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16 settembre 2004

Slovacchia atomica per l'Enel

La Slovacchia è terra di montagne drammatiche, dai Tatra ai Carpazi, e di fiumi maestosi, come il Danubio. E' anche la patria di Slovenske Elektrarne, principale azienda azienda elettrica del Paese, con una produzione complessiva che sfiora i 7.000 MW tra gas, carbone, idroelettrico e nucleare: uno dei bocconcini più appetitosi del risiko energetico in corso nell'Europa dell'Est e nei Balcani, dove le privatizzazioni cavalcano spedite. Su Slovenske Elektrarne la partita è già quasi chiusa. La settimana scorsa Enel ha ottenuto il placet del ministro dell'Economia Pavol Rusko, che si è detto "deliziato" dall'offerta italiana di 840 milioni di euro per una quota del 66%, contro i 691 milioni messi sul tavolo dalla cugina ceca Cez e i 548 milioni della joint venture russa Rao-Ues. Dicono che alla Cez, potente società pubblica praghese in piena campagna acquisti, si stiano mangiando le mani. Anche se la prudenza è d'obbligo, infatti, l'assenso del ministro competente dovrebbe essere determinante per la scelta, che dipende dal governo e verrà comunicata alla fine di settembre. Superato questo scoglio, gli uomini di Enel si metteranno a discutere con l'advisor di Bratislava, Peter Mitka di PwC, per chiarire i dettagli. E se tutto andrà bene fra qualche mese la compagnia guidata da Paolo Scaroni sarà la felice proprietaria di due bei reattori nucleari, oltre a tutto il resto. "Sarà un'ottima occasione - dicono all'Enel - per ricostruire quel know-how che abbiamo perduto, dopo quasi vent'anni di astensione dall'energia atomica". E sarà anche una buona occasione per accedere a una generosa fonte di energia a buon prezzo, così diversa da quella che è costretta a produrre in Italia. Ma Slovenske Elektrarne non è la prima preda che l'Enel mette in carniere da queste parti. In Bulgaria si è aggiudicata una centrale termoelettrica, Maritza Est, e ha preso parte alla gara per la rete di distribuzione, che è stata divisa in tre pacchetti ed è finita invece nelle mani della ceca Cez, dell'austriaca Evn e della tedesca E.on. Entro la fine di quest'anno i bulgari dovrebbero mettere in vendita altri tre impianti termoelettrici e hanno ripreso la costruzione della centrale nucleare di Belene, sul Danubio. Sofia punta chiaramente a diventare il centro principale di produzione e distribuzione elettrica nei Balcani - dov'è già oggi il primo esportatore di energia - ma anche oltre il Bosforo, verso la Turchia. Secondo stime del governo, sono previsti 6 miliardi di euro d'investimenti in progetti energetici entro il 2007. E quindi la presenza su questo mercato è altamente strategica. In Romania Enel ha acquisito due società di distribuzione: Banat, nella regione occidentale di Timisoara tanto cara agli italiani, e Dobrogea, agli antipodi, sul Mar Nero. Ma Bucarest sta per mettere in vendita entro la fine di quest'anno le tre centrali di Rovinari, Craiova e Turceni - raggruppate nella società Energy Complex, che include anche le vicine miniere di lignite - e il resto della rete di distribuzione. Tutti affari attraenti per Enel, che si trova di fronte sempre meno concorrenti occidentali, dopo l'abbuffata degli scorsi anni che ha aperto buchi notevoli nelle finenze di diverse compagnie elettriche europee, Edf in testa. Ma anche dove la privatizzazione è già a uno stadio molto avanzato, come in Ungheria, resta qualche preda interessante. Qui sono già stati ceduti diversi impianti di produzione al colosso tedesco Rwe e ai francesi di Edf, così come tutta la rete di distribuzione, che si sono spartiti in tre: Rwe, Edf e E.on. Rimane ancora in mano allo Stato, però, la principale compagnia elettrica magiara, il gruppo Mvm (Magyar Villamos Művek), su cui molti stanno mettendo gli occhi. Anche nella Repubblica Ceca il colosso Cez dev'essere prima o poi privatizzato, ma dopo un tentativo di metterlo all'asta due anni fa, cui parteciparono Enel e Edf, si sta trasformando da preda in rivale. Sotto la guida dell'aggressivo Martin Roman, Cez sta puntando a diventare la principale potenza elettrica della regione con una campagna acquisti poderosa e ha saputo tener testa ai rivali occidentali su diverse piazze importanti. E' già la maggiore esportatrice di energia dell'area e in futuro potrebbe giocare un ruolo importante anche a livello continentale. Prima o poi ce la potremmo trovare di fronte come fornitrice. A maggior ragione si è molto risentita davanti al successo di Enel in Slovacchia, un Paese che si è staccato dalla Repubblica Ceca solo dieci anni fa e dove Cez si sente quasi a casa propria. Invece non è riuscita a mettere le mani nemmeno sulla rete di distribuzione, che è stata spartita fra Rwe, E.on e Edf.In Polonia, il mercato più grande fra i nuovi membri dell'Unione, il processo di privatizzazione va a rilento, anche perché il 97% dell'energia prodotta viene dal carbone e di solito le centrali sono strettamente legate alle miniere circostanti. La svedese Vattenfall, la belga Tractabel, la spagnola Iberdrola e la francese Edf hanno già messo a segno qualche acquisto, ma di piccole dimensioni. Poco più su, in Lituania, ci troviamo invece in un mondo completamente diverso: la piccola repubblica baltica è una delle principali esportatrici di energia del mercato est europeo, che produce quasi esclusivamente con reattori nucleari, su cui ha in piedi un contenzioso con Bruxelles per questioni di incompatibilità tecniche. Quando avrà superato queste difficoltà, i suoi impianti potrebbero diventare una delle prede più ambite del continente.

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