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5 febbraio 2010

Dalla monnezza napoletana a Piazza Affari

Dalla "monnezza" napoletana a Piazza Affari: il percorso virtuoso della famiglia Colucci, capitanata oggi dai due fratelli Pietro e Francesco, copre in vent'anni una vasta parabola ascendente, pur restando sempre nello stesso settore, lo smaltimento dei rifiuti. "Crediamo nella possibilità di quotazione per crescere e creare un polo aggregante in un mercato molto frammentato, dove le aziende private che si occupano di gestione dei rifiuti sono una miriade, ma in realtà i sistemi di smaltimento corretti sono pochi", spiega Francesco Colucci, presidente e amministratore delegato del gruppo Unendo, la holding di famiglia condivisa al 50% con il fratello Pietro. Il gruppo, con 250 milioni di fatturato e 80 milioni di margine operativo lordo, è cresciuto negli anni a colpi di acquisizioni e risulta oggi fra i principali attori privati nella gestione e nell'impiantistica dello smaltimento dei rifiuti. L'ultimo riassetto risale al 2008, quando i Colucci si sono separati dai Fabiani, soci di antica data, spartendo i diversi business del gruppo: ai Fabiani sono rimasti gli asset energetici e ai Colucci i servizi ambientali. Ora le attività del gruppo Unendo sono divise in due rami: rifiuti urbani e industriali. Sul fronte industriale c'è la candidata a quotazione, Waste Italia, leader italiana nella gestione dei rifiuti speciali non pericolosi. Waste Italia è partecipata al 32% dal fondo Synergo di Gianfilippo Cuneo e presieduta da Pietro Colucci, che è anche presidente di Assoambiente e controlla a titolo personale un'altra azienda quotata, Kinexia (ex Schiapparelli), impegnata nelle energie rinnovabili. Sul fronte dei rifiuti urbani c'è Daneco, ex Danieli e poi Montedison, specializzata nell'impiantistica per la selezione, il trattamento e la termovalorizzazione. Daneco ha appena presentato un'offerta formale per rilevare Greenvision, il ramo d'azienda più profittevole del gruppo Burani, a sua volta quotata in Borsa e controllata da Greenholding (80% Burani, 20% Mittel). "Unire le forze con Greenvision - spiega Pietro Colucci - ha senso perché Greenvision controlla Ladurner, una società gemella di Daneco nella progettazione e costruzione di impianti. La fusione ci permetterebbe di aumentare il nostro peso specifico in Italia e di competere meglio sul piano internazionale". Daneco, con 100 milioni di fatturato e 27 di margine operativo lordo, ha realizzato e gestisce una ventina di impianti di selezione e smaltimento in Italia, quattro centrali elettriche da biogas estratto dalle discariche ed è impegnata in vari progetti in Cina, in Moldavia, in Croazia e in Lituania, ma ha perso, insieme a Falck, la grande scommessa dei termovalorizzatori siciliani. "Non abbiamo condiviso, ovviamente, la scelta della Regione Sicilia di risolvere la concessione, ma ci dispiace osservare che dopo il blocco del nostro progetto non si è più mosso nulla e Palermo sta precipitando nell'emergenza", rileva Francesco Colucci. "Credo che il caso Campania abbia insegnato a tutti - commenta - a cosa porta l'immobilismo delle istituzioni". Malgrado la battuta d'arresto, Daneco ha forti prospettive di crescita, soprattutto dopo la recentissima riforma delle utility, che obbliga gli enti locali a cedere ai privati il controllo delle società miste di gestione dell'acqua, dei rifiuti e del trasporto locale su gomma. "Finora il pubblico occupava l'85 per cento del mercato e i privati dovevano competere per spartirsi la fetta rimanente, ma con la nuova legge la quota pubblica dovrà scendere sotto il 40% entro il 2013 e sotto il 30% entro il 2015", ragiona Colucci. E' chiaro che questa fetta aggiuntiva scatenerà una rivoluzione nel business dei servizi locali, attirando i colossi europei, in parte già attivi sul mercato italiano, finora poco liberalizzato. "Questa sarà per noi la sfida centrale dei prossimi anni", prevede Colucci. Una prospettiva non da poco, per un mercato che oggi vale complessivamente 40 miliardi di euro e occupa oltre 170mila addetti.

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