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27 giugno 2004

Nuova corrente per il sistema

Prezzi alti e prospettive di rapida crescita della domanda: gli ingredienti per attirare investimenti nella costruzione di nuove centrali ci sarebbero tutti, ma per ora il cavallo non beve. O non beve abbastanza in fretta per mettere l’Italia al riparo da altri blackout. Delle 35 centrali autorizzate negli ultimi due anni dal ministero delle Attività produttive, per circa 18mila megawatt complessivi, quasi la metà rimane sulla carta. Dall'apertura del mercato elettrico nel marzo '99 a oggi, l'avvio di nuovi impianti in Italia si conta sulle dita di una mano. Risale appena allo scorso ottobre la partenza della prima nuova centrale, costruita da EniPower a Ferrera Erbognone, in Lomellina, con una potenza installata di oltre mille megawatt. Per quasi cinque anni, dunque, il parco di generazione italiano è rimasto sostanzialmente fermo. Poi è stata la volta dell'impianto di Ostiglia, nel Mantovano, dove Endesa Italia ha varato a fine novembre la conversione al ciclo combinato di 800 MW di potenza installata. Poco lontano, a Sermide, sono partiti i primi gruppi dei complessivi 1200 MW riconvertiti da EdiPower. Nei giorni scorsi EniPower ha cominciato a far girare le turbine della nuova centrale di Ravenna. Ed è entrato in esercizio il gruppo da 400 MW di Ponti sul Mincio, costruito da Asm Brescia e Agsm Verona. Altri impianti minori, come quello di Gorizia, cominciano a funzionare qua e là. Primi segni di una rinascita del mercato, ben lungi però dal soddisfare i picchi dei consumi di energia degli italiani, attesi nei prossimi giorni dal Grtn. Fine luglio e inizio agosto saranno le fasi più critiche - grazie al termometro che sale e al progressivo svuotamento dei bacini idroelettrici - e presenteranno la sfida più ardua anche per le quotazioni di Borsa, che in presenza di forti carenze rischiano d'impennarsi. In complesso, dei 35 via libera rilasciati dal ministero delle Attività produttive dal 2002 a oggi, per un totale di quasi 18.000 MW, solo 22 cantieri, per circa 10.000 MW, sono già stati avviati e per poco più di 2.000 MW sono già terminati. Si lavora un po' dappertutto, ma soprattutto al Sud. Enel, che giorni fa ha messo in cantiere l'avvenieristica centrale siracusana di Priolo, ha cominciato il rodaggio dell'impianto siciliano di Termini Imerese, dopo una radicale ristrutturazione. Edison ha appena avviato il quarto cantiere in due anni, in Calabria a Simeri Crichi, dove sorgerà una centrale da 800 MW a ciclo combinato, alimentata a gas naturale. Altri 2.000 MW complessivi sono già in costruzione ad Altomonte (800 MW), Candela (400 MW) e Torviscosa (800 MW). Energia (gruppo Cir) ha avviato la costruzione di una centrale da 800 MW a Termoli. Sono partiti i lavori di Aem Torino per un impianto da 770 MW a Moncalieri. Ma tutti, prima di metter mano al piccone, hanno dovuto combattere per anni contro i veti delle amministrazioni locali, i ricorsi al Tar, i picchetti e i cortei con in testa sindaci, vescovi e assessori. Agli italiani piace molto avere il frigorifero o la lavatrice (e negli ultimi tempi anche il condizionatore), ma avere una centrale dietro casa non piace a nessuno. In alcune regioni, come la Campania, il deficit energetico è tale che ci si chiede come facciano a mandare avanti le proprie industrie. Non a caso le quotazioni della Borsa elettrica sono state suddivise in zone e il prezzo dell'energia nell'area Sud risulta molto più alto. Ma non ci sono solo i ritardi causati dall'estrema litigiosità degli enti locali. Anche i produttori di energia non vedono completamente di buon occhio questa corsa ai nuovi impianti. Troppi megawatt in più potrebbero generare una sovracapacità produttiva che in qualche anno finirebbe per tagliare le gambe ai prezzi del chilowattora, com'era accaduto nel Regno Unito dopo la liberalizzazione del mercato. Anche per questo gli investimenti nel settore sono molto prudenti e più di una centrale che vede tutti d'accordo non viene costruita, tanto che al ministero hanno deciso d'istituire un limite di un anno alla validità delle autorizzazioni, che poi decadono, per incentivare i produttori ad usufruirne in tempi ragionevoli. Non a caso delle 80 domande pendenti al ministero, per circa 50mila MW complessivi, è prevedibile che solo poche verranno davvero realizzate. E anche quelle che arrivano al cantiere, spesso non vengono realizzate dalla società richiedente, che alla fine dell'iter si rivende il pacchetto di autorizzazioni a qualcun altro, con più soldi in tasca da investire su questo mercato. Com'è successo al progetto di Teverola, in provincia di Caserta, dove il gruppo Merloni ha ceduto i diritti di costruzione a Raetia Energie, l'azienda grigionese che ha costruito anche la tratta svizzera del famoso elettrodotto fra San Fiorano e Robbia, fermo da nove anni per l'opposizione degli enti locali italiani. A fronte del fabbisogno previsto per quest'anno, sarà difficile quindi superare l'estate senza distacchi di corrente, perché la potenza disponibile del sistema elettrico italiano per ora non va oltre i 50mila MW e l'import è stato ridotto a circa 5mila MW per motivi di sicurezza. Il divario fra potenza installata (quasi 77mila MW) e potenza disponibile è una delle grandi debolezze del sistema, dovuta alla variabilità delle fonti idroelettriche e alle inefficienze causate dal caldo nelle centrali termoelettriche o sulle linee ad alta tensione. L'altra è l'estrema lentezza con cui procede l'incremento della capacità produttiva rispetto al ritmo di crescita del fabbisogno di energia del Paese. In base ai calcoli del Grtn, da quest'anno l'Italia entrerà nel novero di quei Paesi ricchi dove la richiesta estiva di energia supera quella invernale: contro un picco invernale di 55.500 MW, il picco estivo potrebbe toccare i 55.800 MW. Già l'anno scorso i due picchi erano stati quasi equivalenti: 53.400 MW d'inverno contro 53.100 MW d'estate. Ma basta andare indietro di pochi anni per constatare la differenza: nel 2000 il picco invernale si era attestato sui 49.713 MW, mentre il picco estivo si era fermato a 47.383 MW. I consumi di energia degli italiani, quindi, sono a una svolta. Non così la produzione.

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