Pagine

9 febbraio 2004

Luigi Zingales

“Più poteri alla Consob? Ottima idea. Ma attenzione a non appesantire ulteriormente le regole, che poi finiranno per essere disattese. Il grave problema dell’Italia non è la mancanza di regole, ma piuttosto il fatto che nessuno le rispetti. Laddove ci sono troppe leggi è automatico che vengano disapplicate”. Luigi Zingales, professore di Finanza all’università di Chicago e autore di un best seller del dopo-Enron, “Saving Capitalism from the Capitalists”, preferisce andare sul concreto in materia di frodi societarie. E diffida delle riforme varate sull’onda degli scandali.
Allora non ha apprezzato nemmeno la Sarbanes-Oxley?
“Si tratta senz’altro di un passo avanti, seppure con alcune controindicazioni. Le misure più importanti introdotte dalla Sarbanes-Oxley, secondo me, sono le norme sui criteri di nomina dei revisori, che non rispondono più all’amministratore delegato ma a un comitato di controllo interno (audit committee) formato da direttori indipendenti, come deterrenza allo strapotere dei manager e ai comportamenti fraudolenti dei revisori. In Italia, invece, finora sono mancate alla Consob le risorse necessarie per l'assolvimento della funzione di controllo sulla qualità della revisione”.
Altre norme a cui varrebbe la pena di ispirarsi?
“Nella Sarbanes-Oxley si affronta per la prima volta il problema del controllo interno, cioè la vigilanza che può essere esercitata in prima persona dai dipendenti chiave, gli unici con una conoscenza di prima mano dei conti dell’azienda. Anche in Italia bisognerebbe rendersi conto che nel mondo della finanza, basato in gran parte sulla fiducia, i controlli esterni lasciano il tempo che trovano. Negli Stati Uniti la Sec ha molti più poteri della Consob, sia d’indagine che sanzionatori, eppure non è riuscita a evitare frodi gigantesche. Sono quindi i controlli interni quelli che contano di più”.
Ma indurre un dipendente a “tradire” la società in cui lavora non è facile…
“Appunto: la legge dovrebbe stare lì apposta per proteggerli. I problemi dei whistle blowers, cioè di chi si rivolge alle autorità di controllo segnalando abusi o irregolarità, sono tali e tanti da impedire questo tipo di controllo in condizioni normali. Il dipendente che denuncia l’azienda non ha certo vita facile in ufficio e il più delle volte viene licenziato non appena si scopre la sua ‘infedeltà’. Spesso incorre anche in grane giudiziarie per aver fatto uscire informazioni riservate. E ha molte difficoltà a ritrovare lavoro: chi si sente di assumere uno “spione”? Basta vedere cos’è successo alla famosa Sherron Watkins, che ha denunciato per prima lo scandalo Enron: ha avuto un grande successo sui media ma si è giocata la carriera”.
Quali potrebbero essere le misure per aiutarli?
“Prima di tutto vanno depenalizzate questo tipo di infrazioni alla privacy, consentendo loro di far uscire delle informazioni riservate senza incorrere in sanzioni legali. A patto naturalmente che i denuncianti si rivolgano alle autorità di controllo, non ai giornali. Poi bisogna garantire il reintegro nel loro posto di lavoro, com’è successo nei giorni scorsi a un direttore finanziario, reintegrato dopo essere stato licenziato nell’ottobre 2002 per aver denunciato un caso di insider trading. Era la prima volta che un giudice usava questa nuova norma. Infine stabilendo una ricompensa a chiunque permetta di far emergere una frode finanziaria, con un compenso proporzionato alla sua entità: se l’onestà non paga bisogna aumentarne il rendimento per legge”.
E secondo lei dei provvedimenti come questi avrebbero potuto impedire il caso Parmalat?
“Certamente. Se ai dipendenti Parmalat si fosse prospettata una ricompensa, diciamo del 10% della dimensione della truffa, è probabile che avrebbero parlato prima. Non credo che i bilanci sarebbero stati contraffatti per ben quindici anni”.
Apparentemente un’idea molto semplice. Possibile che nessuno ci abbia pensato prima?
“In un Paese come l’Italia, dove nessuno è in regola e quindi tutti sono legati all’omertà degli altri, uno strumento efficace come questo fa senz’altro paura. Ma potrebbe essere un buon sistema per smuovere le acque. In fondo abbiamo compensato con la libertà anche degli assassini pur di stroncare il terrorismo, perché non si potrebbe tentare questa strada per stroncare le frodi societarie?”

Nessun commento: