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16 giugno 2008

Attenti a non farvi travolgere da un omino con un Gps

Cosa possono avere in comune un laghetto nei boschi della Val Venosta, un assolato campiello sull'isola di Murano e il parco del Monte Conero? Quasi nulla, tranne il fatto che in tutti e tre questi luoghi è nascosto un tesoro. Comincia così a diffondersi anche in Italia la nuova moda del geocaching, un gioco tecnologico che unisce lo spirito smanettone con le aspirazioni naturalistiche degli orfani della net economy. Niente paura, quindi, se durante una scampagnata domenicale ci si para davanti all'improvviso dal sottobosco un omino con in mano un apparecchio che lancia segnali acustici intermittenti, balza sull'albero più vicino e cerca di arrampicarcisi sopra. Lo sconosciuto distrubatore, che dopo un rapido saluto si dileguerà a precipizio con gli occhi incollati allo schermo dell'aggeggio, probabilmente è stato colpito dalla nuova mania, proveniente dal Nord America, che ormai dilaga in tutto il mondo, per la precisione in ben 165 Paesi, compresa l'Italia. Da quando l'amministrazione Usa ha aperto anche ai civili l'utilizzo dei satelliti militari Gps (Global Positioning System), il pianeta si è a poco a poco trasformato nel teatro di un'immensa caccia al tesoro, che ha mosso i suoi primi passi dalle parti di Seattle, nel Nord-Ovest degli Stati Uniti, per iniziativa di un gruppetto di amici. Sono loro - Jeremy Irish, Elias Alvord e Bryan Roth - che oggi dirigono il traffico dei giocatori dal sito www.geocaching.com, una specie di centrale dell'immenso movimento nato spontaneamente e in maniera del tutto inattesa da quel primo nucleo. "Quando ho avviato il sito non avrei mai immaginato che il geocaching sarebbe diventato coì popolare", spiega Irish, un programmatore e web designer di Seattle. "In realtà - ricorda - il primo ad avere l'idea è stato Mike Teague, di Portland, in Oregon. Ma allora il sito non esisteva e i geocacher si parlavano attraverso un newsgroup chiamato sci.geo.satellite-nav”. C'è però chi sostiene che il primo geocacher fosse un finlandese, Nuuksion Metsäsissit: come in tutte le saghe di successo, ci vuole anche un mitologico primogenitore. Ma in pratica è stata la creazione del sito, che ha dato il via alla fase di grande diffusione. “Ora – precisa Irish - abbiamo migliaia di iscritti attivi, con circa mezzo milione di tesori nascosti in tutto il mondo. Ma il movimento è più vasto, perché molti appassionati di geocaching lo praticano senza iscriversi". Il gioco è molto semplice: il primo passo è nascondere un tesoro, di solito un contenitore di plastica tipo Tupperware ben chiuso, con dentro chincaglieria di poco valore e un "diario di bordo", dove gli scopritori devono annotare i propri dati. Il nascondiglio va poi registrato nel sito, dando le coordinate geografiche esatte della sua posizione. E già dopo poche ore fioccano i primi geocacher, armati di un terminale Gps di cui esistono ormai in commercio i modelli più diversi, con o senza bussola e altimetro elettronici incorporati, con o senza cartografia, usati soprattutto per la nautica da diporto, il trekking o il volo. L'apparecchio, delle dimensioni di un palmare (alcuni cellulari ce l'hanno già incorporato), è in grado di portare i geocacher a pochi metri di distanza dall'oggetto del desiderio, che poi va trovato utilizzando la descrizione, di solito molto precisa, registrata nel sito. Una volta scovato, il contenitore va lasciato dov'era e certamente non svuotato completamente del suo contenuto, ma semmai arricchito di qualche altro oggettino dopo aver intascato un ricordo ed essersi registrati nel diario, magari scrivendo una frase di commento per i prossimi visitatori. Astenersi vandali. Qualsiasi nascondiglio va bene, da un albero cavo a una rovina romana, in Italia sono stati utilizzati anche il Colosseo e la torre di Pisa, ma c'è invece chi si spinge in luoghi davvero sorprendenti e spesso quasi inaccessibili, da un'oasi nel deserto del Sahara a un bosco di betulle in Lapponia, da un relitto sommerso ai Caraibi, al largo di Bimini, fino ai ghiacci dell'Antartide. I tesori nascosti, chiamati "cache", sono ormai quasi in tutto il mondo, compresa la Cina, la Bolivia e l'Albania (c'è anche il Kuwait, ma non l'Iraq). Le migliaia di appassionati, tra cui primeggiano naturalmente americani ed europei tecnologicamente avanzati, spesso scelgono la destinazione delle proprie vacanze proprio in funzione della "densità di tesori" reperibili in loco. In Europa, i Paesi più contagiati sono la Gran Bretagna e la Germania, dove l'amore viscerale per la natura si accompagna a un'antica passione per la tecnologia. Ma anche in Olanda e nei Paesi scandinavi la mania dilaga a macchia d'olio. Da qui, oltre che dal Nord America, vengono i cacciatori più incalliti, quelli che collezionano tesori a ritmo da Guinness dei primati. Da qui hanno cominciato a diffondersi le varianti più sofisticate del gioco, che includono ricerche a tappe, con diversi luoghi da visitare e indovinelli da risolvere prima di trovare l'amata scatoletta, oppure tesori viaggianti (detti travelbug) che possono essere trasportati da un posto all'altro, a patto di registrarne la nuova collocazione. I geocacher hanno sviluppato un loro gergo - di cui nel sito si può trovare un glossario - e creato una vasta rete di contatti, virtuali e reali, con ritrovi e cacce al tesoro collettive. Gli appassionati, del resto, rientrano in un profilo sociologico relativamente omogeneo: si tratta perloppiù di maniaci dell'hi-tech con simpatie ambientaliste, la stessa gente che ama l'abbigliamento Patagonia e ha mosso negli anni Novanta la rivoluzione digitale, che magari nel frattempo ha messo su famiglia e introduce anche i pargoli all'avventura. Nelle zone in cui il gioco è più sviluppato, soprattutto sulle due coste degli Stati Uniti ma anche nel Nord Europa, dove il popolo della net-economy orfano della bolla borsistica si è trovato altre occupazioni, la vendita di equipaggiamento per geocacher e il turismo mirato stanno ormai assumendo tutte le caratteristiche di un vero e proprio business. Per chi si vuole aggregare, una buona occasione sarà il prossimo 29 giugno per il secondo Nano Event che si svolgerà all’interno del Parco Nazionale del Circeo, nel bel mezzo della Foresta Planiziale, in quella che anticamente era conosciuta come Selva di Circe. E attenti a non farvi travolgere da un'omino con un Gps.

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