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28 febbraio 2005

Strozzature nella rete

Per abbattere il prezzo dell' energia in Italia non basta aumentare la produzione: bisogna ampliare la rete di trasmissione. È quello che sta cercando di fare Luca D' Agnese, numero uno del Grtn, il gestore della rete nazionale, che sta per chiudere già questa settimana l' operazione di fusione con Terna - la società proprietaria della rete, quotata lo scorso giugno - a cui dovrà conferire entro la fine di aprile oltre il 70% dei dipendenti e tutte le attività di strategia industriale. Al Grtn propriamente detto resterà soltanto l' attività d' intermediazione finanziaria: la gestione dei certificati verdi e dell' energia Cip6 (con un giro d' affari di circa 5 miliardi) e le due società controllate Acquirente Unico (intermediario per il mercato vincolato) e Gestore del mercato elettrico (società madre della Borsa elettrica), con un giro d' affari di altri 7 miliardi. Ma per ora la strategia di sviluppo della rete è il punto su cui l' attività del Grtn resta focalizzata, anche per l' estrema urgenza degli interventi programmati. «Recuperare un ritardo infrastrutturale di decenni non è facile, soprattutto con i problemi autorizzativi che ci troviamo a dover affrontare tutti i giorni - spiega D' Agnese -. Del resto, con 20 mila megawatt di centrali elettriche autorizzate e 10 mila in cantiere, se la rete non cresce, tutto questo lavoro non servirà a nulla». E il rischio di blackout incombe. Secondo i piani del ministero delle Attività Produttive, le nuove centrali in costruzione dovrebbero consentire di abbassare del 20% il costo della produzione elettrica in Italia, attualmente il più alto d' Europa. Entro il 2009 il parco di produzione italiano dovrebbe raggiungere una potenza complessiva di 62-64 mila megawatt (contro i 53 mila attuali). Ma la maggior parte delle centrali in costruzione è collocata a Nord-Ovest o a Sud-Est del Paese: «Se fra questi due estremi non ci saranno collegamenti adeguati - fa notare D' Agnese - le strozzature nella rete impediranno di trasmettere l' energia prodotta là dove serve». Già oggi, ci sono aree che producono molta più energia di quanta ne consumino, come la Calabria, ma non possono trasmetterla alle regioni fortemente deficitarie, come la Campania, per le carenze delle infrastrutture di rete. Ad esempio la centrale elettrica di Rossano Calabro non può essere utilizzata a pieno ritmo per la debolezza della linea di trasmissione Rizziconi-Laino, un unico filo che serve tutta la punta dello stivale, collegandola poi con la Sicilia. E due dei nuovi impianti in cantiere sono proprio da quelle parti: Edison sta costruendo ad Altomonte e a Simeri Crichi. «Il potenziamento della linea Rizziconi-Laino è considerato fra i più urgenti - commenta D' Agnese - e dovrebbe essere completato entro sei mesi». Anche dalle centrali pugliesi attorno a Brindisi e a Taranto non si può mandare energia in Campania perché manca la linea di collegamento, la famosa Matera-Santa Sofia: i cantieri sono fermi da dieci anni per l' opposizione degli abitanti di Rapolla, un paese in provincia di Potenza sul cui territorio la linea doveva passare. E ben presto la situazione sarà ancora più grottesca, perché fra i nuovi impianti in costruzione ce n' è un altro a Brindisi, un colosso da 1.170 megawatt di Enipower. Ora le autorità si sono messe d' accordo per un tracciato alternativo, che allunga la linea di quasi 20 chilometri, e i lavori dovrebbero essere terminati nella primavera del 2006. Ma da qui ad allora in Campania l' energia continuerà a costare di più. «Le resistenze locali alla costruzione d' infrastrutture come le linee elettriche - spiega D' Agnese - derivano da preoccupazioni legittime, ma spesso finiscono per perdere di vista le esigenze della comunità: nei centri abitati non si può perché sono abitati, nelle zone non abitate non si può perché sono paradisi incontaminati. Bisognerà pur trovare un modo per mettersi d' accordo». E visto che l' approccio dall' alto non funziona, il Grtn sta sperimentando una tecnica diversa: prima incrocia le necessità della rete con le incompatibilità ambientali per trovare il tracciato ottimale e poi mette attorno a un tavolo le parti coinvolte, per cercare di capire quali sono le preoccupazioni locali. «Con questo sistema - aggiunge D' Agnese - cerchiamo d' integrare meglio lo sviluppo della rete elettrica con le altre caratteristiche del territorio, individuando le alternative accettabili quando il progetto è ancora a uno stadio iniziale». E i primi frutti si vedono. Dopo un decennio di stasi, in cui la rete elettrica italiana è andata addirittura indietro (dal ' 95 ad oggi sono stati dismessi 39 chilometri di rete, contro i quasi 400 costruiti nel decennio precedente), si ricomincia a costruire. La linea S. Fiorano-Robbia, appena completata, è il primo nuovo elettrodotto d' interconnessione con l' estero realizzato dopo quasi vent' anni: l' ultima linea entrata in servizio sull' arco alpino, la Rondissone-Albertville fra Italia e Francia, risale all' 86. Prossima tappa, sul fronte dell' interconnessione con l' estero è il collegamento con la Slovenia e le sue centrali nucleari, da Udine a Okroglo, nella valle della Sava. Sul territorio nazionale, oltre a quelli citati, altri punti dolenti da risolvere in fretta sono in Lombardia (Turbigo-Rho), in Puglia (Foggia-Benevento) e il collegamento con la Sardegna, dove la diffusione dell' eolico, per definizione instabile, richiede un grande sviluppo della rete. In complesso il piano quinquennale del Grtn, con un investimento da 1,7 miliardi di euro, prevede una quindicina d' interventi, di cui otto molto urgenti per garantire la copertura del fabbisogno al 2010. In questo modo si alzeranno i costi di trasmissione, ma verranno eliminate le congestioni nella rete, che tengono i prezzi artificialmente alti. E dopo non ci saranno più scuse.

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Cabir, Lasco e l'anno dei virus mobili

In principio c'era Cabir. Ma il primo virus dei cellulari, comparso la scorsa estate, ha già un successore, ancora più pericoloso: lo chiamano Lasco. E non sarà certamente l'ultimo della serie. Il rapporto annuale di Ibm sulla sicurezza, uscito la settimana scorsa, ha eletto il 2005 ad “anno dei virus mobili”: man mano che aumenta la convergenza fra telefonini e computer, dice Ibm, crescerà anche la loro diffusione. Per ora sono esposti al virus solo gli utenti di smart phone e di telefonini di terza generazione su cui gira il sistema operativo Symbian (una delle piattaforme dominanti, usata da Nokia, Ericsson, Samsung, Panasonic, Siemens...). Un pubblico limitato, che non supera il 5% del popolo globale dei cellulari. Ma Symbian è la piattaforma che cresce più rapidamente e qualche giorno fa ha stretto un'alleanza con la rivale PalmSource per consentire una maggiore interoperabilità fra i loro apparecchi. L'epidemia dunque rischia di allargarsi in fretta. Guardiamo all'evoluzione di Cabir. Il virus – ormai diffuso sia in Europa che negli Stati Uniti e in Estremo Oriente – è stato configurato da un gruppo di hacker noto come “29A” per saltare da un cellulare all'altro utilizzando la connessione wireless Bluetooth. Se un telefono infetto arriva a una decina di metri da un altro apparecchio dotato di una connessione Bluetooth in modalità attiva, Cabir lo scopre e lo attacca. Una volta infettato, il virus può bloccare buona parte delle funzionalità dell'apparecchio. Lasco è simile a Cabir, ma ha un raggio d'azione più ampio: oltre che attraverso la connessione wireless, riesce a diffondersi anche tramite gli allegati trasmessi da un palmare a un altro. Per chi vuole evitare un incontro ravvicinato con il baco, l'unico consiglio è di tenere spenta la connessione Bluetooth nei momenti in cui non serve. Lasco è stato sviluppato da un programmatore brasiliano di 32 anni, Marcos Velasco, che gli ha prestato il suo cognome, poi abbreviato in Lasco o Lasco.A dal popolo degli hacker. Da qualche settimana il virus si può comunemente scaricare dal suo sito: http://www.velasco.com.br/. Basta scorrere tutta la homepage e cliccare sull'ultima voce: “download aqui”. Velasco, che campa della sua piccola azienda di software, abita a Volta Redonda, una città industriale a Ovest di Rio de Janeiro. Ha due bambini e una vasta collezione di vecchi computer, con cui vorrebbe un giorno allestire un museo. Ama i film con molti effetti speciali e gli piacerebbe scrivere un libro sui virus. Evidentemente di virus se ne intente, a giudicare dai commenti degli esperti sul suo interessante prodotto. “Si tratta di un vero virus, che funziona molto bene”, ha dichiarato preoccupato Mikko Hypponen, direttore della ricerca antivirus per F-Secure, una società finlandese leader in questo campo. “Il Cabir di Velasco – ha aggiunto Hypponen – è molto più virulento della versione originale, sviluppata da 29A. E' il primo virus per cellulari capace di infettare anche i file di sistema”. Per di più Velasco ha messo il suo codice in rete, consentendone l'uso al primo che passa. La diffusione del problema viene limitata dalla frammentazione del mercato: tra Symbian, Blackberry, Palm e PocketPc ci sono differenze tali da non consentire al virus di passare da un sistema all'altro. Ma la crescente penetrazione di Symbian e la progressiva omogeneizzazione dei diversi sistemi mano a mano che il mercato cresce sono i presupposti migliori per risvegliare l'interesse degli hacker. Non ci vorrà molto per cominciare a vedere in giro bachi ben più distruttivi, capaci di trafugare dati o di generare telefonate verso numeri speciali, con effetti immaginabili sulla bolletta. Gli ingredienti per cominciare una battaglia che potrebbe lasciare sul terreno morti e feriti, oltre a danni miliardari, ci sono tutti.

Strozzature nella rete

Per abbattere il prezzo dell' energia in Italia non basta aumentare la produzione: bisogna ampliare la rete di trasmissione. È quello che sta cercando di fare Luca D' Agnese, numero uno del Grtn, il gestore della rete nazionale, che sta per chiudere già questa settimana l' operazione di fusione con Terna - la società proprietaria della rete, quotata lo scorso giugno - a cui dovrà conferire entro la fine di aprile oltre il 70% dei dipendenti e tutte le attività di strategia industriale. Al Grtn propriamente detto resterà soltanto l' attività d' intermediazione finanziaria: la gestione dei certificati verdi e dell' energia Cip6 (con un giro d' affari di circa 5 miliardi) e le due società controllate Acquirente Unico (intermediario per il mercato vincolato) e Gestore del mercato elettrico (società madre della Borsa elettrica), con un giro d' affari di altri 7 miliardi. Ma per ora la strategia di sviluppo della rete è il punto su cui l' attività del Grtn resta focalizzata, anche per l' estrema urgenza degli interventi programmati. «Recuperare un ritardo infrastrutturale di decenni non è facile, soprattutto con i problemi autorizzativi che ci troviamo a dover affrontare tutti i giorni - spiega D' Agnese -. Del resto, con 20 mila megawatt di centrali elettriche autorizzate e 10 mila in cantiere, se la rete non cresce, tutto questo lavoro non servirà a nulla». E il rischio di blackout incombe. Secondo i piani del ministero delle Attività Produttive, le nuove centrali in costruzione dovrebbero consentire di abbassare del 20% il costo della produzione elettrica in Italia, attualmente il più alto d' Europa. Entro il 2009 il parco di produzione italiano dovrebbe raggiungere una potenza complessiva di 62-64 mila megawatt (contro i 53 mila attuali). Ma la maggior parte delle centrali in costruzione è collocata a Nord-Ovest o a Sud-Est del Paese: «Se fra questi due estremi non ci saranno collegamenti adeguati - fa notare D' Agnese - le strozzature nella rete impediranno di trasmettere l' energia prodotta là dove serve». Già oggi, ci sono aree che producono molta più energia di quanta ne consumino, come la Calabria, ma non possono trasmetterla alle regioni fortemente deficitarie, come la Campania, per le carenze delle infrastrutture di rete. Ad esempio la centrale elettrica di Rossano Calabro non può essere utilizzata a pieno ritmo per la debolezza della linea di trasmissione Rizziconi-Laino, un unico filo che serve tutta la punta dello stivale, collegandola poi con la Sicilia. E due dei nuovi impianti in cantiere sono proprio da quelle parti: Edison sta costruendo ad Altomonte e a Simeri Crichi. «Il potenziamento della linea Rizziconi-Laino è considerato fra i più urgenti - commenta D' Agnese - e dovrebbe essere completato entro sei mesi». Anche dalle centrali pugliesi attorno a Brindisi e a Taranto non si può mandare energia in Campania perché manca la linea di collegamento, la famosa Matera-Santa Sofia: i cantieri sono fermi da dieci anni per l' opposizione degli abitanti di Rapolla, un paese in provincia di Potenza sul cui territorio la linea doveva passare. E ben presto la situazione sarà ancora più grottesca, perché fra i nuovi impianti in costruzione ce n' è un altro a Brindisi, un colosso da 1.170 megawatt di Enipower. Ora le autorità si sono messe d' accordo per un tracciato alternativo, che allunga la linea di quasi 20 chilometri, e i lavori dovrebbero essere terminati nella primavera del 2006. Ma da qui ad allora in Campania l' energia continuerà a costare di più. «Le resistenze locali alla costruzione d' infrastrutture come le linee elettriche - spiega D' Agnese - derivano da preoccupazioni legittime, ma spesso finiscono per perdere di vista le esigenze della comunità: nei centri abitati non si può perché sono abitati, nelle zone non abitate non si può perché sono paradisi incontaminati. Bisognerà pur trovare un modo per mettersi d' accordo». E visto che l' approccio dall' alto non funziona, il Grtn sta sperimentando una tecnica diversa: prima incrocia le necessità della rete con le incompatibilità ambientali per trovare il tracciato ottimale e poi mette attorno a un tavolo le parti coinvolte, per cercare di capire quali sono le preoccupazioni locali. «Con questo sistema - aggiunge D' Agnese - cerchiamo d' integrare meglio lo sviluppo della rete elettrica con le altre caratteristiche del territorio, individuando le alternative accettabili quando il progetto è ancora a uno stadio iniziale». E i primi frutti si vedono. Dopo un decennio di stasi, in cui la rete elettrica italiana è andata addirittura indietro (dal ' 95 ad oggi sono stati dismessi 39 chilometri di rete, contro i quasi 400 costruiti nel decennio precedente), si ricomincia a costruire. La linea S. Fiorano-Robbia, appena completata, è il primo nuovo elettrodotto d' interconnessione con l' estero realizzato dopo quasi vent' anni: l' ultima linea entrata in servizio sull' arco alpino, la Rondissone-Albertville fra Italia e Francia, risale all' 86. Prossima tappa, sul fronte dell' interconnessione con l' estero è il collegamento con la Slovenia e le sue centrali nucleari, da Udine a Okroglo, nella valle della Sava. Sul territorio nazionale, oltre a quelli citati, altri punti dolenti da risolvere in fretta sono in Lombardia (Turbigo-Rho), in Puglia (Foggia-Benevento) e il collegamento con la Sardegna, dove la diffusione dell' eolico, per definizione instabile, richiede un grande sviluppo della rete. In complesso il piano quinquennale del Grtn, con un investimento da 1,7 miliardi di euro, prevede una quindicina d' interventi, di cui otto molto urgenti per garantire la copertura del fabbisogno al 2010. In questo modo si alzeranno i costi di trasmissione, ma verranno eliminate le congestioni nella rete, che tengono i prezzi artificialmente alti. E dopo non ci saranno più scuse.

14 febbraio 2005

I rifiuti di Napoli nel parco del Vesuvio

Quale miglior destinazione, per 900 mila tonnellate all' anno di rifiuti organici secchi provenienti da sette impianti campani, del Parco del Vesuvio? Quello stesso Parco del Vesuvio attualmente al centro di un progetto di rilancio ambientale e turistico da 73 milioni di euro, lanciato dalla Regione Campania? Questa è la soluzione scelta dalle autorità competenti per liberare Napoli dalla montagna di immondizia che la sta soffocando, in mancanza di termovalorizzatori, bloccati manu militari dalla malavita locale. Secondo l' accordo firmato da Corrado Catenacci (commissario per l' emergenza rifiuti, le cui dimissioni dell' inizio di febbraio sono appena rientrate), Amilcare Troiano (presidente del Parco del Vesuvio), Fernando Fuschetti (responsabile del Corpo forestale) ed Eugenio Pugliese Caratelli (direttore del dipartimento d' Ingegneria civile all' università di Salerno), i rifiuti verranno depositati nelle cave dismesse sulle pendici del vulcano, già devastato da vent' anni di scempi edilizi. Un ennesimo caso in cui lo sfruttamento selvaggio delle risorse ambientali mette a rischio attrazioni turistiche di fama mondiale. «Lo smaltimento dei rifiuti sta diventando un problema gravissimo per il turismo, soprattutto al Sud», spiega Cristina Sassoon, responsabile dell' ufficio studi del Touring Club Italiano, che ha appena curato il primo Libro Bianco sul turismo sostenibile. Sassoon fa l' esempio di Ischia, uno dei casi studiati nel Libro Bianco, oberata da problemi di traffico e di gestione dei rifiuti che diventano esplosivi nei picchi stagionali. «Fra i più colpiti dal fenomeno sono i siti archeologici, come Pompei, che stanno diventando infrequentabili per questo motivo», spiega Sassoon. Dal Libro Bianco emerge in generale una scarsissima attenzione per l' eco-sostenibilità da parte delle imprese turistiche italiane, che rappresentano meno del 3% delle realtà certificate in campo ambientale nel nostro Paese. Uno dei problemi principali, per i paesaggi italiani, è l' abusivismo edilizio. In Sicilia, la zona più colpita dall' edilizia illegale è proprio la Valle dei Templi, patrimonio dell' umanità eppure non nostro: secondo l' ultimo censimento del fenomeno, sono 748 le opere abusive denunciate nell' area sottoposta a vincolo di inedificabilità assoluta. Ma è Triscina, a due passi da Selinunte, a detenere il record mondiale di impunità: il borgo di 5 mila case è completamente abusivo e conta ben 800 ordinanze di demolizione mai eseguite. La Sicilia figura in cima alla classifica di Legambiente per numero di abusi edilizi: le case illegali di cui si ha conoscenza nell' ultimo decennio sono oltre 70 mila. In complesso, la morsa di cemento dell' abusivismo soffoca un po' tutte le coste italiane: dai 50 mila metri cubi di costruzioni illegali nella riserva marina di Capo Rizzuto, in Calabria, all' ecomostro di Procchio sull' isola d' Elba, passando per la magnifica villa di Franco Zeffirelli a Positano, che domina la baia di Arienzo - la spiaggia dei mulini dove l' imperatore Tiberio macinava il suo grano - e continua ad ampliarsi illegalmente. Ma i due emblemi dell' arretratezza, il caos rifiuti e l' abusivismo edilizio, sono più devastanti al Sud: la metà dei mattoni fuorilegge si concentra in quattro regioni (Puglia, Calabria, Sicilia e Campania), mentre in nessun capoluogo del Sud la raccolta differenziata tocca il 15% e in quasi tutti è sotto il 10%.

1 febbraio 2005

Bloccato il programma Trade

Un progetto iscritto come strategico nel Piano nazionale della ricerca 2004-2006, che ha vinto un bando europeo consentendo all' Italia di entrare nel più prestigioso programma comunitario di ricerca sulla fissione nucleare, viene bloccato proprio mentre si parla di un possibile ritorno all' atomo. E il direttore generale dell' ente promotore di questo progetto, l' Enea, si rassegna di buon grado al ritiro dal programma europeo Ip Eurotrans «perché i costi a carico dell' Enea sono risultati incompatibili con le risorse finanziarie dell' ente». Del resto - si argomenta all' Enea in sintonia con il ministro dell' Ambiente Altero Matteoli, un antinuclearista convinto che ha insediato due consiglieri molto combattivi nel nuovo cda dell' ente - che cosa ne verrebbe all' Italia, ormai uscita dal nucleare, da una ricerca avanzata sull' incenerimento delle scorie radioattive? «Il progetto Ip Eurotrans - precisa il nuovo direttore generale dell' Enea, Giovanni Lelli - vale complessivamente 42,7 milioni di euro e la partecipazione Enea vale 6,9 milioni, di conseguenza la quota di finanziamento comunitario destinata all' Enea sarebbe stata soltanto di 3,4 milioni. Per poter acquisire questo finanziamento comunitario, l' Enea avrebbe dovuto completare il progetto Trade, il cui costo sarebbe rimasto a nostro carico per almeno 30 milioni di euro». Certo, si tratta di un bel peso sulle spalle di un ente che spende tre quarti del proprio bilancio solo per le retribuzioni del personale. Ma Lelli dimentica di citare i pre-accordi di intesa già firmati con i francesi del Cea, i tedeschi dell' Fzk e gli americani del Doe, che avrebbero contribuito al progetto Trade per almeno altri 10 milioni di euro. Queste intese internazionali sono attualmente sospese, così come il finanziamento europeo a Trade, che la Commissione non ha ancora riallocato, auspicando un rientro dell' Italia nel programma. Inoltre, proprio mentre Lelli scriveva alla Commissione per formalizzare il ritiro dell' Italia dal progetto Trade, il sincrotrone di Trieste riceveva 60 milioni di prestito dalla Banca europea per gli investimenti, che verranno impiegati per realizzare una sorgente di luce di nuova generazione. Due approcci radicalmente diversi al rilancio del sistema Paese. Giovanni Lelli, un veterano dell' Enea, è appena stato insediato dal cda dopo un lungo interim, contro il parere del presidente Carlo Rubbia, che puntava su una nomina di statura internazionale. La sua designazione chiude un balletto di direttori che durava da 4 anni. Lelli si era trovato a fare da traghettatore verso il nuovo assetto dell' ente, che nel frattempo era stato commissariato. Un anno fa, l' uscita dal commissariamento con la nomina di un cda e la conferma di Rubbia alla presidenza. Ma il nuovo cda, che dovrebbe essere composto da consiglieri con un background scientifico, è invece infarcito di nomine politiche. E con Rubbia è subito guerra. Lelli, facente funzioni di direttore, si trova fra l' incudine e il martello. Il contrasto Rubbia-cda si acuisce in ottobre, sul piano di riorganizzazione dell' ente, con cui si assesta uno schiaffo definitivo al Premio Nobel, assegnando solo 128 ricercatori (su 3 mila) al settore dei Progetti innovativi, che comprende tutte le aree a lui più care, dall' idrogeno al solare, al progetto Trade. Già da allora Rubbia comincia a dubitare della volontà dell' Enea di andare avanti su questo progetto faro, malgrado l' ok europeo. Proprio in mano a Lelli vengono affidati i destini di Trade, per convincere il cda a farlo passare. Ma al momento decisivo la pressione del ministero dell' Ambiente, con i due consiglieri Pierluigi Scibetta e Corrado Clini, lo induce a prendere un' altra strada. Il progetto viene bocciato. E in dicembre arriva la sua nomina definitiva. Ora il programma Ip Eurotrans - costruito tutto intorno al progetto italiano, grazie all' impulso di Rubbia - partirà con gli altri domini, mantenendo in stand by il finanziamento destinato al progetto Trade, nella speranza che nei meandri italiani della ricerca pubblica qualcuno ci ripensi.

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