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22 ottobre 2007

Enel a caccia di gas in Egitto

Il mare non è molto profondo davanti al Delta del Nilo. Per fortuna. Lì sotto, infatti, dorme una delle più vaste riserve di gas del Mediterraneo, che ha lanciato l' Egitto nel business del gas naturale liquefatto. Da quel mare attingono gli egiziani della Egas, la compagnia di Stato del Cairo, gli inglesi di BP, i francesi di Gaz de France, i malesi di Petronas e gli italiani dell' Eni. Ora vuole attingere anche l' Enel. «L' avventura egiziana non è ancora cominciata, ma siamo a buon punto con le trattative», anticipa Gianfilippo Mancini, l' uomo degli approvvigionamenti per il gigante italiano dell' elettricità, appena tornato dal Cairo. Nella prospettiva di costruire un terminale di rigassificazione a Porto Empedocle, in Sicilia, per alimentare le esauste vene dei metanodotti italiani e soprattutto le sue centrali a gas, l' Enel va a caccia di forniture di metano in tutto il Nord Africa, ma soprattutto in Egitto, balzato rapidamente al sesto posto nella classifica mondiale dei produttori di gas naturale liquefatto, con una capacità annua complessiva pari a 17,5 miliardi di metri cubi. Questo grazie a una serie continua di nuove scoperte nella zona del Delta del Nilo, che hanno eclissato i giacimenti petroliferi dell' area di Suez, ormai arrivati a una fase di maturità, con produzione in declino e riserve sostanzialmente stabili attorno ai 500 milioni di barili. Le riserve egiziane di gas, invece, sono raddoppiate negli ultimi cinque anni e la produzione è triplicata, con la costruzione di due impianti di liquefazione a Idku e Damietta, che hanno consentito di valorizzare i nuovi ritrovamenti rendendo il gas esportabile. «Gli egiziani sono stati molto bravi nella trasformazione e nella commercializzazione di queste risorse, molto più rapidi dei loro vicini», spiega Mancini, che li conosce bene. La crescita fulminea dipende dalla nuova apertura del regime di Mubarak, finalizzata ad attrarre la partecipazione di compagnie internazionali: le condizioni legali e finanziarie offerte a chi sviluppa progetti mirati all' esportazione di gas sono definite come le più vantaggiose in tutta l' area del Nord Africa e hanno fatto affluire investimenti esteri pari a 10 miliardi di dollari negli ultimi cinque anni. Così, dopo il raddoppio del terminale di Idku, adesso si prospetta un raddoppio di Damietta. È in questa prospettiva che s' inserisce la compagnia guidata da Fulvio Conti. Attingere alle riserve egiziane di metano andrebbe così ad aggiungersi alla fornitura di Gnl nigeriano già in atto, che per ora non può essere rigassificato in Italia per mancanza di terminali, ma viene dirottato sull' impianto Gaz de France di Montoir, in Bretagna, e riconsegnato all' Enel attraverso uno swap, con uno stranded cost di 150 milioni di euro l' anno. «Il contratto nigeriano è già in piedi dagli anni Novanta, quando avevamo in progetto un terminale a Brindisi e poi uno a Monfalcone, ma né l' uno né l' altro sono stati realizzati. Ora Porto Empedocle è alle battute finali del processo autorizzativo e quindi ci muoviamo per trovare il resto di gas che ci serve per alimentarlo», spiega Mancini. Con una capacità di rigassificazione da 8 miliardi di metri cubi l' anno, di cui 1,6 da lasciare liberi all' accesso di terzi e 3,5 già forniti dalla Nigeria, ne restano da trovare altri 3. Sono questi, nell' immediato, l' oggetto della trattativa con gli egiziani. Ma lo sbarco dell' Enel nell' upstream fa parte di una strategia di ben più vasta portata. Strategia incentrata soprattutto sulla Russia, primo player mondiale nella hit parade del gas, dove l' ex monopolista italiano quest' estate ha messo le mani sulle riserve di Yukos nella penisola siberiana di Yamal, messe all' asta dal Cremlino. «Le riserve di gas stimate in questa zona artica della Siberia ammontano a 5 miliardi di barili: al momento attuale ne controlliamo il 40%, il restante 60% è dell' Eni, ma nel giro di due anni entrerà Gazprom al 50%, noi scenderemo al 20 e l' Eni al 30%», precisa Mancini. Tradotto in pratica, si tratta comunque di 1 miliardo di barili equivalenti di petrolio. «Nessuna utility nostra concorrente - fa notare Mancini - possiede riserve di questa portata: neanche Gdf arriva al miliardo, Rwe e Centrica non superano i 500 milioni, EdF si ferma a 200. Solo Eon, con gli asset Ruhrgas in Russia, si muove in un ambito paragonabile. Ma noi vogliamo crescere ancora».

8 ottobre 2007

Livorno, il rigassificatore passa a E.on

Dovrebbe arrivare soltanto a metà ottobre l' annuncio ufficiale del perimetro preciso dello «spacchettamento» di Endesa Italia, dopo l' Opa di Enel e Acciona su Endesa, annunciata venerdì scorso. Ma ormai è un fatto che Enel e Asm hanno raggiunto un accordo sullla divisione degli asset di Endesa Italia tra la società bresciana e i tedeschi di E.on. In particolare, il colosso germanico subentrerà agli spagnoli nel rigassificatore di Livorno, con la nuova società Eon Italia, destinata a diventare il terzo operatore energetico italiano. Condividerà così con Iride il controllo dell' unico terminale per ora autorizzato sul territorio nazionale, oltre a quello di Edison-ExxonMobil al largo di Rovigo. «L' ingresso di E.on, che ha già sottolineato pubblicamente la strategicità di questo progetto, è un elemento di garanzia sullo sviluppo del rigassificatore e sul suo approvvigionamento, anche in considerazione del fatto che E.on è attualmente uno dei principali operatori europei nel settore del gas», sottolinea il presidente operativo di Iride, Roberto Bazzano. Il terminale sarà in grado di rigassificare 3,75 miliardi di metri cubi di gas naturale liquido all' anno, il 5% del fabbisogno nazionale. Malgrado le resistenze degli ambientalisti locali e un parere negativo del ministro dell' Ambiente, Alfonso Pecoraro Scanio, che aveva individuato sette vizi procedurali nell' autorizzazione del febbraio 2006, dopo l' ultimo consiglio dei ministri sembra che la posizione del ministro dello Sviluppo Economico, Pier Luigi Bersani, decisamente favorevole all' impianto, abbia finito per prevalere. Bersani, convinto assertore della necessità di tre-quattro terminali gas per superare la crisi di approvvigionamento del Paese, ha prodotto un parere in cui si afferma l' assoluta regolarità dell' iter autorizzativo. La società, per ora controllata da Iride e dagli spagnoli al 30,46% ciascuno (gli altri soci sono l' armatore norvegese Golar e la famiglia Belleli), ha già avviato le prime opere a terra, ma si attende l' ulteriore passaggio di proprietà per finalizzare l' accordo con Saipem, che si occuperà della realizzazione del terminale. In pratica, si tratta di riconvertire una nave metaniera, fornita dalla Golar, dotandola di un impianto di vaporizzazione, con un investimento sui 700 milioni di euro. Il terminale galleggiante, ancorato al largo di Livorno, riceverà il gas liquido dalle navi gasiere, lo riporterà allo stato gassoso e lo immetterà nella rete nazionale attraverso una condotta sottomarina. Se l' accordo con Saipem si chiuderà come previsto entro novembre, il terminale potrà entrare in funzione all' inizio del 2010. Fino ad allora, ci toccherà tirare la cinghia nei consumi di gas.