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15 ottobre 2010

Da Edoardo I a Formigoni: i divieti di bruciare biomasse senza filtri

«Fair is foul, and foul is fair: Hover through the fog and filthy air», minacciano le tre streghe in Macbeth. E già dal tono si capisce che ai tempi di Shakespeare il problema dell'aria inquinata dava parecchio da pensare ai londinesi. Non a caso il termine smog è stato coniato a Londra nel 1905, da una contrazione di smoke e fog.

Per i lombardi il problema è più recente, ma anche qui la famosa nebbia padana ha sempre avuto una componente rilevante di «fumo di Londra», in forma di particolato, emesso dalla combustione di biomasse e carbone senza filtri. Per non parlare delle caldaie a olio combustibile, oggi più diffuse e quindi più importanti nella formazione del mix micidiale che chiamano aria in Lombardia.

La Regione Lombardia cerca di risolvere il problema, vietando anche quest'anno, per la terza volta, l'accensione di stufe e camini senza filtri certificati e di caldaie a olio combustibile per scaldarsi d'inverno in tutti gli agglomerati urbani (definiti zona A1) e nei Comuni al di sotto dei 300 metri di altitudine. Il limite dei 300 metri è giustificato da un noto fenomeno termo-climatico: tutto ciò che viene immesso nell'atmosfera sotto i 300 metri non si disperde, come se ci fosse una sorta di tappo che non consente il ricambio d'aria.

Ma il divieto regionale, che scatta venerdì 15 ottobre e resta in vigore fino al 15 aprile, è del tutto teorico, dato che non esiste un censimento dei camini fuori norma. La Regione intende avviare a breve un censimento, per registrarli al catasto regionale degli impianti termici e arrivare, in futuro, a una certificazione di questo tipo di impianti come avviene oggi per le caldaie a gas. Ma sarà una battaglia lunga: nemmeno quella contro le caldaie a olio combustibile è stata ancora vinta.

Nel frattempo, i lombardi continuano allegramente ad accendere stufe e caminetti senza rendersi conto di quanto sia pericoloso quello che buttano fuori (e dentro casa). La combustione di biomasse senza controllo, e quindi senza postcombustione, con bassa temperatura dei fumi e senza filtri al camino, emette quantità enormi di polveri, diossine e furani. Non a caso, è una delle principali cause di morte nei Paesi in via di sviluppo, dov'è usata comunemente anche per la cottura dei cibi. Tanto è vero che la legge italiana, così permissiva con i privati, è invece molto rigorosa con le imprese che bruciano biomasse e le obbliga a utilizzare sistemi sofisticatissimi di depurazione, simili a quelli dei termovalorizzatori.

Divieti simili a quello lombardo, ma presi molto più sul serio, esistono in tutto il Centro e Nord Europa, da almeno cinquant'anni e, in particolare, nel Regno Unito dal 1956, quattro anni dopo la terribile strage di Londra del dicembre 1952, quando ben 12mila morti furono attribuiti ai fumi delle stufe. In quei drammatici primi giorni di dicembre, che i londinesi ricordano come «The Great Smog», una forte inversione termica creò una cappa letale formata principalmente da particolato e biossido di zolfo sulla città: si stima che i valori di PM10 tra il 5 e il 10 dicembre si aggirasse sui 5000 microgrammi per metro cubo.

Per fare un confronto, i valori di punta raggiunti a Milano non vanno oltre i 400 microgrammi. Le cronache del tempo riportano che in alcune zone di Londra fosse impossibile vedersi i piedi, sia fuori che dentro casa. Una rappresentazione teatrale de «La Traviata» venne sospesa, per l'impossibilità di vedere il palco. Le autorità sconsigliarono in alcuni quartieri di far andare i figli a scuola da soli, per paura che si perdessero e gli autobus andavano letteralmente a passo d'uomo: il bigliettaio li precedeva a piedi per evitare gli incidenti e gli investimenti dei pedoni. La mattina del 6 dicembre l'aria era completamente irrespirabile e la gente accusava malori di ogni tipo. La mortalità salì in città a 900 decessi giornalieri, contro i normali 270 e continuò così fino ai primi giorni di gennaio.

Quella del 1952 non fu la prima strage da inquinamento e non sarà nemmeno l'ultima: è solo la meglio documentata. Episodi paragonabili a questo si ripetono dal lontano 1200: il primo editto contro la combustione del carbone a Londra fu emesso da Edoardo I nel 1272. Riccardo III (1377-1399) e Enrico V (1413-1422) fecero del loro meglio per limitare i danni. Invano. Roberto Formigoni sembra sulla buona strada per l'iscrizione allo stesso club.


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