sporcano l'ambiente finanziano quelle che lo tengono pulito. Ma il mercato dei certificati verdi negli ultimi anni ha sofferto di due tendenze contrapposte: da un lato la crisi ha portato a un calo della produzione elettrica nazionale, dall'altro lato le compagnie elettriche convenzionali hanno cominciato a produrre energia verde in proprio. Di conseguenza, il valore dei certificati verdi è sceso del 10% all'anno negli ultimi quattro anni: a fine 2006 valeva circa 140 euro a megawattora, oggi siamo a 80. Arrivato sotto un certo limite, il calo colpisce a morte i progetti di impianti alimentati da fonti rinnovabili incentivate con i certificati verdi: non solo l'eolico, ma anche le biomasse. Il fotovoltaico, invece, è incentivato con un altro sistema, il conto energia, e non viene toccato dalla crisi.

"In parte, la perdita di valore dei certificati è stata compensata dalla maggiore efficienza delle macchine: oggi i costi di produzione dell'eolico sono più bassi di quattro anni fa", conviene Togni. Ma al calo degli incentivi si è aggiunto l'aumento degli oneri complessivi, come l'imposizione dell'Ici, che prima non si pagava, oltre al 5% di compensazione ai Comuni e all'aumento vertiginoso degli affitti dei terreni. "Sono tutti trasferimenti dello Stato centrale verso gli enti locali, è comprensibile, ma non hanno nessuna logica se non quella di bloccare gli investimenti, perché le compensazioni ambientali non si possono imporre alle imprese che producono energia verde, è espressamente vietato da una direttiva comunitaria", fa notare Togni. Per di più, le compensazioni chieste all'eolico sono il doppio di quelle chieste ai petrolieri, il che fa particolarmente specie, considerato il livello d'inquinamento dato da un pozzo di petrolio.

Per le imprese dell'energia verde, a questo punto, non resta che aspettare il recepimento della direttiva Ue sulle fonti rinnovabili, che introducendo un valore minimo per i certificati verdi darà un quadro certo di regole per far riprendere i finanziamenti. "Siamo alla vigilia del recepimento della direttiva", assicura il sottosegretario allo Sviluppo economico, Stefano Saglia. "La delega scade il 5 dicembre, quindi cercheremo di mandarla in Parlamento nei prossimi giorni", ha sottolineato a margine di un seminario al Gse. "Daremo un quadro certo di regole fino al 2020, per dare certezza agli investitori, ma anche per ridurre ogni biennio gli incentivi, in virtù dei miglioramenti tecnologici, perché vogliamo finanziare la realizzazione di impianti e non la rendita". I produttori di energia verde sono d'accordo, non vogliono rendite in più. Ma chiedono una base sicura dell'incentivazione, sotto la quale gli investimenti si bloccano.


15 novembre 2010

Authority agli sgoccioli, chi fisserà le tariffe?

Per 25 milioni e mezzo di famiglie italiane ancora protette dalle decisioni tariffarie dell'Authorità per l'energia, il prossimo ritocco trimestrale delle bollette si avvicina con un brivido d'incertezza: il 1° gennaio il mandato dell'attuale presidente dell'Authority, Alessandro Ortis, e del commissario Tullio Fanelli sarà scaduto, dopo sette anni di battaglie a difesa degli utenti. L'Autorità, già di per sé titolare di compiti e funzioni importanti in un settore strategico come quello energetico, sembra destinata ad accrescere il proprio ruolo, vista l'insistenza con cui si ripropone la necessità di affidarle anche la regolazione dei servizi idrici. Ma il 16 dicembre, due settimane prima che vengano fissate le nuove tariffe per la luce e il gas, Ortis e Fanelli dovranno lasciare per sempre l'incarico, che per legge non è né prorogabile né rinnovabile. E non si vedono all'orizzonte candidature consolidate per sostituirli.

Il risiko, che da mesi non trova soluzione, parte dalla sostituzione alla presidenza della Consob, vacante da 143 giorni, dell'ex presidente Lamberto Cardia. Su questa poltrona potrebbe andare a sedersi il sottosegretario al Tesoro, Giuseppe Vegas, ma anche Antonio Catricalà, che guida l'Antitrust. Questo braccio di ferro si ripercuote su tutte le altre nomine: se vince Vegas, Catricalà potrebbe essere risarcito con la poltrona al vertice dell'Authority per l'energia. Poi si tratterebbe di identificare rapidamente e con un consenso bipartisan gli altri quattro nomi da affiancargli, in considerazione della lunghezza dell'iter, che non può concludersi senza il parere espresso dal Parlamento. Le indiscrezioni sui candidati s'inseguono da tempo, ma il balletto dei nomi, oltre una decina, per ora non ha niente di definitivo: ultimi in ordine di tempo sono Alberto Biancardi (d.g. Cassa Conguaglio Settore Elettrico) e Luigi Carbone (ora alla Semplificazione con il ministro Calderoli).

Con lo sblocco delle nomine ai vertici dell'Agenzia nucleare, è possibile che adesso il neoministro Paolo Romani passi finalmente a occuparsi dell'Authority per l'energia. Ma il tempo stringe e nel settore cresce la preoccupazione di un vuoto di potere.


10 novembre 2010

EcoRegion, il software per misurare le emissioni comunali

Uno strumento innovativo per riuscire a quantificare e spiegare le emissioni di CO2, primo passo per limitarle in ambito urbanistico, di politica dei trasporti e non solo: è il software ECORegion, adottato in questi mesi da un numero crescente di amministrazioni per preparare i propri bilanci delle emissioni di CO2 su base locale, e riconosciuto dall'Unione Europea come strumento ufficiale del Patto dei Sindaci, l'accordo di collaborazione tra le realtà europee più virtuose per raggiungere gli obiettivi del Pacchetto 20-20-20. Un progetto di respiro internazionale che parla italiano, perché l'attuale versione del software è stata elaborata nella sede di Alleanza per il Clima, a Città di Castello, ed è stata poi sviluppata e testata da 9 amministrazioni locali: i Comuni di Bolzano, Genova, Jesi, Modena, Reggio Emilia, Schio, le Province di Ancona e Roma e la Regione Emilia-Romagna.


8 novembre 2010

Dall'Italia alla Cina senza pilota

VisLab ha portato a termine la sua impresa: per la prima volta nella storia persone e merci sono state trasportate dall’Italia fino alla Cina senza conducente umano. Quattro Piaggio Porter elettrici, guidati da computer, hanno viaggiato per cento giorni e 13mila chilometri da Milano a Shanghai e i piloti automatici dei veicoli sono stati alimentati da energia solare prodotta da pannelli fotovoltaici Enfinity, installati sul tetto.

La tecnologia VisLab (spinoff dell'università di Parma) ha fissato una nuova pietra miliare a livello mondiale nel campo della robotica. I veicoli hanno attraversato Slovenia, Croazia, Serbia, Ungheria, Ucraina, Russia, Kazakistan e Cina, fino a raggiungere l’Expo 2010 di Shanghai, seguiti da 7 automezzi tradizionali e con equipaggi di tecnici specializzati che monitoravano tutti i parametri di funzionamento. I Piaggio Porter modificati per questa spedizione sono dotati di pannelli solari che alimentano i sistemi di guida assistita, mentre il motore elettrico è lo stesso del Porter Electric Power di serie, capace di una velocità massima di 55 km/h e con un'autonomia di 110 km. L'obiettivo è di dimostrare, attraverso un test esteso e imponente, che l'attuale tecnologia è sufficientemente matura per il dispiegamento di veicoli autonomi non inquinanti e senza carburante in condizioni reali.

Il Comune di Roma, un soggetto attivo in questo progetto, intende sfruttare questi veicoli in città per consegnare merci ai negozi, raccogliere rifiuti urbani, e realizzare una mobilità sostenibile nell'ultimo miglio.


5 novembre 2010

Fotovoltaico in ostaggio della burocrazia

Luca Fermo è titolare di RayEnergy, impresa della provincia di Milano pioniera nell'installazione di sistemi fotovoltaici, con al suo attivo la serra fotovoltaica più grande d'Italia. Ha tre dipendenti e due di questi sono in ostaggio della burocrazia.

Da una rilevazione dell'Agenzia delle entrate risulta che le micro-imprese con meno di quattro dipendenti spendano in media quasi 2.000 euro l'anno per gli oneri amministrativi. Che ne dice?

"Dico che mi sembra un calcolo estremamente riduttivo. Nel mio settore devo chiedere un sacco di permessi e spendo certamente più di duemila euro solo in valori bollati. Ma poi c'è il costo delle risorse umane che si dedicano a tempo pieno a redigere domande, andare per uffici e controllare le normative che cambiano di continuo. Io impiego due persone su tre solo per questo, quindi nella migliore delle ipotesi va attribuito alla burocrazia il 70% dei miei costi aziendali".

Uno sfracello. Ma servono davvero due persone?

"E non bastano ancora. Facciamo qualche esempio: abbiamo in progetto una serra fotovoltaica da 10 megawatt, con un investimento nell'ordine dei 40-50 milioni di euro, da costruire a Scansano Ionico: sono 140mila metri quadri coperti, che porterebbero qualche centinaio di posti di lavoro in una zona depressa. Abbiamo ricevuto l'autorizzazione unica, un documento estremamente complesso, che passa tutto il progetto alla lente d'ingrandimento prima di essere concessa. Ma aspettiamo da oltre un anno un banalissimo permesso di costruire, che il Comune non ci ha ancora rilasciato. Nel frattempo sono stati tagliati gli incentivi e un ritardo di questa portata rischia di vanificare tutto il progetto: visto che la remunerazione non è più la stessa, l'investitore ha perso interesse nella cosa".

Un danno non da poco...

"Potrei citare un altro caso analogo, al Nord questa volta: abbiamo un cliente che vorrebbe costruire a Montichiari un impianto fotovoltaico da meno di 1 megawatt su un terreno che era adibito a discarica, dove c'è un premio maggiorativo degli incentivi del 5%. Malgrado sia stata diffusa una circolare firmata dal Presidente della Repubblica che invita a snellire l'iter burocratico per le fonti rinnovabili, esentando dall'autorizzazione unica gli impianti sotto 1 megawatt, il Comune di Montichiari insiste a chiederla, impionendoci una serie di costi in più e un lavoro ciclopico per l'inoltro della pratica. E anche qui rischiamo di perdere un altro anno, con relativo taglio degli incentivi. Altro che duemila euro..."


3 novembre 2010

Navigando nel verde, si va più lontano

Finita l'era degli eccessi, la nautica punta sul verde, ispirandosi al mondo dell'automotive. Le barche con autonomie elevate e consumi ridotti, costruite con attenzione e rispetto per l'ambiente, sono quelle che tirano di più sul mercato globale e i marchi italiani non vogliono farsi sfuggire l'occasione. Basti pensare al confronto fra il Long Range 23, ultimo yacht verde Ferretti, e l'equivalente americano Nordhavn 75, testati dalla prestigiosa rivista "Power & Motoryacht", in cui si evidenzia un consumo doppio di gasolio per la barca americana, alla stessa velocità.

"Per ora non vedo la possibilità di un'imbarcazione di questo tipo full electric", commenta Andrea Frabetti, vice presidente e capo della produzione di Ferretti. "Ma grazie al passaggio dalle batterie al litio-ferrite a quelle al litio-polimeri riusciamo a stoccare nello stesso pacco il 40% in più di energia e questa evoluzione è destinata a continuare, riducendo sempre di più il peso delle batterie rispetto alle capacità di stoccaggio". La densità di stoccaggio delle batterie è il problema fondamentale, oggi, per qualsiasi motore elettrico, soprattutto se si vuole estendere questo sistema di propulsione a modelli un po' più piccoli, che sono i più diffusi. Non bisogna dimenticare, infatti, che un pacco di batterie da 140 kilowatt, come quello del Long Range 23, pesa due tonnellate e mezzo.

Fra i piccoli motoscafi, il sogno dei diportisti con il pallino dell'ambiente si chiama 25 Super Indios ed è una barca di 7.3 metri costruita dalla Giacomo Colombo, brand dei cantieri bergamaschi di Sarnico, insieme all'austriaca Ortner Boote. Dalla collaborazione italo-austriaca sono nati dei motoscafi a propulsione elettrica adatti a navigare nei laghi mitteleuropei, dov'è richiesto uno stretto controllo delle emissioni. La grande differenza rispetto agli altri modelli nati in questi anni sta nella potenza del motore, ben 95 cavalli, che permette di raggiungere una velocità di 20 nodi, molto inusuale per una propulsione elettrica. In meno di sei ore si può fare il pieno di energia utilizzando un doppio circuito di carica, che consente di collegarsi a due prese in banchina. Una volta cariche, le batterie agli ioni di litio offrono quattro ore di autonomia navigando a 10-12 nodi. E' la prima barca elettrica già in produzione che consenta un'andatura sportiva a emissioni zero.

Per chi punta invece sulle grandi dimensioni e può permettersi un giocattolo innovativo, Arcadia Yachts ha prodotto una barca da 85 piedi (26 metri) con una sovrastruttura completamente in vetrocamera che monta 4 kilowatt di pannelli fotovoltaici annegati direttamente nel vetro, firmati Schüco. E' la prima volta che questo sistema viene applicato alla nautica. Se l'imponente distesa di silicio non produce abbastanza energia da aiutare la propulsione, consente almeno di starsene all'ancora senza azionare i generatori. La barca è prodotta da un nuovo cantiere di Torre Annunziata anche nella versione da 115 piedi ed è assemblata con una tecnica che riduce al massimo i materiali di scarto.


2 novembre 2010

In arrivo i contatori intelligenti anche per il gas

Dopo il boom dei contatori elettrici intelligenti, che ormai si stanno affermando in tutta Europa, comincia a decollare anche la domanda di contatori intelligenti per il gas. 

StMicroelectronics, il gruppo italo-francese leader nelle soluzioni a circuiti integrati per i contatori, e Omron, colosso giapponese delle tecnologie per l’automazione, hanno annunciato un accordo di collaborazione per realizzare una soluzione completa per i sensori di flusso, elemento indispensabile della soluzione “chiavi in mano” per contatori intelligenti che Stm sta mettendo a punto.

Alla base della collaborazione ci sono un trasduttore proprietario di Omron e un chip analogico sviluppato da StM, integrati in un sottosistema completo e autonomo.

Il sensore di flusso così ottenuto utilizza una tecnologia Mems  (sistemi micro-elettro-meccanici) all’avanguardia per sensori micro-termici, che compensa intrinsecamente variazioni di temperatura e pressione, mentre un circuito interno compensa eventuali variazioni dovute alla composizione di diversi gas.

Con questa collaborazione StM spera di fare ancora una volta bingo, come ha già fatto con i contatori intelligenti per l'energia elettrica.