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25 ottobre 2006

Blog aziendali, dal marketing al knowledge management

Quanto può contare un blog a supporto delle strategie di comunicazione e delle campagne di marketing è facilmente immaginabile. Ormai quasi tutte le grandi aziende ne fanno ampio uso per arricchire i propri rapporti con il pubblico. Ma l'uso dei blog come strumenti di knowledge management interni alle organizzazioni è ancora poco conosciuto, pur essendo di pari se non maggiore importanza. Moltissime corporation, da Sun Microsystems a Ibm, da Gm a Hewlett Packard, hanno un sistema di blog accessibili solo dall'interno, protetti da un firewall, per condividere i progetti con i colleghi. Altre, come GE, utilizzano addirittura blog aperti anche per gli scambi aziendali. Su Edison's Desk, il blog del dipartimento di ricerca e sviluppo di GE, i ricercatori mettono in rete di tutto, dai nuovi progetti in materia di energie rinnovabili alle promesse dei materiali autopulenti. Si tratta di una rivoluzione, non solo sul fronte del concetto di proprietà intellettuale, ma anche sul fronte della governance in senso lato. Vedi il caso di Mark Jen, diventato una cause célèbre l'anno scorso, quando fu licenziato da Google dopo aver riferito nel suo blog qualche dettaglio di troppo sulla sua vita aziendale. Già oggi un caso simile sarebbe impensabile. Ma viene da chiedersi: perché i blogs stanno soppiantando le intranet aziendali? E come possono contribuire alla gestione della conoscenza interna? La risposta alla prima domanda è banale: sono facili da avviare, molto convenienti nella gestione quotidiana e inducono al dialogo continuo e informale. Tutta un'altra cosa rispetto alla rigidezza paludata delle intranet aziendali. La seconda risposta necessita di una piccola introduzione: a cosa serve il cosiddetto knowledge management? Serve a preservare l'expertise dell'organizzazione anche quando i depositari di queste conoscenze se ne vanno in pensione (l'attuale curva demografica rappresenta una grave preoccupazione per le multinazionali del mondo industrializzato) e a mettere in comune queste risorse per addestrare le nuove leve. Serve a fornire informazioni che esulano dal loro campo specifico d'attività a tutti i dipendenti. Serve ad evitare di perdere tempo per reinventare soluzioni a problemi già risolti. Per ottenere questo risultato bisogna superare una serie di barriere. La prima è indurre gli esperti a mettere in comune la propria expertise, a meno che la comunicazione non faccia già direttamente parte del loro mestiere. Se è vero che tutto il valore di un lavoratore sta in quello che sa (e che gli altri non sanno), perché dovrebbe improvvisamente metterlo in comune? Il rischio di perdere parte del proprio valore rende la maggior parte degli esperti riluttanti ad aprire i propri forzieri, a maggior ragione se si tratta di conoscenze tecniche strategiche per l'azienda. Di conseguenza, il primo passo sulla strada del knowledge management parte sempre da un cambiamento complessivo di prospettiva nella cultura aziendale. Il passaggio dalla mentalità da "cane da guardia" del proprio sapere alla cultura della condivisione, comporta un incoraggiamento esplicito da parte dell'azienda a mettere in comune le proprie conoscenze. Un'altra barriera è la diffidenza degli altri a riconoscere un oscuro collega come esperto di qualcosa. La terza barriera è individuare la collocazione dei flussi del sapere all'interno dell'organizzazione e intercettarli. Per superare questi tre ostacoli, di non poco conto, è molto più adatto un sistema flessibile, informale e facile da aggiornare tutti i giorni piuttosto che un database rigido e suddiviso per argomenti, come quelli che sono stati usati fino ad oggi. Ecco la risposta alla seconda domanda. I blogs stanno trasformando in maniera radicale e dando sostanza a tutti i sistemi di knowledge management del mondo. Il nuovo software consente agli esperti di integrare perfettamente questa attività nel loro ambiente naturale di lavoro, come se fosse un nuovo browser, annotando in tempo reale i siti da segnalare come parte della loro area di expertise. Supera i formalismi e le gerarchie dei sistemi tradizionali. Polverizza le normali classificazioni per categorie, introducendo una maggiore flessibilità nella ricerca delle informazioni, reperibili anche direttamente attraverso i nomi degli esperti, una volta riconosciuti come tali. In questo modo offre alle organizzazioni la possibilità di attingere non solo a un banale archivio di documenti già creati, ma direttamente alla conoscenza dei propri dipendenti - passati e presenti - rinnovata in tempo reale dagli scambi e dalle discussioni interne. L'ultimo passo, che già si vede spuntare in qualche blog aziendale fra i più avanzati, è la certificazione del valore delle informazioni fornite, attraverso il "voto" degli utenti o addirittura attraverso un processo di "peer review" nel caso di contenuti scientifici. Un buon indirizzo per approfondire l'argomento o semplicemente dare un'occhiata a qualche blog aziendale, è http://www.eu.socialtext.net/bizblogs/index.cgi, la directory più completa dei blog delle aziende Fortune 500. La lista è partita da una polemica avviata da Chris Anderson, direttore di Wired e autore di "The Long Tail" (http://www.thelongtail.com), sulla scarsa attenzione delle grandi multinazionali al femonemo dei blog: dalla lista risulta che solo l'8% di queste aziende utilizzano ad oggi dei blog aziendali aperti al pubblico. Un mese fa era il 4%.

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