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29 ottobre 2008

Ray Dalio

I tassi d'interesse in risalita tagliano le gambe ai bond: un dato di fatto da cui non si sfugge o un mito da sfatare? Ray Dalio, tra i massimi esperti americani di obbligazioni a livello globale, propende per la seconda ipotesi, soprattutto nelle attuali condizioni ambientali, che consentono di spostarsi agevolmente da un mercato all'altro per andare controcorrente.
I rialzi dei tassi stanno mettendo a dura prova il mercato obbligazionario americano e la pressione si estende anche all'Europa. Lei cosa consiglia?
"Consiglio di aspettare che il tasso sui Fed Funds arrivi al 4,25%, che sarà il suo picco, e i rendimenti dei Treasury a dieci anni al 5,75%. A quel punto si può essere sicuri che la politica monetaria della Fed avrà già raffreddato abbastanza l'economia per rendere i bond americani di nuovo attraenti. Per quanto mi riguarda, ricomincerò a comprare già quando i Treasury a dieci anni saranno arrivati al 5,25%, se l'economia mostrerà segni di rallentamento, come ad esempio due decimi di punto in più sulla disoccupazione rispetto al tasso più basso raggiunto dopo la recessione, finora il 5,6%. Nel frattempo, consiglio di andarsi a cercare altrove condizioni ambientali migliori".
Difficile, visto che l'economia americana continua a fare da traino per gran parte del mondo…
"Anche questo è un mito da sfatare. L'economia mondiale, che nell'ultimo decennio sembrava sempre più sincronizzata su un'unica lunghezza d'onda - quella americana - oggi è di nuovo una cacofonia di mercati che corrono in direzioni divergenti. Merito dei banchieri centrali, che ragionano in maniera indipendente gli uni dagli altri".
Quindi?
"Mentre la Fed rialza i tassi per raffreddare un'economia in crescita troppo rapida, il Giappone si è appena avviato verso un periodo di crescita sostenuta. L'Asia sta decelerando dopo una corsa a perdifiato e l'America Latina anche, dopo una modesta espansione. L'Europa invece continuerà a crescere adagio. Ma anche all'interno di queste aree ci sono singole economie nazionali che non vanno al passo con il resto: una delle Borse che ha fatto meglio quest'anno, con un balzo nell'ordine del 20%, è quella ungherese, che sta in Europa, mentre fra le peggiori c'è quella thailandese, che sta in Asia".
Lei come sfrutta questa cacofonia?
"Vado in giro per il mondo a cercarmi le obbligazioni prezzate in maniera più attraente, soprattutto fra quelle dove gli emittenti hanno un profilo di rischio in via di miglioramento. Il maggior valore che si può trarre dalle obbligazioni si trova dove il rischio di credito viene prezzato in maniera inefficiente dal mercato".
Quali sono i segnali da guardare?
"Bisogna combinare una visione macroeconomica globale con un minuzioso processo di selezione dei singoli titoli. La maggiore o minore volatilità dei mercati e la tenuta dei vari settori sono dati importanti di cui tener conto. Fondamentale è anche costruire un portafoglio che abbia molte parti in movimento, in modo da bilanciare le varie fasi dei cicli economici in giro per il mondo".
In pratica?
"I nostri investimenti obbligazionari sono sparsi su 30 Paesi, 40 settori e 10 diverse valute. Questa diversificazione ci tiene al riparo dai problemi delle singole economie nazionali".
Che vantaggi vi ha portato?
"Nel 2002, quando il dollaro è caduto, noi avevamo importanti posizioni su valute più piccole come la corona norvegese o il dollaro neozelandese, che sono andate molto bene quell'anno, con guadagni del 30-40%. Il 2002 è stato l'anno di Enron e WorldCom, la gente si è fatta prendere dal panico ed è uscita in massa dai corporate bond. Noi invece abbiamo aumentato la nostra esposizione sia sui titoli più sicuri che su quelli ad alto rendimento. E difatti nel 2003 c'è stato il rally dei corporate bond. Ora però abbiamo ridotto la nostra esposizione sui corporate, soprattutto ad alto rendimento, perché sarà difficile che continuino a correre".
Quali sono i Paesi che privilegiate?
"Solo il 30% dei nostri investimenti obbligazionari sono negli Stati Uniti. Il 70% sono bond non denominati in dollari. Un altro terzo è in euro, un po' meno di un decimo in yen, il 7% in sterline e il 6% in dollari canadesi. Il resto sono spiccioli. Per quanto riguarda i Paesi, dopo gli Stati Uniti viene il Canada, poi la Germania, il Regno Unito e l'Olanda".

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