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18 maggio 2009

Il futuro del solare termodinamico è italiano

Una rincorsa faticosa che ha il sapore dello sprint. Gianluigi Angelantoni, amministratore delegato dell'omonimo gruppo, punta deciso verso un settore talmente innovativo da non avere ancora concorrenti sul mercato globale: il solare termodinamico basato sulla tecnologia a sali fusi inventata da Carlo Rubbia. E fa subito centro. La sua Archimede Solar Energy ha già attirato l'attenzione dei tedeschi di Siemens, che sono appena entrati nell'azionariato al 28%. "Con il nuovo stabilimento, che sarà operativo a metà dell'anno prossimo, sforneremo centomila tubi all'anno, adatti sia per i circuiti a olio sintetico che arriva a 350 gradi, sia per scaldare sali fusi fino a 550 gradi", spiega Angelantoni, che già oggi ne ha prodotte alcune migliaia in uno stabilimento più piccolo. In pratica, i suoi tubi rappresentano l'anima delle grandi centrali solari a concentrazione, dov'è cruciale l'immagazzinamento del calore, per continuare a produrre energia anche con diversi giorni di tempo coperto: nei sistemi utilizzati fino ad oggi, i grandi specchi parabolici concentrano il calore su un tubo sottovuoto dove scorre olio sintetico, che a sua volta deve scaldare con uno scambiatore di calore un grande serbatoio pieno di sali fusi. Nelle centrali di nuova generazione, come il progetto Archimede in costruzione a Priolo, basato su una tecnologia italiana brevettata dall'Enea, tutto il circuito è pieno di sali fusi, che raggiungono temperature impossibili per l'olio sintetico e non hanno bisogno dello scambiatore. Angelantoni si muove su un confine oltre il quale fino ad oggi non è andato nessuno: i suoi tubi, spalmati internamente di un coating chiamato Cermet, sono gli unici al mondo capaci di contenere un fluido a temperature così elevate. Questa tecnologia nuova migliora molto l'efficienza del solare termodinamico, tanto che Angelantoni ha già un'ordinazione per una grande centrale in costruzione in India e conta di aggiudicarsene molte altre nei prossimi mesi. Il mercato, infatti, è in piena esplosione, con 12 centrali in costruzione in Spagna e decine di altre in tutto il mondo, da Abu Dhabi agli Stati Uniti. "Già nel 2012 il fatturato generato dal solare termodinamico andrà a superare quello che fatturiamo oggi nel nostro business tradizionale", precisa Angelantoni. Laddove il suo "business tradizionale", del resto, non è nient'altro che la premessa per questo exploit. Già oggi l'azienda di Massa Martana produce fra le colline umbre macchine estremamente innovative: è tra le imprese leader nel campo dei simulatori per i test e delle apparecchiature biomedicali a basse temperature. Con le sue camere di simulazione ambientale e spaziale, i banchi di collaudo e i sistemi di vibrazione elettrodinamici, serve l'industria automobilistica, aerospaziale, elettronica e della difesa in Italia, Francia, Germania, Cina e India. Non a caso l'8% del fatturato nella sede centrale è dedicato alla ricerca. E questo sforzo innovativo rappresenta un traino non indifferente per tutto il distretto, dove diverse imprese sono state coinvolte nel progetto Archimede. "L'energia solare e fotovoltaica ha enormi prospettive di sviluppo e noi vogliamo essere al centro di questo processo, che potrebbe portare l'Italia all'avanguardia in un campo dove siamo ancora molto indietro", sostiene Angelantoni. La sua azienda, infatti, non è impegnata solo nel solare termodinamico, ma produce anche macchine per fare celle fotovoltaiche a film sottile, un'altra nuova frontiera del solare. "Stiamo realizzando una linea completa di produzione, lunga 130 metri, per Arendi del gruppo Marcegaglia, la società che produrrà per la prima volta in Italia moduli al telloruro di cadmio", una tecnologia molto innovativa - sviluppata da Nicola Romeo, docente di Fisica all'università di Parma - che punta a fare a meno del silicio. "Se vogliamo innovare, in questo Paese - commenta Angelantoni - dobbiamo dare più soldi ai ricercatori, nelle università e negli istituti di ricerca. Poi ci vorrebbe anche un miglior rapporto delle università con le imprese, ma il problema fondamentale sono i mezzi finanziari alla ricerca di base, che mancano".

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