La parola d'ordine è: batterie. Non quelle per l'auto, ma molto più grandi, da inserire negli snodi della rete su cui insistono gli impianti eolici o fotovoltaici, che con la loro intermittenza rischiano di mettere ko il sistema elettrico dei Paesi in cui stanno crescendo di più, come l'Italia. La corsa ai sistemi di accumulo, che consentono di stoccare l'energia prodotta in eccesso e poi rilasciarla nei momenti di picco, quando costa di più e dà più soddisfazioni al produtore, si è aperta anche da noi. Ed è subito rissa.

Nella logica dell'utilizzo dell'energia da fonti rinnovabili vicino a dov'è stata prodotta, infatti, l'Authority per l'Energia ha appena promosso otto progetti pilota per sperimentare sistemi di gestione intelligente delle reti di distribuzione locali dell'energia, in cui Enea, A2A, Acea e altre società di distribuzione useranno anche sistemi di accumulo molto avanzati, come le grandi batterie agli ioni di litio installate dall'Enel nel progetto di Isernia, che dovranno stoccare l'elettricità prodotta dai campi eolici e fotovoltaici circostanti in una cabina primaria, dove finisce la rete di trasmissione di Terna e comincia quella di distribuzione, dell'Enel.
D'altra parte le associazioni dei produttori, da Assoelettrica a Federutility, sono convinti che i sistemi di accumulo invece siano un sistema di produzione come un altro e quindi siano affar loro, che finora se ne sono occupati sfruttando la capacità di stoccaggio dei grandi bacini idroelettrici. Soprattutto, chiedono maggiore prudenza sulle procedure e maggiore trasparenza sui costi. Terna non si dà per vinta e lancia il bando, proprio mentre escono le direttive sulla nuova composizione delle tariffe dell'Autorità per l'Energia, che prevedono una maggiorazione del 2% sul tasso di remunerazione dell'investimento per i progetti pilota su questo tipo di accumuli. Appena uscito il documento, che invece limita al 7,2% il tasso di remunerazione degli investimenti per le attività di trasmissione dell'energia, le azioni di Terna sono precipitate in Borsa del 6%. Cattaneo, che chiedeva di alzare la remunerazione all'8% dal 6,9% attuale, ora minaccia di non poter portare a termine gli investimenti nella rete previsti dal piano strategico. Nella guerra in corso fra Terna e le società di produzione, così, s'inserisce l'Authority. Basta che alla fine non ci rimetta la rete.
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