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14 maggio 2012

Architettura biomimetica per risparmiare risorse

Architetture nel deserto che imitano le forme di una chiocciola. Edifici nelle zone artiche che riescono a migliorare l'isolamento termico catturando la neve anche sulle superfici verticali come le conifere. Vetrate e serre che ampliano o riducono l'ombra con un sistema di schermature che si apre solo al calore del sole, grazie a un meccanismo chimico-fisico e non elettrico, come i petali dei fiori. L'ultima frontiera dell'edilizia sostenibile è la biomimesi, che non inventa niente ma imita semplicemente la natura e vi s'inserisce armonicamente, come i progetti presentati all'ultimo Design Challenge del Biomimicry Institute, dove ha vinto il team iraniano dell'Art University di Isfahan.

BioArch_Ventillation

Tra gli architetti che si occupano dei temi del design per la sostenibilità ambientale prevale la consapevolezza condivisa che per trasformare in modo realmente sostenibile il nostro modello di sviluppo sia diventato sempre più importante conoscere i sistemi naturali e apprendere le loro strategie evolutive, imparando dalla natura a operare, progettare e produrre senza spreco, senza rifiuti e emissioni, trasformando anzi i rifiuti in nuove risorse in un sistema a cascata estremamente efficiente. Di qui l'attenzione verso le strategie virtuose per la sopravvivenza e l'evoluzione dei sistemi biologici, che spesso si possono applicare anche allo sviluppo di soluzioni progettuali e tecnologiche innovative e sostenibili. Quest'attenzione non è una novità: già le case di Frank Lloyd Wright s'inserivano nella natura come pietre appoggiate nel deserto, con sistemi di costruzione, d'illuminazione e di ventilazione il più possibile naturali. La bioarchitettura, che si occupa della progettazione di edifici costruiti solamente con materiali edili non nocivi e tecnologie costruttive non dannose per la salute e per l'ambiente, facendo ricorso a materiali naturali o riciclabili, è ormai un metodo consolidato. Le case passive, che assicurano il benessere termico senza utilizzare impianti di riscaldamento convenzionali, sfruttando la somma degli apporti passivi di calore dell'irraggiamento solare trasmessi dalle finestre per compensare le perdite dell'involucro durante la stagione fredda, stanno diventando case attive, che producono più energia di quella che consumano con vari sistemi di generazione elettrica da fonti rinnovabili. Ma ora, partendo da tutte queste conoscenze, con i nuovi materiali a disposizione, l'architettura comincia a fare un passo ancora più in là.
A EcoBuild, la fiera londinese dell'abitare sostenibile, si sono visti grattacieli come organismi composti da catene di cellule che crescono una dall'altra in altezza, coperte da una membrana continua, la stessa che funge da copertura a molti stadi e alla Basketball Arena dei giochi olimpici di quest'estate. Si è visto il progetto del Blue Planet Aquarium di Copenhagen, che sarà il più grande del Nord Europa e simulerà la forma di un vortice d'acqua. Si è parlato del progetto di Mountain Band-Aid, vasta ma leggerissima struttura abitativa spalmata come una rete di protezione sulle pendici delle montagne dello Yunnan, nel Sud Ovest della Cina, per stabilizzarle contro il dissesto idrogeologico. E poi di innumerevoli progetti di abitazioni coperte da tetti verdi, quasi completamente mimetizzate nel paesaggio, come colline che s'inseriscono senza soluzione di continuità nella vegetazione circostante.
Il concetto è semplice: durante i suoi 4 miliardi di anni di esperienza, la natura ha sviluppato progetti di forma, di processo e di sistema che vale la pena di osservare, comprendere ed emulare. Da sempre l'uomo ha tentato di capire e imitare i processi naturali, ma oggi le maggiori conoscenze scientifiche e tecnologiche offrono spunti progettuali capaci di soddisfare sia i requisiti di funzionalità ed efficienza, sia i principi di sostenibilità ambientale. È quindi chiaro che la biomimesi può offrire notevoli vantaggi sia in termini di efficienza - perché in natura i processi avvengono a temperatura e pressione ambiente, utilizzando gli elementi chimici più comuni e in maniera limitata - sia in termini di sostenibilità, perché imitare la natura significa agire in accordo e non in contrasto con essa. Ma ispirarsi alla natura significa ragionare per relazioni, come impongono i criteri di certificazione Leed degli edifici eco-sostenibili: gli elementi che compongono un sistema sono una rete di relazioni inserita in reti più grandi, dove il risultato qualitativo dell'intero sistema è maggiore della somma delle singole parti. In linea con questo approccio, l'edilizia diventa punto di snodo per trasformare il nostro processo produttivo, che consuma risorse e produce rifiuti ed emissioni, in un modello produttivo sistemico, che preferisce le risorse vicine rispetto a quelle lontane e che attiva, con gli scarti di un sistema che alimentano l'altro, una collaborazione virtuosa tra i processi produttivi agricoli e industriali, il sistema naturale, il contesto territoriale e la comunità, dando vita così ad una rete di relazioni aperta che rivitalizza il territorio.

11 maggio 2012

Celle double-face e vetri solari: il fotovoltaico si fa in quattro

Pannelli fotovoltaici sfaccettati che generano molta più energia di quelli piatti, celle double-face che catturano l'energia del sole su tutte e due le superfici, vetri solari capaci di produrre energia a buon mercato con una tecnologia basata sul colore, sistemi integrati intelligenti che raccordano la produzione solare con l'efficienza energetica. Il fotovoltaico si fa in quattro per raggiungere in tempi brevi la grid parity, ovvero la competitività con i combustibili fossili, che in alcune zone d'Italia è già a portata di mano, anche grazie all'aumento costante del prezzo del petrolio.
Il calo dei prezzi dei moduli e l'esplosione del mercato interno cinese sono i fattori destinati a caratterizzare nei prossimi mesi il fotovoltaico mondiale, che cerca di aggiustare il tiro mano a mano che i diversi Paesi smettono di incentivarne la crescita, ormai esponenziale. Dopo la Spagna, che già nel 2010 aveva ridotto gli incentivi quasi a zero, anche il Regno Unito e la Germania hanno messo mano alle forbici con tagli significativi l'anno scorso e adesso l'Italia sta facendo lo stesso. Finita la pacchia europea, sul versante produttivo è iniziata così una fase di consolidamento a livello globale, che privilegia i produttori più impegnati nella ricerca e nell'innovazione, con la previsione di un'uscita dal mercato dei player industriali più deboli. 


Per restare a galla in questo mercato in tumultuosa evoluzione, va da sé che la creatività nell'innovazione è di cruciale importanza. Chi riuscirà a industrializzare ora le killer application di domani, è destinato a dominare la scena per molti anni a venire. Lo sforzo della ricerca si concentra in particolare sull'ulteriore miglioramento del rapporto fra efficienza e costo del modulo fotovoltaico. Il basso valore di questo rapporto rispetto ad altre fonti energetiche si traduce in un alto costo per kilowattora prodotto, almeno nel periodo di ammortamento dell'impianto, e costituisce il limite più forte all'affermazione su grande scala di questa tecnologia. Quindi la ricerca si indirizza verso la scoperta di materiali semiconduttori e tecniche di realizzazione che coniughino il basso costo con un'alta efficienza di conversione.
Dal silicio cristallino si è passati così al silicio ribbon, colato in strati piani come un nastro, al silicio amorfo che consente di realizzare moduli a film sottile, al tellururo di cadmio, solfuro di cadmio o arseniuro di gallio, tutti materiali più economici ma meno efficienti. Si lavora sui processi di produzione, sperimentando varie alternative di realizzazione, come le celle sfaccettate tridimensionali di Solar3D, che puntano a catturare la luce radente in tutte quelle angolature che adesso sfuggono ai moduli tradizionali, con una produzione di energia doppia rispetto all'attuale. Sono già industrializzate celle double-face, capaci di produrre energia da entrambe le facciate e quindi adatte per realizzare pareti libere, come i pannelli di protezione acustica lungo le autostrade. Ma si punta soprattutto all'integrazione negli edifici, come nel caso del vetro solare proposto da Oxford Photovoltaics, un'evoluzione che potrebbe presto permettere ai grattacieli di essere indipendenti dal punto di vista energetico. Nei vetri solari inventati da questo spin-off dell'università di Oxford, la luce del sole interagisce direttamente con il colorante, consentendo un costo di produzione non molto superiore ai pannelli tradizionali, calcolato dai ricercatori sui 35 centesimi per watt. Nel giro di un anno, quando l'industrializzazione sarà completata, potrebbero rivoluzionare un intero comparto: da un grattacielo alto 220 metri collocato in Texas e ricoperto interamente con vetro solare, si potrebbe generare fino a 5,3 megawattora al giorno, sufficienti per esempio ad alimentare 52.000 pc, rendendo l'edificio praticamente indipendente se affiancati a un'efficiente sistema di illuminazione a Led.

9 maggio 2012

La torre ecologica di Renzo Piano svetta sull'Europa

The Shard svetta sullo skyline di Londra con i suoi 310 metri d'altezza, come una gigantesca scheggia di vetro. L'ultima fatica di Renzo Piano è ormai completa e si avvicina a grandi passi all'inaugurazione, il 5 luglio, appena in tempo per assistere ai giochi olimpici, dal suo punto di vista privilegiato. Questa piramide scintillante che s'innalza dalla riva Sud del Tamigi a sovrastare tutta l'Europa, superando l'attuale primato della Commerzbank Turm di Francoforte, rappresenta il simbolo di un modo di costruire che unisce l'innovazione tecnologica più estrema alla sostenibilità ambientale. Richard Mawer, uomo chiave del team di Piano per la progettazione strutturale, è convinto che sia questo il futuro delle città: solo l'altezza unita all'attenzione per l'efficienza energetica e a uno sviluppo urbano basato sui trasporti pubblici può rispondere alla domanda crescente di spazio abitativo senza sprecare le risorse limitate che abbiamo a disposizione.

The-shard

Partiamo dallo sviluppo urbano. Spesso le torri così alte diventano "simboli arroganti e aggressivi del potere, egocentrici ed ermetici", come ha detto lo stesso Renzo Piano presentando il progetto. Non finirà così anche questa?

"No. The Shard s'inserisce in maniera organica dentro Southwark, il nuovo quartiere di Londra che si sta ridisegnando attorno alla London Bridge Station, uno dei cinque maggiori snodi infrastrutturali della città. Southwark era considerato fino a pochi anni fa solo un'immediata periferia industriale dismessa e ora è uno dei posti più gettonati della città, con la Tate Modern di Herzog & De Meuron, il Neo Bankside di Richard Rogers, il Bourough Market, il More London di Foster e il Riverside Walkway, che conduce fino al Design Museum di Joseph Conran. La nuova torre è stata progettata proprio per incrementare la densità di quest'area in pieno sviluppo".

I frequentatori di questa piccola città verticale come ci arriveranno?

"La torre è servita da una linea di metropolitana, sei linee ferroviarie e quattordici linee d'autobus. Dovrebbero essere abbastanza per le settemila persone che ci lavoreranno e i 200mila utenti che graviteranno ogni giorno sui negozi, uffici, alberghi, teatri, bar, ristoranti, sul museo e la galleria panoramica. All'intera costruzione sono stati assegnati soltanto 50 posti auto".

E con tutto questo vetro, non si morirà di caldo come in una serra, facendo schizzare alle stelle i consumi energetici per la climatizzazione?

"Al contrario, la doppia pelle della facciata passiva è stata realizzata in vetro a basso contenuto di ferro, con una serie di accorgimenti che consentiranno di risparmiare il 35% dell'energia normalmente necessaria per riscaldamento e raffreddamento. Delle aperture operabili sulla facciata consentono la ventilazione naturale dei giardini d'inverno inseriti lungo tutto l'edificio".


8 maggio 2012

Un giacimento nascosto che non sappiamo sfruttare

E' arrivata l'ora dell'efficienza energetica, la fonte di energia più abbondante e a buon mercato che abbiamo a disposizione. Un primo accenno l'abbiamo avuto dal Quinto Conto Energia: incentiva il fotovoltaico, ma obbligherà tutti gli impianti costruiti su edifici a presentare una certificazione energetica con le indicazioni precise degli interventi da fare per migliorare la prestazione dell'immobile. Poi è arrivata la Strategia Energetica Nazionale, tratteggiata per la prima volta dal ministro dello Sviluppo Economico Corrado Passera in Senato. Qui l'efficienza energetica sta al primo punto fra i cinque elencati dal ministro come prioritari per il governo. Un segnale inequivocabile che qualcosa si sta muovendo. Sull'efficienza, ha detto Passera, "possiamo e vogliamo perseguire una vera leadership industriale nel settore". Come? Passera indica quattro linee d'intervento: le normative ad hoc per migliorare gli standard di edifici e apparecchiature; l'enforcement delle norme; la sensibilizzazione dei consumatori e la revisione degli incentivi. Ad oggi, l'unico incentivo che stimola l'efficienza energetica è la detrazione fiscale del 55% sulle riqualificazioni. E dall'anno prossimo non è più sicuro nemmeno quello. Per la modernizzazione del sistema, dice Passera, servirà una strategia energetica "chiara, coerente e condivisa", che "inizieremo a discutere con tutti gli attori rilevanti in estate". Non è mai troppo tardi.


Sull'efficienza in edilizia, siamo già stati messi in mora da Bruxelles: a fine aprile la Commissione ha deferito l'Italia alla Corte di Giustizia Ue per non essersi pienamente conformata alla direttiva del 2002 sul rendimento energetico nell'edilizia. Il procedimento d'infrazione contro l'Italia è partito nel 2006, con lettere e pareri motivati al nostro Paese, che non si è conformato "alle disposizioni relative agli attestati di rendimento energetico". Le distorsioni del mercato italiano, del resto, sono sotto gli occhi di tutti. E' vero, infatti, che dal primo gennaio è obbligatorio per chi vende o affitta un immobile dichiarare la classe energetica di appartenenza, ma è anche vero che dilagano gli attestati offerti da sedicenti certificatori senza neanche vedere l'immobile, via email e a prezzi stracciati. Un obbligo rispettato così, ovviamente non serve a nulla.
In un Paese dove la maggior parte degli immobili sono in classe G, con un dispendio energetico di oltre 160 kilowattora per metro quadro per anno, si sta perdendo un'occasione preziosa di metter mano al problema. E una grande opportunità di business, visto che la riqualificazione degli immobili è l'unico segmento dell'edilizia che mostra ancora qualche segnale di vita. In base agli ultimi dati diffusi dal Cresme, nel 2011 gli investimenti destinati alle nuove costruzioni non hanno superato i 60 miliardi, mentre la manutenzione ne ha messi a segno 108, quasi il doppio, divisi tra manutenzione ordinaria (30 miliardi) e straordinaria (78,2 miliardi). Tradotto in percentuali, significa che gli investimenti nelle nuove costruzioni contano ormai solo per il 37% del mercato (e ancora di meno, al 31%, se si tolgono le realizzazioni per il fotovoltaico). La sostenibilità ambientale, dunque, se coltivata con normative mirate e incentivi efficaci, potrebbe diventare una miniera d'oro per l'edilizia in crisi e far decollare un settore, quello dell'impiantistica, oggi dominato dai tedeschi. Non a caso l'efficienza energetica, che in Germania si prende sul serio, lassù ha ricadute importanti anche sul mercato immobiliare, con un immobile di classe A che vale il 30% in più di uno di classe G.
L'International Energy Agency definisce l'efficienza energetica "il combustibile nascosto del futuro" e sostiene che potrebbe avere un peso determinante nella lotta globale alle emissioni climalteranti: se sfruttata a fondo, potrebbe abbatterle del 71% da qui al 2020, contro appena il 18% attribuito alle fonti rinnovabili. Per la Commissione, con l'efficienza energetica potremmo ridurre del 40% i consumi di energia in Europa. Confindustria, da parte sua, ha stimato un impatto economico complessivo di quasi 15 miliardi di euro da qui al 2020, valutato considerando sia l'onere sullo Stato a seguito di politiche di incentivazione, sia la valorizzazione dell'energia risparmiata. In pratica, adottando iniziative che tendano a stimolare il mercato verso l'efficienza energetica nei vari ambiti (industria, terziario, residenziale e trasporti), si potrebbero muovere 130 miliardi di euro di investimenti e crearei 1,6 milioni di posti di lavoro, con un risparmio complessivo di 20 milioni di tonnellate di petrolio. Come dire togliere 23 milioni di automobili dalle strade italiane.

6 maggio 2012

Sorpresa, l'Italia quest'anno rientra nei parametri di Kyoto

Calano i consumi di energia e così l'Italia rientra finalmente nei parametri di Kyoto, proprio nell'ultimo anno di vita del protocollo. Nel primo trimestre 2012, infatti, la domanda di energia si è ridotta dell'1,7%, ma la flessione di marzo, del 10,2%, indica un trend discendente ancora più marcato. Il tonfo è particolarmente evidente nella contrazione del 5% della domanda di elettricità (che mette in evidenza la crisi dell'industria), mentre il petrolio ha registrato una flessione del 10% e il gas del 22%. In controtendenza solo il carbone (+14,2%) e le fonti rinnovabili (+9,2%). Complessivamente, i consumi di combustibili fossili nel primo trimestre del 2012 si sono ridotti di 9,3 milioni di tonnellate rispetto al 2011, tanto che l'Italia per la prima volta è rimasta fuori dalla classifica dei primi quindici Paesi al mondo per consumi di prodotti petroliferi, scivolando al sedicesimo posto, alle spalle di Spagna e Indonesia.
Di questo passo, secondo i calcoli del Rie, la proiezione a fine anno delle emissioni italiane si attesterà a 473,3 milioni di tonnellate, un calo dell'8,3% rispetto ai valori del 1990, per la prima volta inferiore ai 483,2 milioni di tonnellate (-6,5% rispetto al '90) previsto come target di Kyoto. Prosegue, quindi, la decarbonizzazione dell'economia italiana che ha caratterizzato gli ultimi tre trimestri del 2011. Resta però un gap medio annuale per l'intero periodo 2008-2012 pari a 20 milioni di tonnellate all'anno, che il governo italiano dovrebbe coprire ricorrendo ai meccanismi flessibili del protocollo.

La vera sfida, ora, è quella che ci attende di qui al 2020, quando bisognerà andare ben oltre il vecchio protocollo di Kyoto. Sul target 20-20-20 il ministro dell'Ambiente Corrado Clini ha presentato al Cipe un piano nazionale dovrebbe portare l'Italia a rispettare gli impegni assunti nei confronti di Bruxelles. Anzi, Clini ha specificato che il piano del governo tiene conto del fatto "a livello europeo stiamo convergendo verso una strategia di lungo termine che prevede che una riduzione delle emissioni nel 2020 del 25%, entro il 2030 del 40%".
Ma non va dimenticato che i risultati ottenuti finora, più che sull'efficienza energetica, si basano sulla crisi dell'industria italiana. A causa del calo della produzione, negli ultimi mesi il mercato elettrico italiano è completamente cambiato. A marzo l'energia elettrica richiesta, 27,4 miliardi di kilowattora, è calata del 5,2% anno su anno. In aprile, addirittura, si è rischiato di far entrare in crisi il sistema elettrico, con un carico della rete ridotto nelle ore vuote sotto i 30mila megawatt, quando l'equilibrio del sistema ne richiederebbe almeno il 10% in più e con una domanda alla punta sui 42.000 megawatt, quando si potrebbe considerare normale per il mese di aprile un valore sui 47-48.000. Da qui l'andamento anomalo della Borsa elettrica, dove l'eccesso di offerta ha completamente modificato l'andamento dei prezzi, causa anche l'esplosione delle rinnovabili intermittenti. Eccesso di offerta generato, secondo Energy Advisors, da "incomprensibili decisioni d'investimento di diversi operatori, che hanno continuato a realizzare nuova potenza quando ormai il mercato era diventato lungo, che ora non riescono ad utilizzare se non in misura molto limitata".
La crescita della produzione fotovoltaica ha ribaltato i meccanismi di formazione dei prezzi, che schizzano nelle ore serali, in particolare quando il sole non alimenta più gli impianti fotovoltaici e i cicli combinati devono intervenire immettendo dosi massicce di energia termoelettrica a caro prezzo, per cercare di recuperare i margini che non riescono più a ottenere nelle ore di maggiore produzione solare. La robusta presenza del fotovoltaico smorza quindi i prezzi al picco diurno, ma per contro genera un aumento delle quotazioni nelle ore serali, dalle 18 alle 24. Risultato: il prezzo medio sale a causa dei rincari nelle ore vuote. E alla fine dei conti chi ci rimette sono sempre i consumatori, che continuano a pagare l'energia elettrica il 30% in più della media europea.