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24 maggio 2004

Jim Rogers

Jim Rogers è l’uomo dei record: due volte nel Guinness dei primati per aver fatto il giro del mondo in moto e in fuoristrada, ha fondato Quantum insieme a George Soros nel ’73 mettendo poi a segno con la sua gestione un rendimento del 4.000 per cento fino alla fine degli anni Settanta (nello stesso periodo l’S&P 500 era cresciuto meno del 50%). Dopo quell’esperienza Rogers ha abbandonato gli investimenti di corto respiro per dedicarsi ad altre storie, con prospettive di maggiore ampiezza. Ad esempio le materie prime, su cui ha lanciato un indice e poi, nel ’98, un fondo di cui è appena partita la versione denominata in euro (Diapason Rogers Commodity Index Fund). Segno che il naso è sempre quello di una volta, visto il boom vissuto dalle materie prime negli ultimi anni: dal ’98 a oggi, il fondo è cresciuto del 156%.
Cinicamente, viene da pensare che dopo una performance del genere, il futuro potrebbe riservare qualche delusione a chi investe oggi in questo campo…
“A mio avviso le materie prime sono ancora il migliore investimento per molti anni a venire. Nel lungo periodo di crisi degli anni Ottanta e Novanta, nessuno ha investito in nuova capacità di produzione. Così l’offerta è caduta mentre la domanda continuava a progredire. Le riserve si sono esaurite. Questo significa che il Toro è destinato a regnare sulle commodities ancora per molti anni, fino a riequilibrare la domanda con l’offerta. In generale i cicli delle materie prime durano una ventina d’anni: cinque anni in questo campo è un lasso di tempo molto breve”.
Quindi lei non è molto ottimista su una ripresa stabile dell’economia e dei mercati…
“La ripresa economica è reale negli Stati Uniti e in gran parte del mondo, perché i banchieri americani, giapponesi e cinesi emettono un’enorme montagna di denaro. Ma dopo le elezioni di novembre sospetto che negli Usa ci sarà un rallentamento nel 2005 e 2006 perché gli americani non possono continuare a emettere tutto questo denaro senza danneggiare il dollaro. Detto questo, ci sono Paesi che anche a lungo termine andranno molto bene: il Canada, l’Australia, la Nuova Zelanda, la Cina, l’Indonesia, il Brasile…
E l’Europa?
“In Europa avete un problema demografico molto serio e dei costi sociali schiaccianti. Questo costituisce un appesantimento persistente dell’economia europea. Penso che sia meglio mettere i propri soldi nelle economie legate alle risorse naturali e con una popolazione giovane”.
E i mercati azionari, perché sono così ondivaghi in questo periodo?
“In generale non ho una buona opinione dei mercati azionari, perché le azioni sono molto care nel mondo intero. Ci avviamo verso un periodo simile a quello tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio degli anni Ottanta. A mio avviso i mercati stanno entrando in uno di quei periodi di fluttuazione che non vanno a parare da nessuna parte. E’ stupido comprare delle azioni che hanno già superato un valore di venti volte gli utili e pensare di diventare ricchi così. Non è mai accaduto nella storia”.
Eppure c’è un vasto consenso fra gli analisti sul fatto che Wall Street continuerà ad avanzare fino alle elezioni…
“Non ragiono mai in termini così ravvicinati. Certo è che il 2005 e il 2006 saranno due brutte annate per gli Stati Uniti. E già quest’anno Wall Street rischia di chiudere sotto i valori attuali. Secondo me la gente comincerà a vendere prima delle elezioni”.
Lei in che cosa investe?
“La maggior parte dei miei investimenti sono nei Paesi che beneficeranno del boom delle materie prime, ad esempio in Cina. Credo molto nella progressiva emancipazione delle donne asiatiche e quindi sono favorevole alle imprese che ne beneficeranno, come i produttori di pillole contraccettive o di cosmetici. In Europa, sono interessanti le banche di piccole dimensioni e il comparto della difesa, in previsione di un processo di consolidamento nei due settori. Ma in generale sui mercati azionari sono un venditore, non un compratore. Sul mercato americano sto vendendo le azioni delle grandi banche e delle imprese legate al boom immobiliare, come Fannie Mae (ha il bilancio più indebitato d’America). Quella immobiliare è una bolla destinata a scoppiare presto”.
Non teme un rallentamento dell’economia cinese?
“Anche se l’economia cinese dovesse subire una battuta d’arresto, sul lungo termine è una scommessa sicura”.
Ma sul lungo termine, come diceva Keynes, saremo tutti morti. Bisognerà pur vendere a un certo punto per monetizzare l’investimento…
“Vendere? Non sono un bravo trader. Probabilmente sono il peggiore trader che si sia mai visto sul mercato. Se fosse per me, terrei sempre tutto all’infinito. Prima di tutto se non si vende non si è costretti a pagarci sopra le tasse. E poi per decidere di vendere bisogna seguire gli investimenti passo passo. Io invece cerco delle belle storie con prospettive di lunghissimo termine, le compro e poi non ci penso più. Prendiamo il Botswana: è un Paese che ho comprato a mani basse nell’81 e non ho mai più venduto. Certo se venisse eletto un cattivo governo o le risorse naturali si esaurissero bisognerebbe vendere. Ma finora non è successo”.
Così ha più tempo per girare il mondo…
“Già. Comodo no?”

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