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1 febbraio 2008

Joseph Bower

Citigroup e Merrill Lynch sono gli ultimi esempi di successioni al vertice finite male. Chuck Prince e Stan O' Neal, incoronati da poco alla guida delle due principali istituzioni finanziarie americane, sono finiti entrambi impallinati dalla crisi dei mutui a fine anno, ingenerando il caos nella linea ereditaria del comando. Nessuna delle due banche era preparata a questa evenienza, «non avevano un piano, così come non ce l' ha il 60% delle società quotate a Wall Street», commenta Joseph Bower, esperto di strategia aziendale della Harvard Business School e autore di una serie di classici sull' argomento. Nel suo ultimo libro ("The Ceo Within", HBS Press), pubblicato in novembre, Bower si cimenta con il problema della leadership e sostiene che il miglior successore a capo di un' azienda, tranne rare eccezioni, viene immancabilmente dall' interno. Un' indicazione da tenere a mente nelle nomine di primavera ai vertici delle aziende italiane di Stato.
Perché è così?
«Semplicemente perché la preparazione di una valida squadra dirigente, da cui al momento buono uscirà l' erede al trono, fa parte integrante del ruolo di capo azienda e non può essere in alcun modo considerata solo nella fase finale del mandato. In pratica, un buon leader ha tre compiti fondamentali: capire dove va il mondo, identificare qual è il talento della sua impresa e utilizzare al meglio quel talento per creare valore. Pianificare la successione rientra a pieno titolo nel lavoro necessario per svolgere correttamente tutti e tre i compiti».
Lei indica il candidato ideale come un "inside outsider", un outsider che viene dall' interno. Che cosa intende?
«Si tratta di persone interne all' azienda che però sono riuscite in qualche modo a mantenere uno sguardo abbastanza distaccato dalle tradizioni aziendali da avere l' oggettività di un esterno. La distanza è necessaria, perché un buon Ceo deve guardare all' azienda che deve guidare come se l' avesse appena comperata». Qualche esempio? «Jeff Immelt, capo di General Electric, è un tipico inside outsider. Viene dalla divisione medica di GE, un settore con una cultura tutta sua. Steve Ballmer, successore di Bill Gates in Microsoft, rientra in questa categoria: ha cominciato a lavorare alla Procter & Gamble».
Tutti Ceo di grande successo. Ma ci sarà anche qualche esterno che ce la fa...
«Un buon esempio è Francesco Caio alla Merloni Elettrodomestici. Vittorio Merloni lo chiamò perché voleva dare una sterzata e far cambiare direzione all' azienda. Ed ebbe successo. In questo caso la scelta di un esterno è ragionevole. Chiamare un esterno se c' è una crisi di performance, invece, è un errore tipico delle grandi multinazionali».
Lei vuol dire che John Thain non sarà un buon leader per Merrill Lynch?
«Non dico questo. John Thain ha accumulato un' enorme esperienza a capo di Goldman Sachs ed è certamente un bravo banchiere. Ma possibile che una banca con oltre 50 mila dipendenti non possa trovare il suo massimo dirigente al proprio interno?»
Dopo una perdita di 8 miliardi...
«E' proprio quello il momento di ricorrere alle forze interne, per ritrovare l' identità perduta. Invece il ricorso agli esterni cresce nel mondo. E non è un buon segno. Segno che la successione viene considerata un evento, mentre è un processo».

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