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24 febbraio 2011

La verità sugli incentivi: le rinnovabili pesano meno della metà

La polemica sugli incentivi al fotovoltaico divampa grazie all'autogol della legge salva-Alcoa (vedi post precedente), ma la verità - come dice giustamente il senatore Francesco Ferrante in un intervento sul sito QualEnergia - è che "nel nostro Paese i costi più gravosi sulle bollette energetiche non sono certo quelli dovuti alle rinnovabili". Gli incentivi per le fonti rinnovabili pesano infatti per meno della metà del totale degli oneri di sistema: "nel 2010 circa 2,7 miliardi su un totale di oltre 5,8 miliardi di euro ".

Oneri-bolletta_totale


Dalla torta qui sopra si vedono gli oneri in bolletta pagati dagli utenti nel 2010. Semplificando, si deduce che su 5,8 miliardi di euro complessivi, sborsati dagli utenti elettrici attraverso le varie voci che compongono la bolletta (individuate dalle sigle in parentesi), abbiamo speso:
- 2,7 miliardi per incentivare le fonti rinnovabili,
- 1,2 miliardi per incentivare le fonti fossili beneficiate dalla frazione "assimilate" del CIP6,
- 968 milioni di Iva (più volte denunciata dall'Authority come illegittima),
- 355 milioni di agevolazioni tariffarie per le Ferrovie,
- 285 milioni di oneri nucleari,
- 230 milioni di elargizioni varie, che non c'entrano con le fonti rinnovabili.

Per il passato, quindi, i detrattori degli incentivi alle fonti rinnovabili possono starsene tranquilli: non si sono certo svenati per l'energia verde, ma molto di più per le fonti fossili: negli ultimi dieci anni, il famigerato CIP6 ci è costato complessivamente 23 miliardi, finiti quasi tutti nelle tasche dei grandi baroni del petrolio.

Resta da chiedersi che cosa ci riserva il futuro, visto che incentivare 7 megawatt di fotovoltaico peserà sulla bolletta complessivamente 3 miliardi, da quando questi impianti cominceranno a funzionare.

Ma la prima cosa da fare, è rimettere ordine negli altri sussidi, spostandoli nella fiscalità generale.

 


7 commenti:

Giuseppe Artizzu ha detto...

7GW di fotovoltaico, ovvero:
– Una fornitura “garantita” di circa 8.500.000.000 di kWh annui per almeno 25 anni
– Oltre il 2,5% del fabbisogno nazionale annuo di elettricità
– Una volta e mezzo l’incremento totale dei consumi elettrici nel 2010
– L’equivalente di una centrale nucleare di oltre 1.000MW, senza combustibile né scorie
– Un risparmio annuo di 1,7 miliardi di metri cubi di gas, ossia il 18% delle importazioni dalla Libia o il 7% di quelle dall'Algeria
– L’equivalente di un giacimento di gas pari ad oltre il 50% delle riserve nazionali stimate.
Il costo? Alto, oltre 3 miliardi di euro l’anno (0,2% del PIL). C'è spazio per ridurre gli incentivi? Sicuramente, e va fatto al più presto. Tuttavia, per onestà intellettuale, non si può “dimenticare” che:
– 8,5TWh autoconsumati o immessi in rete, invariabilmente in ora di picco, non potranno non avere un forte effetto calmierante sui prezzi all’ingrosso dell’elettricità, che mitigherebbe in misura significativa l’onere netto in bolletta;
– L’incentivo, già previsto in misura fortemente decrescente nel terzo conto energia, è fissato in termini nominali. Pur in scenari inflattivi benigni, l’impatto reale andrà gradualmente a ridursi;
– Nei prossimi anni il costo dell’energia salirà in ogni caso, e molto: meglio
guidarlo, piuttosto che subire uno shock esterno dopo l’altro. Per chi ha memoria corta, l’impennata del prezzo del petrolio nel 2008 determinò, in un anno, una crescita della “fattura energetica” nazionale dello 0,8% del PIL; dal 2010 siamo sullo stesso pericoloso sentiero, dopo la pausa del 2009 per effetto della crisi finanziaria. E la “fattura energetica” è un trasferimento netto di ricchezza ai paesi esportatori di idrocarburi; il sostegno alle fonti rinnovabili è, per una parte significativa, una redistribuzione di risorse interna all’economia nazionale.
Sono un imprenditore nel settore, per cui il mio punto di vista non è disinteressato, ma impostare il dibattito sulle fonti rinnovabili in termini di aggravio di costo rispetto a quello CORRENTE delle fonti fossili mi sembra l'ennesimo fallimento di una classe dirigente che misura il futuro in mesi invece che in generazioni.

elena comelli ha detto...

Giuseppe, lei ha senz'altro ragione, in termini generali. Ma in relazione all'oggi, non c'è dubbio che la legge salva-Alcoa sia stata un autogol: portare di colpo l'aggravio a 3 miliardi, per di più rischiando una marea di truffe, non giova all'immagine del settore. Se ci si fosse accontentati di rientrare nel secondo conto energia, che resta abbastanza favorevole, invece di spingere per infilarsi tutti nel primo, sarebbe stato meglio per voi e per il Paese.

Giuseppe Artizzu ha detto...

Concordo pienamente sul fatto che il salva Alcoa sia stato un clamoroso errore (come in generale tutte le proroghe a scadenze fissate con congruo anticipo). Spero dalle mie considerazioni non si evincesse il contrario.

paolo mazzanti ha detto...

Il vecchio (Terzo Conto Energia) e le previsioni dell'Agenzia per l'energia ed il gas di costo di incentivazione delle rinnovabili FV (su base 6500mWatt nel 2011, pari a 7,0 teraWatth/anno per installazioni su tetti del centro nord ed un incentivo medio di 0,35 Euro/kWatt/h) si ricava un costo al consumatore di 2,45 mld nel 2011. Da questo occorre togliere il costo di mancata produzione pari a 70 Euro/megaWatth/a ed in parte quello di distribuzione (il fotovoltaico viene "consumato" in gran parte localmente), cioè circa 30 Euro/mega Watt/h. Il costo finale si riduce a 1,75 mld. Su una bolletta media per famiglia è un aumento di 1,3 Euro/mese, mentre il costo dei carburanti, tenuto alto da due speculazioni, quella sul petrolio, ma soprattutto quella sulle accise e tasse statali è enormemente superiore.

elena comelli ha detto...

Renzo, non si tratta di smantellare nulla: il sistema di generazione elettrica attuale è commisurato alle esigenze presenti e anzi ha bisogno di crescere per adeguarsi alla domanda futura. Negli ultimi dieci anni in Italia si sono costruite solo centrali a gas. Sarebbe ora di fermarsi, viste anche le difficoltà di approvvigionamento. A questo fine, tutte le alternative ai combustibili fossili vanno bene. Il fotovoltaico ha i suoi difetti, in particolare la scarsa efficienza e la totale imprevedibilità. Ma anche il nucleare ha i suoi: costi alti iniziali e incertezza sullo smaltimento delle scorie. Per queste ragioni non ha molti fan in giro per il mondo e cresce poco: negli anni Settanta la capacità nucleare installata a livello globale è cresciuta del 750%, negli anni Ottanta del 140%, negli anni Novanta solo dell'8% e nei 2000 ancora di meno. Ora si sta riprendendo, soprattutto grazie al programma cinese, ma non in alternativa alle fonti rinnovabili, in aggiunta. Le due tecnologie possono tranquillamente convivere, una per il baseload, le altre per i picchi e la generazione distribuita. Se d'ora in poi la capacità di generazione elettrica crescesse solo con queste due tecnologie, saremmo appena in tempo per fermare il riscaldamento del clima. Purtroppo non è così e in Cina si continua a costruire anche una centrale a carbone alla settimana. E' quello l'avversario da battere, non i pannelli solari.

paolo mazzanti ha detto...

Il terribile disastro del Giappone ci insegna che non c'è quella tanto sbandierata sicurezza sulle centrali nucleari. Inoltre l'Italia ha potenza disponibile doppia di quella che gli occorre. Possiamo pensare ad un futuro, anche non lontano in cui saranno realizzabili impianti ad energie rinnovabili, meno costosi, più efficienti e molto più potenti.
Chi non è d'accordo si studi il progetto "Desertec" (ce ne sono tanti altri di esempi).

Giuseppe Artizzu ha detto...

@renzo
Non bisogna confondere sicurezza degli approvvigionamenti e sicurezza di dispacciamento.
La prima ha a che fare con la disponibilità di fonti di energia primaria (petrolio, gas, solare, ecc.) sufficienti a coprire il fabbisogno energetico (elettrico, termico, illuminazione...) in un determinato periodo di tempo.
La sicurezza di dispacciamento è data dalla disponibilità di impianti di generazione programmabili in grado di assicurare la copertura istante per istante del fabbisogno elettrico (più un margine di riserva).
Il fotovoltaico ha potenzialità ENORMI in termini di contributo alla sicurezza degli approvvigionamenti: per quanto sembri incredibile, la producibilità attesa su 25 anni dei 6-7GW di FV installato in Italia nel 2010 (se i numeri GSE sono veri) è maggiore in termini di energia primaria di quanto abbia aggiunto Eni al suo portafoglio di ricerve "certe", in tutto il mondo.
Il fotovoltaico, in quanto fonte non programmabile, non contribusice alla sicurezza di dispacciamento. Le necessità in termini di base installata di impianti termoelettrici e idroelettrici a bacino rimane immutata. Vengono però utilizzati di meno, in quanto ogni volta che c'è il sole (o tira vento) questa produzione si netta dal fabbisogno lordo da coprirsi con fonti programmabili. L'intermittenza della fonte solare è peraltro estremamente prevedibile in sede di programmazione ex ante del sistema elettrico da parte di Terna: il fabbisogno elettrico è volatile e intermittente a sua volta, per cui dal punto di vista del gestore di rete non c'è particolare differenza fra gestione della volatilità del fabbisogno "lordo" o "netto delle rinnovabili". A farla breve, il solare riduce le necessità di combustibile, non di impianti convenzionali installati.
E' proprio l'anomala incidenza di gas e idro nel portafoglio di generazione italiano, uno dei più flessibili al mondo, che permetterebbe di "accogliere" un volume di fonti intermittenti altissimo. Parlare di sostituzione è sbagliato: le fonti intermittenti (inesauribili) consentono di riservare le fonti fossili (scarse) per quegli usi per cui sono indispensabili, invece che bruciarle quando non è necessario.
E' mia opinione personale per la nostra sicurezza energetica dipenderemo sempre di più dalle fonti rinnovabili intermittenti, piaccia o non piaccia, e questo costerà caro. La domanda è: incentiviamo oggi in modo razionale un accumulo sostanzioso di capacità o aspettiamo che i prezzi dei combustibili fossili salgano al punto da renderle competitive? La scelta di incentivare la rinnovabili ha una valenza "assicurativa", in quanto in grado di mitigare l'impatto degli shock sul mercato degli idrocarburi.
Basti una considerazione: se malauguratamente i sommovimenti in nord Africa colpissero in modo sostanziale il flusso di gas che arriva in Italia dall'Algeria via Tunisia, il prossimo inverno razionamenti del gas sarebbero inevitabili. In tale scenario, visto che il riscaldamento domestico avrebbe la precedenza sull'uso termoelettrico del gas, abbiamo idea di cosa succederebbe al prezzo dell'elettricità? A quel punto forse si capirebbe a cosa servono gli incentivi alla rinnovabili...