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12 maggio 2011

Sarà un anno d'oro per l'eolico, ma non in Italia

Il 2011 sarà un anno d'oro per il vento, ma non in Italia. Il rapporto annuale della World Wind Energy Association prevede che saranno avviati a livello globale nuovi impianti eolici per 45 gigawatt, un record assoluto, che porterà l'installato complessivo a 240 gigawatt. In Italia, invece, tira aria di stagnazione a causa delle incertezze normative. Il 2010 è stato il primo anno di rallentamento nella crescita del settore: le nuove installazioni si sono fermate a 948 megawatt, il 25% in meno rispetto agli anni passati. E non è prevedibile una ripresa in tempi rapidi: "I dati del primo trimestre 2011 sono bassissimi e quelli del secondo trimestre non saranno migliori", commenta l'Associazione Nazionale Energia del Vento. Con ciò l'Italia, sesto mercato mondiale dell'eolico, rischia di essere scavalcata nel 2011 sia dalla Francia che dal Regno Unito. La potenza cumulativa di 5.797 megawatt, raggiunta a fine 2010, potrebbe ancora consentire il raggiungimento degli obiettivi fissati al 2020, dice l'Anev, solo se verrà modificata la normativa che a metà dell'anno scorso ha determinato il "crollo del 40% del valore dei certificati verdi".

Ma in realtà il 2010 è stata un'annata piuttosto deludente un po' per tutti, con soli 37.642 megawatt installati a livello globale, grazie soprattutto all'exploit della Cina, che ha avviato nell'anno 18.928 megawatt, compensando il calo registrato in Nord America ed Europa. Il colosso asiatico è ora il primo Paese eolico del mondo con 44,7 gigawatt, seguito dagli Usa a 40,2, Germania a 27,2 e Spagna a 20,6. La capacità eolica mondiale ha sfiorato così i 200 gigawatt a fine 2010, equivalenti a una produzione annua di 430 terawattora, il 2,5% dei consumi elettrici del pianeta. Il rapporto prevede che la capacità eolica mondiale arrivi a 600 gigawatt nel 2015 e a oltre 1.500 gigawatt nel 2020.

Per l'Europa, le speranze di rapida crescita sono riposte soprattutto nell'ultimo arrivato, l'eolico offshore, che sta dimostrando una vitalità veramente fuori dal comune. Nel 2010, rivela il rapporto dell'European Wind Energy Association, sono state installate 308 nuove turbine in mare, il 51% in più rispetto al 2009, per un totale di 883 megawatt distribuiti in nove parchi eolici in 5 Paesi europei, tutti affacciati sul Mare del Nord o sul Baltico. Gli investimenti complessivi si sono aggirati sui 2,6 miliardi di euro. I dati 2010 portano la capacità eolica offshore europea a 2.964 megawatt. E se il 2010 è stato un anno positivo, il 2011 andrà ancora meglio: Ewea prevede infatti nuove installazioni offshore per una capacità compresa tra i 1.000 e i 1.500 megawatt. Per ora il Paese leader è la Gran Bretagna, con una capacità di 1.341 megawatt, seguita da Danimarca e Olanda.

E proprio dal Regno Unito ci viene una previsione di crescita stratosferica sul medio periodo: di qui al 2050 la capacità eolica offshore mondiale aumenterà fino a 1.150 gigawatt, secondo il centro studi governativo Carbon Trust, con ritmi di crescita media del 10% l'anno nel periodo considerato.

Il segreto di questa crescita sta soprattutto nella dimensione delle turbine offshore, che ormai raggiungono i 4 megawatt ciascuna, e nell'immensa estensione di questi parchi, grazie ai bassi fondali comuni nel Mare del Nord: il Dogger Bank, ad esempio, è un colossale banco sabbioso che si estende per 18mila chilometri quadrati, cento chilometri a Est delle coste inglesi, con profondità fra i 15 e i 30 metri, su cui si sta costruendo un gigantesco parco eolico che arriverà in una prima fase a una potenza di 9.000 megawatt (come nove centrali nucleari) e in una seconda fase a 13mila (oltre il doppio di tutto l'installato italiano). L'appalto è stato vinto l'anno scorso dal consorzio Forewind, costituito da Sse, Rwe, Statoil e Statkraft, attraverso una gara bandita dall'agenzia demaniale britannica Crown Estate. Il banco è ciò che rimane di un grande territorio conosciuto come Doggerland, esistito durante l'ultima glaciazione e collegato sia alla Gran Bretagna che al continente europeo, ma non è l'unico caso: formazioni geologiche analoghe sono sparse in tutto il Mare del Nord e potranno essere sfruttate in base al piano eolico del governo di Londra, che riguarda nove zone, in cui sorgeranno parchi per un totale di 32.000 megawatt, un quarto della domanda elettrica britannica.

In Italia, invece, i vari tentativi di installare turbine offshore si sono scontrati fino ad oggi con le resistenze locali: famoso è il caso del parco progettato da Effeventi al largo delle coste molisane, bloccato a suo tempo da Antonio Di Pietro, allora ministro delle Infrastrutture. Un altro, proposto da Trevi Energy al largo della Puglia, è stato appena bocciato dal ministero dei Beni Culturali. E' chiaro che i mari italiani, più affollati e più profondi, si prestano di meno a questa tecnologia. Malgrado ciò, l'Anev calcola che anche l'Italia abbia un potenziale offshore di tutto rispetto, che andrebbe sfruttato. In questo spirito, dopo un anno e mezzo di gestazione, il mese scorso è finalmente partito il progetto Powered (Project of Offshore Wind Energy: Research, Experimentation, Development), iniziativa per lo studio delle potenzialità e delle problematiche legate allo sviluppo dell'eolico offshore nel Mare Adriatico, cui aderiscono alcune regioni prospicenti. Nel giro di due anni, Powered dovrebbe produrre un'analisi sulle strategie di sviluppo: può essere che per il prossimo secolo vedremo anche qualche turbina installata.


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