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14 maggio 2009

Da Obama a Marchionne: i manager della nuova era

Non più di 18 mesi fa, le metafore più idonee nel mondo della finanzaerano militari e i capi più riveriti erano tipi duri, bravi a dare ordini,stile Top Gun: si pensi a Dick Fuld di Lehman Brothers o a Sir Fred «TheShred» Goodwin di Royal Bank of Scotland. Tutti e due sono stati inghiottitidal gorgo della crisi e oggi l’umiltà ha rimpiazzato l’arroganza ai pianialti dei colossi della finanza. Come al solito, Goldman Sachs ne ha presocoscienza per prima, con la contrita ammissione di Lloyd Blankfein in undiscorso di qualche settimana fa a Washington, in cui ha riconosciuto che«l’anno scorso è stato profondamente umiliante» e che molte iniziativeindustriali degli anni passati, «col senno di poi, sembrano finalizzate allucro e all’ingordigia».Il modello di direzione aziendale basato sul maschio Alfa è passato di modacosì brutalmente che viene persino biasimato a livello ormonale: alcuni studiaccademici suggeriscono, infatti, che gli uomini con un elevato tasso ditestosterone abbiano una maggiore propensione alle transazioni commercialialtamente rischiose, cosa non necessariamente positiva in un momento in cui larecessione globale viene imputata a un’errata valutazione del rischio. E lostile «femminile» di gestione, più posato e ricettivo, diventa sempre piùdi moda. I fautori del femminismo devono trattare questi argomenti con grandecautela: le teorie economiche che favoriscono le donne in fase di recessionepotrebbero trasformarsi troppo facilmente in giustificazione intellettualepro-discriminazione durante il prossimo boom. Tuttavia, considerare come unosvantaggio il fatto che in alcuni quartieri generali sia presente troppotestosterone è sicuramente segno di un profondo mutamento culturale.Una prova di quanto ampia sia stata l’oscillazione del pendolo l’ha dataJack Welch, ex capo di General Electric e icona del vecchio modello imperiale,che ha conferito a Barack Obama un «10 e lode» per il suo stile al comando,nonostante dissenta su molti aspetti della sua politica. Il nuovo presidenteamericano, soprannominato dai suoi detrattori «Obambi» per indicare unaleadership debole, è il simbolo più accalamato del cambiamento. «Una storiadi successo fenomenale», fa notare Marco Rotondi, autore insieme a FedericoMioni di Obama Leadership (Franco Angeli), in libreria a fine maggio. Partitoda una startup con un ufficetto e una segretaria, in due anni Obama èriuscito a costruire un’«azienda» da 1.200 dipendenti. Ai nastri dipartenza, lo davano all’8 per cento. E invece lui ha sbaragliato una decinadi concorrenti con molta più esperienza di lui, in un mercato maturo, comequello della politica, dove gli outsider non sono precisamente i benvenuti.Tutto ciò, utilizzando uno stile di gestione completamente nuovo.L’Obama Style rompe decisamente con l’atteggiamento da Top Gun dei suoipredecessori. Rispetto al capo che impone la sua volontà in manierasbrigativa oppure, in alternativa, delega certe decisioni al collaboratorepiù competente, l’uomo nuovo sceglie una terza via: Rotondi l’ha chiamata«comprensione ossessiva». Chiede spiegazioni, vuole capire i problemi, va afondo delle questioni e solo alla fine decide. Cerca di condividere con glialtri le sue scelte, ma non si sottrae mai alle sue responsabilità. «Quandoi mercati prosperano, è facile coprire gli errori dei manager autoritari, cheprivilegiano le decisioni rapide e poco discusse, quindi rischiose», fanotare Rotondi. Oggi è più adatta la strategia di Obama, che preferiscedarsi il tempo per ascoltare gli altri. È facile capire il perché. Il nostromondo globalizzato, collegato in rete, multipolare, senza chiare linee didemarcazione ideologiche da guerra fredda, è diventato troppo complesso peressere gestito con un approccio di tipo comanda-e-controlla. L’Obama Styleaccetta la complessità invece di respingerla. Non cerca soluzionisemplicistiche e tagliate con l’accetta. Preferisce i compromessi, lesfumature.Non stupisce, dopo tanto successo, che più di un manager sia attratto dal suostile e molti abbiano tentato di metterci sopra il cappello. «Ma le adesionisuperficiali non bastano - commenta Rotondi - perché la strategia delcambiamento è molto più difficile da applicare di quanto non sembri». Fra idirigenti d’azienda che possono fregiarsi dell’Obama Style, secondoRotondi, l’esempio più fulgido lo abbiamo a casa nostra: è SergioMarchionne, il capitano che ha trasformato la Fiat da una carretta dei mari inuna portaerei. Senza mai alzare la voce.

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