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14 febbraio 2005

I rifiuti di Napoli nel parco del Vesuvio

Quale miglior destinazione, per 900 mila tonnellate all' anno di rifiuti organici secchi provenienti da sette impianti campani, del Parco del Vesuvio? Quello stesso Parco del Vesuvio attualmente al centro di un progetto di rilancio ambientale e turistico da 73 milioni di euro, lanciato dalla Regione Campania? Questa è la soluzione scelta dalle autorità competenti per liberare Napoli dalla montagna di immondizia che la sta soffocando, in mancanza di termovalorizzatori, bloccati manu militari dalla malavita locale. Secondo l' accordo firmato da Corrado Catenacci (commissario per l' emergenza rifiuti, le cui dimissioni dell' inizio di febbraio sono appena rientrate), Amilcare Troiano (presidente del Parco del Vesuvio), Fernando Fuschetti (responsabile del Corpo forestale) ed Eugenio Pugliese Caratelli (direttore del dipartimento d' Ingegneria civile all' università di Salerno), i rifiuti verranno depositati nelle cave dismesse sulle pendici del vulcano, già devastato da vent' anni di scempi edilizi. Un ennesimo caso in cui lo sfruttamento selvaggio delle risorse ambientali mette a rischio attrazioni turistiche di fama mondiale. «Lo smaltimento dei rifiuti sta diventando un problema gravissimo per il turismo, soprattutto al Sud», spiega Cristina Sassoon, responsabile dell' ufficio studi del Touring Club Italiano, che ha appena curato il primo Libro Bianco sul turismo sostenibile. Sassoon fa l' esempio di Ischia, uno dei casi studiati nel Libro Bianco, oberata da problemi di traffico e di gestione dei rifiuti che diventano esplosivi nei picchi stagionali. «Fra i più colpiti dal fenomeno sono i siti archeologici, come Pompei, che stanno diventando infrequentabili per questo motivo», spiega Sassoon. Dal Libro Bianco emerge in generale una scarsissima attenzione per l' eco-sostenibilità da parte delle imprese turistiche italiane, che rappresentano meno del 3% delle realtà certificate in campo ambientale nel nostro Paese. Uno dei problemi principali, per i paesaggi italiani, è l' abusivismo edilizio. In Sicilia, la zona più colpita dall' edilizia illegale è proprio la Valle dei Templi, patrimonio dell' umanità eppure non nostro: secondo l' ultimo censimento del fenomeno, sono 748 le opere abusive denunciate nell' area sottoposta a vincolo di inedificabilità assoluta. Ma è Triscina, a due passi da Selinunte, a detenere il record mondiale di impunità: il borgo di 5 mila case è completamente abusivo e conta ben 800 ordinanze di demolizione mai eseguite. La Sicilia figura in cima alla classifica di Legambiente per numero di abusi edilizi: le case illegali di cui si ha conoscenza nell' ultimo decennio sono oltre 70 mila. In complesso, la morsa di cemento dell' abusivismo soffoca un po' tutte le coste italiane: dai 50 mila metri cubi di costruzioni illegali nella riserva marina di Capo Rizzuto, in Calabria, all' ecomostro di Procchio sull' isola d' Elba, passando per la magnifica villa di Franco Zeffirelli a Positano, che domina la baia di Arienzo - la spiaggia dei mulini dove l' imperatore Tiberio macinava il suo grano - e continua ad ampliarsi illegalmente. Ma i due emblemi dell' arretratezza, il caos rifiuti e l' abusivismo edilizio, sono più devastanti al Sud: la metà dei mattoni fuorilegge si concentra in quattro regioni (Puglia, Calabria, Sicilia e Campania), mentre in nessun capoluogo del Sud la raccolta differenziata tocca il 15% e in quasi tutti è sotto il 10%.

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