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14 settembre 2007

Compagnie petrolifere a corto di uomini

Ma il petrolio non era agli sgoccioli? Si fa per dire: le riserve conosciute dureranno almeno altri quarant' anni e quelle sconosciute chissà... Sia come sia, l' industria petrolifera con annessi e connessi prospera ormai da tre-quattro anni, con le quotazioni del greggio messe al bello stabile e margini sempre più appetitosi. Gli investimenti per cercare oro nero e altri idrocarburi - dagli scisti bituminosi al gas naturale - oltre i confini del possibile, nei territori più freddi e nei mari più profondi, stanno diventando remunerativi e il boom di esplorazione e produzione cresce di giorno in giorno. Tutta la filiera ne sta beneficiando, dai servizi di mappatura e di progettazione agli studi geologici per gli scavi, dai tubi per il trasporto ai servizi ambientali, fino alla cantieristica e alla raffinazione. Unico limite: le risorse umane. «Ci servono specialisti ma fatichiamo a trovarli: il mercato del lavoro è talmente tirato che ormai i grandi operatori sono costretti a richiamare gli esperti più anziani dalla pensione», si lamenta Dario Scaffardi, direttore generale di Saras. E in tutto il settore si sente la stessa musica. «Quella che manca di più è la fascia mediana, già abbastanza esperta da assumere responsabilità strategiche ma non ancora a livello di top management», spiega Andrea Magnabosco, uno dei pochi headhunter italiani specializzati nel settore, responsabile della divisione engineering di Hays. Il problema parte da un dato di fondo: l' industria petrolifera esce da oltre un decennio di vacche magre, con il prezzo del greggio schiacciato sotto i trenta dollari al barile e a tratti addirittura sotto i dieci, da fine anni Ottanta a fine anni Novanta. «In questo lasso di tempo - spiega Magnabosco - c' è stato un blocco totale. Nessuno assumeva, nessuno formava nuovi quadri intermedi, il settore era paralizzato». Lo sfruttamento degli idrocarburi più difficili da trovare non era remunerativo e quindi l' esplorazione si è fermata, pochissimi giacimenti sono stati scoperti, la produzione ristagnava. Ma l' economia continuava a correre e a bruciare petrolio nei suoi ingranaggi. Dopo l' attacco alle Torri Gemelle è iniziata una lenta risalita, spinta dalle turbolenze geopolitiche e soprattutto dalla crescente domanda asiatica. Dal 2005 le quotazioni del greggio oscillano fra i 50 e i 70 dollari al barile, con punte - come in questi giorni - oltre i 75. E gli esperti prevedono che rimarranno a lungo su questi livelli. «Da allora si è rimesso tutto in moto, ma questo è un business ad alta specializzazione e il periodo di stasi ha creato un vuoto generazionale fra gli anziani esperti e i giovani neolaureati, che diventa sempre più difficile da colmare», sostiene Magnabosco. Non a caso il gruppo della famiglia Moratti, specializzato nella raffinazione, quest' anno ha dovuto richiamare dalla pensione una decina di esperti, per attività di coordinamento nella gestione di importanti commesse. «In particolare le figure di cantiere, costrette a trascorrere gran parte dell' anno in lunghe trasferte internazionali, si fanno sempre più rare», conferma Scaffardi. «Rispondiamo alle tensioni del mercato con la formazione interna, affiancando le nuove leve ai nostri grandi specialisti, ma anche con campagne di reclutamento all' estero, ad esempio in Turchia e Romania», spiega Antonio Vietti, direttore risorse umane di Foster Wheeler, multinazionale americana specializzata nella progettazione e costruzione di grandi impianti nel settore petrolifero, chimico, farmaceutico, alimentare e di produzione di energia. «Puntiamo molto a far crescere le persone dall' interno», ribatte Patrizia Bonometti, direttore risorse umane di Tenaris Europa, il maggior produttore e fornitore a livello globale di tubi e servizi per l' esplorazione e la produzione di petrolio e gas. «Abbiamo un programma interno abbastanza completo, che ci evita di andare sul mercato del lavoro per trovare profili già formati», sostiene Bonometti. Nella società controllata dalla famiglia Rocca il primo mese di formazione di base dei giovani neolaureati si svolge in Argentina e continua poi per due anni nella sede di provenienza. «Investiamo molto sulle nuove leve e in questo modo si crea un forte senso di appartenenza», commenta Bonometti. Il rischio di farsi portar via un giovane formato all' interno, dunque, si mantiene entro limiti accettabili. Ma con l' aria che tira sul mercato, anche ingegneri, chimici e geologi possono diventare mercenari.

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