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1 settembre 2004

Nimby e così sia

Ad Acerra le tammurriate e gli scontri di piazza. A Montecorvino i blocchi ferroviari. A Rapolla le carte bollate. A Scanzano Jonico le occupazioni. Per le infrastrutture italiane non c'è pace: dovunque si voglia costruire un termovalorizzatore, un elettrodotto, un deposito di scorie, ma anche un collegamento ferroviario, una bretella autostradale o un parco eolico, c'è chi grida "no". E alla fine vince quasi sempre chi grida più forte, mentre i comuni cittadini si tengono gli ingorghi, le immondizie per strada e l'energia elettrica più cara e inquinante d'Europa. Gli americani la chiamano sindrome Nimby ("not in my backyard"), o nella sua variante più perniciosa, Banana ("build absulutely nothing anywhere near anyone") e i militanti del rifiuto vengono gratificati del nomignolo Cave ("citizens against virtually everything") People. Ma c'è chi non ha voglia di fare l'uomo delle caverne. Da Brescia a Trezzo d'Adda, da Trieste a Piacenza, anche in Italia gli impianti modello non mancano, sostenuti dalla popolazione o addirittura richiesti a gran voce come sta succedendo in questi giorni a Giffoni Valle Piana, un paese del Salernitano a 13 chilometri da Montecorvino che sta cercando in tutti i modi di far installare un termovalorizzatore sul proprio territorio, allettato dalla prospettiva di far entrare nelle casse del Comune tre milioni di euro l'anno con cui costruire nuove strutture per i cittadini. "A Milano - spiega Andrea Gilardoni, docente alla Bocconi e direttore scientifico del Nimby Forum - quando abbiamo avviato la rivoluzione della raccolta differenziata e la costruzione del termovalorizzatore Silla 2, siamo stati 'aiutati' dall'emergenza rifiuti. Nel '94, quando sono diventato presidente dell'Amsa, c'erano i sacchi neri per le strade e la gente era scioccata, pronta a reagire. Allora il grosso delle immondizie milanesi finiva nella discarica di Cerro Maggiore di Paolo Berlusconi e solo il 5% veniva raccolto in maniera differenziata. Sviluppare la raccolta differenziata e costruire il termovalorizzatore significava togliere affari alle discariche. Ma davanti all'emergenza il 'partito della discarica' è stato sconfitto rapidamente. Già all'inizio del '96 un terzo delle immondizie veniva raccolto in maniera differenziata. In pochi mesi abbiamo costruito due impianti di separazione e compostaggio e avviato la costruzione di Silla 2, un termovalorizzatore ancora oggi all'avanguardia". Rivoluzioni di questo tipo non mancano in giro per il Paese. A Brescia, dove dal lontano '72 funziona un impianto di teleriscaldamento simile a quello di Vienna che descriviamo qui sotto, dal '98 un terzo del fabbisogno di elettricità e calore necessari agli abitanti viene dal termoutilizzatore che ingoia i rifiuti della città. "Per di più, i 55 euro che servono per smaltire una tonnellata di rifiuti nel nostro impianto contro gli 85 euro che servono per smaltirli in una discarica rappresentano un notevole risparmio", spiega Renzo Capra, presidente di Asm Brescia. L'impatto ambientale è bassissimo (le emissioni annuali sono inferiori a quelle di un camion), l'impatto visivo molto piacevole (le pareti di pannelli di vetro si confondono con il blu del cielo) e i rifiuti da fonte di problemi sono diventati una fonte di energia e di ricchezza. Non a caso gli abitanti di Brescia sono fieri del loro termoutilizzatore. "In queste vicende è essenziale instaurare un rapporto corretto con la popolazione", spiega Guido Berro, presidente di Federambiente, che riunisce circa 250 aziende d'igiene urbana in tutta Italia . "Per partire con il piede giusto - precisa Berro - bisogna spiegare bene le caratteristiche dell'impianto, senza nascondere nulla. Molto spesso è l'autorità che bara e questo crea sfiducia e malcontento, perché la gente non vuole essere presa in giro. Quando invece s'instaura un rapporto decente con la popolazione, la gente capisce. A meno che non ci sia dietro chi attizza la rivolta per interessi finanziari o politici poco chiari, come succede in questi giorni in Campania. Allora il braccio di ferro diventa molto più duro". In Italia ci sono 47 termovalorizzatori, di cui solo tre nelle regioni del Sud. In Germania e Francia oltre il doppio. In Italia ci sono 74 metri di cavi ad alta tensione per ogni chilometro quadrato. In Germania 110 e in Francia 86. La nostra rete idrica perde il 40% di quello che trasporta e al Sud 7 persone su 10 devono fare i conti con le forniture a singhiozzo. L'alta velocità ferroviaria per ora si limita alla tratta Firenze-Roma. E l'elenco potrebbe continuare a lungo.

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