Pagine

2 luglio 2010

La corsa all'oro nell'Italia Saudita



Li chiamano wildcatters. Spuntano come funghi dopo la pioggia quando il prezzo del petrolio sale e la ricerca di nuovi giacimenti diventa remunerativa anche per i piccoli esploratori, che non possono usufruire di economie di scala, ma hanno la flessibilità del mordi e fuggi. Di solito è gente del mestiere, che ha fatto esperienza nelle grandi compagnie petrolifere e ora cerca la fortuna in proprio, come ai tempi della corsa all'oro. In Europa, il loro Eldorado è l'Italia, molto meglio del Mare del Nord, dove la trivellazione in acque profonde ha costi proibitivi. Sono prevalentemente australiani, britannici, canadesi o texani, ma sempre coadiuvati da una quinta colonna locale. Le loro società si chiamano Northern Petroleum o Petroceltic, Mediterranean Gas o Po Valley, a seconda delle zone in cui operano. In Italia ce n'è una cinquantina, che trivellano allegramente sotto i nostri piedi senza che nessuno se ne accorga. Nel 2006 sono stati perforati ben 49 pozzi, di cui 34 per raggiungere giacimenti già scoperti e 15 per cercare nuove riserve. Nel 2007 37, di cui 10 in località non ancora sfruttate, su un centinaio di concessioni di ricerca. Nel 2008 altri 40. E malgrado la marea nera sulle coste della Louisiana, le trivellazioni continuano.


Basta scorrere l'elenco dei titolari di concessione nel bollettino ufficiale della Direzione Generale Energia e Risorse Minerarie del ministero dello Sviluppo Economico, per scoprire anche qualche wildcatter locale. Tra le 52 ditte esploratrici, accanto a Eni, Edison, alle municipalizzate e a multinazionali come Shell, Total, Esso e Bp, figura il geometra Paolo Bonucci, che scava su un terreno di 3 chilometri quadrati a Lizzano in provincia di Bologna, o il signor Maurizio Turchi, che oltre a gestire la sua lavanderia industriale perfora un'area di 670 metri quadri a Trignano nel Modenese. Sono loro i Glenn McCarthy della nuova corsa all'oro all'italiana, anche se assomigliano poco al leggendario texano che tra il '30 e il '40 ci ha preso ben 38 volte, costruendo un impero sul petrolio per poi sperperarlo al gioco. Il mitico capostipite dei wildcatters fu interpretato da James Dean nel film “Giant”, con Elizabeth Taylor e Rock Hudson, uscito nel '56 quando ormai il povero Jimmy si era già schiantato con la sua Spider.


Più somiglianti al capostipite della categoria sono i suoi conterranei di Panther Gas, che hanno tentato per anni di sfruttare un giacimento di metano in una delle zone più trivellate d'Italia, fra Noto e Ragusa, dove l'Eni estrae petrolio. Jim Smitherman, rampollo di una dinastia di petrolieri texani, aveva ottenuto nel marzo 2004 una concessione dalla Regione Sicilia per esplorare un'area di 700 chilometri quadrati, contigua ai campi dell'Eni fra Modica e Ragusa. Ma l'esploratore yankee ha estratto solo guai dal territorio siciliano, cui era stato introdotto da Guglielmo Moscato, ex presidente dell'Eni e ora consulente indipendente con la sua GM&P, una società di studi d'ingegneria attiva anche in Kazakhstan. La sua vasta e articolata esperienza non è stata sufficiente ad appianare le resistenze incontrate dalle attività di esplorazione in prossimità dei tesori del barocco siciliano, difesi da Andrea Camilleri con un appello che ha raccolto 70mila firme. Il caso del Val di Noto non è un'eccezione assoluta. C'è il blocco allo sfruttamento dei giacimenti di metano in Alto Adriatico. E ci sono altre opposizioni sparse lungo la penisola, spesso dovute alla cronica incapacità di comunicazione fra le aziende e gli enti locali. Ma tra un blocco e l'altro il clima da corsa all'oro resta vivo: non stupisce, con i prezzi che corrono...


Pozzi se ne trovano nelle zone più impensate. Basta un po' d'occhio e si scoprono facilmente: dal terreno esce un tubo d'acciaio alto un metro e mezzo con un paio di grosse valvole, di solito recintato in qualche modo per difenderlo dalle macchine agricole o dai vandalismi. Come nel caso del giacimento di Villafortuna, sotto il Parco del Ticino, che è stato raggiunto perforando orizzontalmente per sbucare lontano dalle zone protette. Ma non ne mancano neanche nel pieno degli insediamenti urbani: nel quartiere milanese di Lambrate ci sono quattro pozzi di metano trivellati dall'Agip, che arrivano fino a 1.700 metri di profondità. Due sono considerati ancora validi e attingono a un giacimento di gas che si estende sotto i piedi dei milanesi, fra il quartiere dell'Ortica, lo stabilimento dell'Innocenti e la tangenziale. A Roma, a due passi dal Vaticano, ci sono due pozzi di petrolio che si spingono fino a 3mila metri. E di lato al Viale Cristoforo Colombo, non lontano dal raccordo anulare, è stato avviato un pozzo esplorativo dall'Italmin. I britannici di Ascent Resources stanno trivellando alla ricerca di gas accanto all'aeroporto di Fiumicino: il loro obiettivo sono gli strati sabbiosi del Pliocene a circa mille metri di profondità. In complesso, il territorio italiano è sbucherellato da quasi settemila pozzi alla ricerca di metano e di greggio. Al momento attuale ce n'è una sessantina in attività, per un'area complessiva di quasi ventimila chilometri quadrati.


Sotto all'Italia ci sono riserve sicure e documentate ancora da estrarre di 800 milioni di barili di greggio e 150 di metano. Altre, tutte da scoprire, tra i 400 e gli 800 milioni di barili di petrolio e da 120 a 200 miliardi di metri cubi di gas, dicono i geologi. Non sono giacimenti da nababbi del Golfo Persico, ma sufficienti a mettere il Belpaese tra i produttori più rilevanti.


Le riserve scoperte finora dormono nel sottosuolo di una specie di mezzaluna che percorre l'area padana, la costa adriatica per poi tagliare la Puglia e l'Appennino Lucano (dov'è nascosto l'Eldorado italiano, la Val d'Agri e Tempa Rossa) fino alla Sicilia. Il grosso dei giacimenti sta in Basilicata, dove si estraggono quasi 80mila barili al giorno sugli oltre centomila della produzione italiana complessiva. In base agli accordi con la Regione, entro il 2012 dai campi di Pisticci e Viggiano si estrarranno 150.000 barili al giorno. Di questi, 20.000 barili proverranno dallo sviluppo delle attività di Agip nei campi già attivi in Val d’Agri e circa 50.000 dal secondo centro oil, quello di Tempa Rossa, operato da Total (50%), Esso e Shell (25% ciascuna).


Ma dall'Italia Saudita stanno emergendo nuove zone interessanti: le più appetitose per le future scoperte di giacimenti sono al largo della costa ionica della Calabria, la Sicilia occidentale, il braccio di mare tra la Sicilia e Malta. La maggior parte delle perforazioni esplorative attualmente si concentra in Emilia Romagna, Basilicata, Abruzzo, Lombardia e Piemonte. In mare, si cerca soprattutto in Adriatico, Ionio e nel Canale di Sicilia.


L'anno scorso, stando ai dati del ministero, la produzione domestica di petrolio si è attestata a 42,6 milioni di barili. La Basilicata continua a farla da padrone, arrivando a coprire il 74% della produzione petrolifera nazionale con i suoi 3,2 milioni di barili. A seguire, i campi offshore (con un peso del 13%), la Sicilia (9%) e il Piemonte (2%). Considerando un prezzo medio annuo di 51 euro a barile per il greggio italiano, il valore complessivo del bottino supera i 2,17 miliardi. Quanto al gas naturale, la produzione italiana è stata di 9,6 miliardi di metri cubi. Considerando un prezzo medio di 24,5 eurocent al metro cubo, il valore complessivo arriva a 2,33 miliardi di euro. Il bilancio dell'anno in corso sarà ovviamente molto più interessante, visto l'aumento delle quotazioni del greggio.

Nessun commento: