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9 maggio 2004

Burton Malkiel

Chi gioca a fare il prossimo Warren Buffett, non vada a chiedere consigli a Burton Malkiel, docente di Economia a Princeton e grande fautore dei fondi indicizzati. In una delle sue molte frasi celebri, Malkiel ha sostenuto che uno scimpanzé bendato potrebbe selezionare un portafoglio tirando freccette sulle pagine finanziarie di un quotidiano molto meglio di un qualsiasi esperto. E che il segreto di un buon investimento, soprattutto in periodi di rendimenti modesti come questo, sta nel contenimento dei costi, non nella scelta dei titoli.
Ma se il mercato ha sempre ragione, come lei teorizza, allora come si spiegano le bolle? E come si fa a batterle?
“Bella domanda. Ammetto che il mercato non ha sempre ragione, ma sul lungo periodo non vedo nessuno che sia stato capace di trovare i titoli giusti per batterlo, nemmeno gli hedge funds. I gestori che sono riusciti a battere il mercato nel ’98-’99 poi sono andati lunghi distesi nel 2000-2002 e viceversa. Dalle mie ricerche emerge chiaramente che chi fa bene in un periodo non è mai lo stesso che fa bene nel periodo successivo: i migliori fondi degli anni Sessanta sono andati male nei Settanta e i più bravi degli Ottanta erano allo sbando nei Novanta. Perciò il mio consiglio resta sempre uguale: piuttosto che cercare un ago nel pagliaio, comperate il pagliaio”.
Un consiglio interessato da parte di uno che sta nel consiglio d’amministrazione del gruppo Vanguard, uno dei più noti fondi indicizzati del mondo?
“Guardi, io ho cominciato a dire che bisognava comperare il pagliaio nel ’73, quando i fondi indicizzati non esistevano nemmeno, con la prima edizione del mio libro A Random Walk Down Wall Street. Semmai sono loro che hanno preso spunto da me, non viceversa”.
E da trent’anni ripete sempre lo stesso consiglio?
“In un certo senso sì, anche se ho continuato modificare il libro, che l’anno scorso è arrivato all’ottava edizione, perché gli strumenti cambiano e gli investitori hanno bisogno di indicazioni concrete”.
Con un milione di copie vendute, ormai avrebbero dovuto capirla. Eppure oggi esistono più fondi comuni a gestione attiva che titoli a Wall Street…
“Già, sembra incredibile. E nell’ultima edizione del mio libro mi sono divertito a esaminare dettagliatamente i loro rendimenti e a paragonarli con quelli dei fondi indicizzati. Il risultato non lascia spazio ad alcun dubbio. Nell’ultimo decennio, ad esempio, il Vanguard Total Stock Market Index Fund, che rappresenta il più fedelmente possibile il mercato americano, ha battuto del 41% il fondo Magellan di Fidelity, uno dei più noti fondi a gestione attiva. Per di più ha imposto commissioni molto più basse. E in una prospettiva di rendimenti modesti come quella in cui ci troviamo, ridurre i costi diventa essenziale”.
Secondo lei si va verso rendimenti molto più modesti dell’ultimo decennio?
“Sì. Dall’82 al 2000, gli investitori hanno goduto di rendimenti medi annuali del 18%. Se calcoliamo il rendimento medio dal ’26 ad oggi, si va sul 10% abbondante. Da oggi in poi, secondo me, non supereremo l’8%. Sempre il doppio dei buoni del Tesoro, comunque…”
Come si arriva a questa previsione?
“Molto semplice. Si tratta di una formula ben collaudata, che somma il tasso di rendimento del mercato (oggi un 2% scarso) e il tasso di crescita degli utili aziendali sul lungo periodo, che si avvicina al 6%. Mettendoli assieme si ottiene un 8% scarso ed è quello che gli investitori intascheranno secondo me, in media, nel prossimo decennio. Facendo lo stesso calcolo dal ’26 ad oggi, da qualunque momento si parta il risultato si avvicina moltissimo al rendimento effettivo ottenuto dagli investitori”.
Gli investitori che scommetteranno sul mercato…
“Chiaro”.
Ma nel suo libero lei non esclude completamente l’idea di puntare su qualche singolo titolo…
“Cosa vuole, dire a un investitore che deve assolutamente evitare di scommetere su singoli titoli è come dire a un bambino che Babbo Natale non esiste”.
Quali sono i suoi consigli per non fare troppi guai?
“Le regole fondamentali sono quattro: comprare solo azioni di aziende in grado di sostenere una crescita media al di sopra della media, tipo Microsoft o Pfizer; non comprare mai titoli che presentino un rapporto prezzo/utili molto superiore alla media, che oggi si aggira sul 20; scegliere aziende con una bella storia da raccontare, su cui gli investitori potrebbero costruire qualche castello in aria; cambiare pochissimo. Anche qui, sono convinto che per avere rendimenti alti bisogna avere spese basse”.
Lei in cosa investe?
“Il grosso è in fondi indicizzati, anche per l’obbligazionario (uso il Lehman Aggregate Bond Index Fund). Ma mi piace puntare su qualche singolo titolo. Altrimenti mi annoio”.

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