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12 giugno 2006

Sulle rinnovabili il modello è tedesco

Bene il gas, ma ci vogliono anche le fonti rinnovabili. Per Gianni Silvestrini, direttore scientifico del Kyoto Club, associazione d' imprese ed enti impegnati sul fronte delle energie alternative, il mix italiano di generazione elettrica ha enormi potenzialità su questo fronte, che non vengono sfruttate. Ma fra neanche un anno e mezzo il nostro sistema energetico arriverà al dunque. Nel 2007, infatti, Kyoto presenta il conto e per l' industria italiana sarà un conto salato. Spiega Silvestrini: «Bruciando idrocarburi, il nostro sistema industriale - in primo luogo le imprese produttrici di energia elettrica - produce 120 milioni di tonnellate all' anno di anidride carbonica in più rispetto al limite che ci è stato assegnato. Se facciamo il conto complessivo sui primi 5 anni del protocollo, sono 600 milioni di tonnellate. Di questi, circa un terzo potrebbe essere ridotto con i provvedimenti già varati e noi riteniamo che un altro terzo si dovrebbe riuscire ad abbattere con ulteriori misure di efficienza energetica. Il resto andrà comprato sul mercato dei certificati di emissione: calcolando un prezzo medio di 15 euro a tonnellata, già molto ottimistico, la spesa si aggira sui 3 miliardi di euro. Ma perché non metterli in Italia - si chiede Silvestrini - invece che andare a spenderli all' estero?». Basterebbe un minimo di programmazione per far nascere anche qui, come in Germania o in Danimarca, una filiera delle fonti rinnovabili potenzialmente molto redditizia. «Sul fotovoltaico, dopo il decreto d' incentivazione in conto energia, qualcosa si sta già muovendo: ci sono aziende produttrici straniere che vengono a chiedermi informazioni per un possibile investimento in Italia. Ma l' obiettivo di raggiungere i 1000 MW fotovoltaici entro il 2015 è troppo basso. Per ora solo 340 MW sono stati autorizzati, a fronte di una valanga di richieste. Basterebbe alzare l' obiettivo, e magari ridimensionare un pò l' incentivazione per non sforare il budget, per creare i presupposti all' insediamento di produttori di pannelli sul nostro territorio, dando vita a un' industria di questo tipo, com' è già successo in Germania». Ma in Italia non c' è solo il sole. «Le resistenze all' eolico di alcune regioni, come Sardegna e Puglia, andrebbero corrette con un sistema di "burden sharing": ogni regione dovrebbe essere obbligata a dare il suo contributo alla costruzione di un sistema di fonti rinnovabili. Se non vuole l' eolico, scelga qualcos' altro, dal solare alle biomasse, ce n' è per tutti. Dire no e basta non dovrebbe essere consentito». Un sistema che potrebbe aiutare molto alcuni settori in crisi. «Guardiamo ad esempio alla conversione della produzione agricola dal food al non food che si è scatenata in Germania: con gli alti prezzi del petrolio, l' entrata in vigore del protocollo di Kyoto e la fine della Pac, la politica agricola comunitaria, le fonti rinnovabili sono state una manna per i contadini in cerca di nuove fonti di reddito: ospitare aerogeneratori o pannelli fotovoltaici, produrre biomasse o biocarburanti per la generazione elettrica o il trasporto sta salvando un settore in crisi».

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