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28 marzo 2012

L'Italia fa dietro front sul solare come tedeschi e spagnoli

La capacità fotovoltaica installata in Italia ha ormai raggiunto la soglia dei 13 gigawatt, come si evince dai dati forniti in tampo reale dal Gestore dei Servizi Energetici, che la settimana scorsa indicava ben 338.656 impianti in esercizio, per una capacità complessiva di 12.970 megawatt complessivi. Di questi, ben 9.000 megawatt sono stati realizzati 2011, quando l'Italia è diventata il primo mercato mondiale del solare per l'installato annuale, scavalcando la Germania. Al tempo stesso, è salito il costo degli incentivi al fotovoltaico, che ormai ha superato i 5,6 miliardi di euro all'anno. Ora la domanda chiave che si pongono gli operatori è: quando verrà raggiunto il limite di spesa? L'attuale sistema incentivante, ricordiamo, nasce con due scadenze: una temporale, al 31 dicembre 2016, e una di obiettivi, che si pone un tetto di 23 gigawatt e uno di spesa annua in incentivi a 6 miliardi di euro. Siamo ancora lontani dai 23 gigawatt di potenza, ma ci avviciniamo rapidamente al limite di spesa. Per di più, a togliere il sonno agli operatori ci sono le ultime dichiarazioni dei due Corradi, il ministro dell'Ambiente Clini e il ministro dello Sviluppo Passera, che concordano su un vigoroso taglio degli incentivi.

 Le bozze più aggiornate del quinto conto energia, che potrebbe entrare in vigore già in luglio, prevede una forte limitazione per il tetto di spesa a 500 milioni di euro l'anno - quasi dimezzato rispetto all'attuale - ma soprattutto un registro obbligatorio per tutti gli impianti con potenza superiore ai 3 kilowatt: in questo modo anche l'impiantino domestico dovrà passare sotto le forche caudine di una rigorosa graduatoria, che favorirà le tipologie più integrate, meno invasive, dedicate al recupero di spazi da risanare o basate sulle tecnologie più innovative ed efficienti, in modo da garantire una spinta all'innovazione e una buona redditività anche con incentivi decisamente ridotti rispetto agli attuali.
Gli operatori, da parte loro, chiedono a gran voce di piantarla con le instabilità normative, che negli ultimi anni hanno tormentato il settore con sei diverse versioni delle politiche di sostegno. Valerio Natalizia, presidente Gifi-Anie, ha definito le continue variazioni "un fattore di forte squilibrio per il mercato".
Ma quello italiano non è l'unico sistema incentivante ballerino. Il Bundestag tedesco ha appena approvato una proposta di legge sulla rimodulazione del conto energia presentata il mese scorso dal governo, introducendo una riduzione del 20-30% agli incentivi. Nonostante il drastico taglio, il 2012 sarà per il fotovoltaico tedesco un ennesimo anno record, con nuova capacità installata per 8.000 megawatt, secondo la Confindustria tedesca, il cui direttore generale, Martin Wansleben, ha spiegato che "il prezzo dei pannelli solari è sceso nel solo 2011 di circa il 40% e scenderà ancora quest'anno grazie ai nuovi processi produttivi e all'inasprirsi della concorrenza". Dunque, ha detto Wansleben in una nota, "ci possiamo aspettare buoni ritorni economici dagli impianti solari nonostante la riduzione degli incentivi". Nel Regno Unito, dal 1° aprile la tariffa in conto energia per gli impianti al di sotto dei 4 kilowatt sarà praticamente dimezzata e scenderà ulteriormente tre mesi dopo a seconda della potenza avviata nel periodo, con ricadute proporzionali alla dimensiopne degli impianti.
Malgrado il ridimensionamento degli incentivi, la vita continua per il solare. In base al rapporto Clean Energy Trends 2012 della società specializzata Clean Edge, il fatturato mondiale delle tre principali fonti rinnovabili - fotovoltaico, eolico e biocarburanti - è salito del 31% nel 2011 rispetto al 2010, fino a 246 miliardi di dollari. In dettaglio, il mercato fotovoltaico è salito dai 71,2 miliardi di dollari del 2010 a 91,6 miliardi nel 2011 (+28,6%), grazie a un installato aumentato del 69%, fino 26 gigawatt complessivi.
Il boom del settore, che proseguirà nei prossimi anni arrivando a un fatturato di 130,5 miliardi nel 2021, è dovuto secondo Clean Edge alla contrazione del prezzo dei moduli (-40% negli ultimi due anni), destinata peraltro a proseguire: nel 2021, il costo del kilowattora fotovoltaico sarà pari a un terzo dell'attuale. I dati appena diffusi da Npd Solarbuzz sono persino migliori di quelli di Clean Edge, considerando che il centro studi californiano indica 27,4 gigawatt installati nel 2011, per un giro d'affari di 93 miliardi di dollari, nonostante il calo del 28% sul prezzo dei moduli, che quest'anno è destinato a ridursi di un ulteriore 29%, il che dovrebbe portare a dimezzare il costo del kilowattora fotovoltaico nel giro di 5 anni.

18 marzo 2012

Gottardo in dirittura finale, ma in Val di Susa si combatte

Sarà il tunnel più lungo del mondo ed entrerà in esercizio nel 2016, in anticipo rispetto alla scadenza prevista del 2017. Il nuovo traforo del Gottardo, dopo 10 anni di lavori, è ormai in dirittura d'arrivo: l'ultimo diaframma di roccia è caduto già un anno fa. Ora nei due tubi sotterranei vengono installati i binari e tutte le altre attrezzature. In questi due budelli ai piedi delle Alpi, i treni viaggeranno senza dislivello a 250 chilometri all'ora, consentendo di tagliare a 2 ore e mezza il viaggio Milano-Zurigo, dalle 4 ore di oggi, con importanti ricadute sul traffico merci per tutta la direttrice Rotterdam-Genova. Con i suoi 57 chilometri, la nuova galleria supera l'Eurotunnel sotto la Manica e per scavarla è stato estratto dalla montagna materiale sufficiente a costruire cinque piramidi di Cheope, destinato a realizzare diverse isole artificiali nel lago dei Quattro Cantoni. L'opera è stata affidata a un consorzio internazionale, in cui gli svizzeri lavorano fianco a fianco con ingegneri tedeschi e minatori austriaci, sloveni o polacchi. Il potenziamento delle trasversali ferroviarie elvetiche, che prevede investimenti complessivi in varie aree per oltre 22 miliardi di euro, è stato approvato dai cittadini, attraverso referendum, già nel lontano '98. In questo modo gli svizzeri aprono di tasca propria una straordinaria porta, che consentirà di collegare per la prima volta le ferrovie italiane alle rete europea ad alta velocità, mentre il nuovo Fréjus tra l'Italia e la Francia accumula anni di ritardo sulla tabella di marcia.


Finora i tunnel che bucano il Gottardo, sia quello ferroviario che quello stradale, hanno costretto chiunque volesse accedervi a salire ben settecento metri, dalla base della montagna fino a quota 1150 metri. L’itinerario ferroviario, costruito alla fine dell’800, è troppo ripido per consentire il passaggio dei treni ad alta velocità, che hanno bisogno di un tracciato sostanzialmente pianeggiante, e soprattutto per i treni merci, che sono costretti a utilizzare motrici potentissime per scavalcare quel dislivello a passo di lumaca. La nuova linea, invece, correrà a non più di 550 metri sul livello del mare, con un dislivello di appena cento metri dalla pianura Padana alla stazione di Basilea.
La rivoluzione più importante sarà il trasferimento del traffico merci dalla gomma alla rotaia. Sull’autostrada fra Lucerna e Milano viaggiano infatti quasi tutte le merci in transito fra l'Europa e il Nord Ovest d’Italia. Secondo le stime dell’Unione Europea, il traffico alpino raddoppia ogni otto anni e dall’epoca del tragico rogo dell’autunno 2001 gli ingorghi provocati dal sistema d’ingressi contingentati nel tunnel autostradale del Gottardo sono quasi quotidiani. E’ per questo che i confederati, coscienti di non poter deviare ancora a lungo il fiume dei Tir lontano dalle loro valli vietando l’ingresso ai camion con più di 28 tonnellate, hanno avviato fin dagli anni Novanta un vasto dibattito politico e gli studi di fattibilità per il progetto complessivo, chiamato AlpTransit, volto a trasferire il flusso di merci dai camion ai treni, con tre diversi tunnel ferroviari.
Il primo ramo del grande progetto infrastrutturale, quello della galleria del Lötschberg-Sempione, è già operativo da fine 2007. Lungo 34,6 chilometri, meno spettacolare del nuovo Gottardo ma altrettanto utile, il tunnel del Lötschberg facilita il collegamento tra Milano e Berna, sulla linea di Domodossola e del Sempione, aprendo una porta verso la Francia alternativa al famoso traforo ferroviario sulla Torino-Lione. Il terzo ramo, quello sotto il Monte Ceneri in Ticino, entrerà in funzione nel 2019.

12 marzo 2012

Il gas degli stoccaggi Eni? Meno di un terzo è estraibile

Quanto gas si può immagazzinare nei depositi di Stogit, la società di Snam che possiede gli stoccaggi? E soprattutto: quanto di quel gas può essere davvero utilizzato? La domanda, dopo l'ultima emergenza, se la sono posta in parecchi. E la risposta è sorprendente: "Solo 1,4 miliardi di metri cubi delle riserve strategiche si possono effettivamente estrarre", stima Roberto Bencini, geologo esperto di idrocarburi con una lunga esperienza in Lasmo, società di esplorazione dell'Eni, e oggi passato a dirigere Independent Resources, azienda promotrice di un progetto di stoccaggio a Rivara, in Emilia. "Gli altri 3,6 miliardi, che Stogit dichiara come estraibili, in realtà non potrebbero mai uscire, perché manca la pressione sufficiente", valuta Bencini. Quindi dei 5 miliardi di metri cubi di gas qualificati come riserve strategiche e remunerati come tali a Stogit, che nel suo bilancio 2010 dichiara ricavi di 67 milioni in relazione allo stoccaggio strategico (sui 355 complessivi), meno del 30 per cento sarebbe effettivamente utilizzabile.


Già in occasione della crisi del 2006, quando il blocco delle forniture russe costrinse Stogit ad attingere alle riserve strategiche per 780 milioni di metri cubi, lo stesso Paolo Scaroni, numero uno dell'Eni, rilasciò delle dichiarazioni che misero in allarme gli operatori: "A questo ritmo in 20 giorni scenderemo a 2 miliardi di metri cubi. E nessuno c'è mai andato, quindi non si sa bene cosa succederebbe. In quelle condizioni non sappiamo quanto gas si possa estrarre, per unità di tempo, di fronte a un'improvvisa richiesta elevata". Per fortuna le forniture ripresero, ma quel dubbio è rimasto.
In tutti gli stoccaggi, il gas iniettato non è mai completamente estraibile. Per questo si divide tecnicamente in working gas e cushion gas, ovvero gas erogabile e gas cuscinetto, che serve per dare la pressione necessaria a far uscire il resto e non esce mai. Stogit quantifica il working gas stoccabile nei suoi depositi in 15,7 miliardi di metri cubi, destinati a salire a 18 miliardi entro il 2015, grazie alla sovrapressione degli stoccaggi esistenti e all'apertura di un nuovo sito a Bordolano, vicino Cremona. Di questi, 5 miliardi di metri cubi sono considerati strategici, in un Paese estremamente dipendente dal gas come l'Italia, dove metà dell'energia elettrica si produce bruciando metano. Di norma non escono, ma devono essere erogabili in ogni momento. "Nell'ultima crisi, il mese scorso, è emerso chiaramente che più si va avanti nella stagione e più diventa difficile estrarre gas dagli stoccaggi, svuotati dai consumi invernali", obietta Davide Tabarelli di Nomisma Energia. "E' discutibile affermare che la riserva strategica sia realmente erogabile, quindi quel gas andrebbe qualificato come gas cuscinetto, non come working gas", afferma Tabarelli. Il cushion gas, però, non può essere remunerato nello stesso modo di una riserva strategica. Nel bilancio 2010 è collocato tra le attività non correnti, insieme agli immobili, impianti e macchinari.
Questo dato assume un particolare interesse nell'imminenza della dismissione di Snam, imposta all'Eni dal decreto Cresci Italia. In base a una proposta avanzata da Scaroni, il cane a sei zampe potrebbe incassare 6,7 miliardi dalla vendita del 52% di Snam, di cui la metà dalla Cassa Depositi e Prestiti. Nel perimetro della vendita rientreranno anche gli otto siti di stoccaggio, che costituiscono la quasi totalità dei depositi italiani di gas naturale. Gli stoccaggi sono giacimenti esauriti sparsi fra Lombardia, Emilia-Romagna e Abruzzo. Per l'Eni è pratico riciclarli, ma non in tutti i depositi la produttività è la stessa. "Negli otto siti di Stogit lo strato di stoccaggio è prevalentemente sabbioso e il gas depositato s'insinua fra i granelli di sabbia, non in una fessura aperta nella roccia. Per estrarlo bisogna farlo passare attraverso questo labirinto, non in un'autostrada sgombra come accade nel calcare fratturato, quindi il gas estraibile è meno della metà del volume complessivo", fa notare Bencini. Incrociando i dati sulla produttività massima, misurata durante la crisi del 2006, con le quantità immesse nell'estate successiva, quando i depositi furono riempiti fino all'orlo, è facile evincere che il gas estraibile è ben meno di quanto si creda: quasi 4 miliardi di metri cubi di riserva strategica mancano all'appello.
La constatazione riporta alla ribalta l'urgenza di potenziare gli stoccaggi italiani, su cui negli ultimi vent'anni si è avanzato il sospetto di sottoinvestimento strategico, considerando anche il fatto che ampliando l'offerta si darebbe una limata ai prezzi, oggi superiori del 30% rispetto alle medie europee. In questo senso, la separazione proprietaria imposta dal decreto Cresci Italia potrebbe mettere in moto un processo virtuoso, a tutto vantaggio dell'interesse nazionale.