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8 febbraio 2008

Michael Hammer

Ristrutturare non basta. In quest' epoca di fusioni e acquisizioni, di globalizzazione galoppante, di competizione sempre più serrata, Michael Hammer, il re dell' efficienza, chiede alle aziende di mettersi dalla parte del cliente. E di reimpostare i processi produttivi ripensando al proprio ruolo come fornitori di soluzioni, più che di prodotti o di servizi. Un concetto che risuona lungo tutta la sua carriera di "rivoluzionario del management", ma che oggi torna con prepotenza d' attualità.
Negli ultimi vent' anni tutte le grandi corporation sono passate attraverso il suo metodo di efficientamento dei processi produttivi. Serve ancora?
«Mi piacerebbe dire che non serve più, ma in realtà il mondo della produzione continua a ospitare gravi sacche d' inefficienza. Prova ne sia la forte resistenza, ad esempio, nei confronti di ogni forma di misurazione della performance. Ad oggi, non sono ancora riuscito a insegnare alle aziende come devono misurare le proprie prestazioni (e come non devono)».
Ma come, se le scale di misurazione proliferano a tutti i livelli...
«E' solo apparenza: la maggior parte delle scale servono ai manager dei singoli dipartimenti per farsi belli nei confronti degli altri, ma non riescono a fotografare la performance di ogni settore nel contesto complessivo del business».
Perché?
«Ma semplicemente perché nessuno ha piacere di farsi misurare. E quindi i manager tendono a tagliare su misura i sistemi di misurazione per dare risultati falsati. Non peccano soltanto di narcisismo, ma anche di provincialismo, misurando solo la propria area di business, e soprattutto di frivolezza, trasmettendo ai propri sottoposti la sensazione che la misurazione non vada presa sul serio, perché tanto non serve di bel principio. E' difficilissimo, in queste condizioni, far passare una misurazione seria».
Dalla pubblicazione nel ' 90 del suo famoso articolo sulla Harvard Business Review a oggi c' è stata l' ondata dell' informatizzazione che ha cambiato il modo di funzionare delle aziende. Non ha aiutato?
«Sono stati fatti enormi passi avanti. Ma non bastano. Se l' organizzazione di base non è efficiente, l' informatica non aiuta. Il problema di fondo resta sempre riuscire a mettere in collegamento fra di loro le singole unità produttive in modo da ottenere quella continuità necessaria per consumare solo le risorse strettamente necessarie al risultato. A questo fine sono convinto che la soluzione migliore sia individuare un singolo referente per ogni processo, che ne segua trasversalmente l' evoluzione dall' inizio alla fine».
Un responsabile di processo...
«Esattamente. Credo che se tutte le aziende fossero capaci di creare questo tipo di figure, darebbero una spinta enorme all' efficienza produttiva. Purtroppo i manager delle singole unità di solito resistono, perché non vogliono condividere il potere con un operatore esterno. Ma i risultati dei miei clienti che sono riusciti ad affermare questo principio, da Shell a Siemens, da Tetra Pak a Zara, parlano chiaro».

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