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28 novembre 2011

La Cina fa shopping nel Regno Unito, l'Italia resta scettica

China Investment Corporation, fondo sovrano di investimenti cinese, ha deciso di investire nelle infrastrutture europee, per stimolare la crescita economica globale. Lou Jiwei, presidente del Cic, parte dall'alta velocità inglese, in particolare dalla linea destinata a collegare Londra con il Nord del Paese: il progetto ha attirato l'attenzione del colosso di Pechino, che ha in tasca 410 miliardi di dollari di risorse (quasi l'equivalente del fondo salva-Stati europeo, tanto per dare un'idea delle dimensioni). Il cancelliere dello Scacchiere George Osborne, che sta cercando all'estero le risorse per rilanciare le infrastrutture inglesi, si è già detto aperto all'offerta cinese. Londra non ha certo paura di farsi "soffiare sotto il naso" pezzi importanti dell'economia nazionale, infatti è sempre ai primi posti nella classifica globale degli investimenti esteri. L'Italia, invece, è sempre agli ultimi posti, intralciata dalle eterne pastoie nazionalistiche che hanno impedito la realizzazione di un rigassificatore finanziato da British Gas, che hanno ritardato di anni l'internazionalizzazione di Edison o la cessione della compagnia di bandiera a Lufthansa (per venderla poco dopo, e peggio, a AirFrance). Ora la Cina busserà alla nostra porta per Eni, Enel e Finmeccanica. Potrebbe essere un'opportunità per tagliare il debito e magari anche qualche dirigente corrotto. Nessun dubbio sul tenore della risposta.

3 commenti:

Paolo ha detto...

A mio umile parere, che 'internazionalizzare' le aziende chiave dei settori strategici sia conveniente, salutare per loro stesse e probabilmente pure l'economia nazionale, non dovrebbe essere in dubbio. Da non esperto tuttavia, ho ancora qualche dubbio sulle implicazioni non economiche, quanto piuttosto geopolitiche, ed appunto strategiche (gentile eufemismo alla moda per MILTARI?) di un simile processo. Cosa ne pensi, non ci sono o possono esserci implicazioni inquietanti? Certo se molte altre nazioni (non certo ingenue sull'argomento, quale l'UK) intraprendono una strada simile, evidentemente la reputano sicura, ma...

dynamo ha detto...

è un'obiezione interessante, ma francamente non mi sembra che lasciare Finmeccanica nelle mani del signor Guarguaglini e dei suoi tirapiedi, con il giro di corruzione che ormai conosciamo, sia andato a vantaggio della sicurezza nazionale.

Giovanni ha detto...

C'è qualcosa che mi sfugge. Armi come il Typhoon o l'F35 non si costruiscono per combattere i pirati somali o i talebani afghani. Gli unici Paesi che hanno armi che possano contrapporsi simmetricamente a questo livello (fuori dall'impero USA) sono la Russia e la Cina. E allora, delle due l'una: o escludiamo che essi saranno mai nemici strategici, e allora ben vengano i loro fondi sovrani e smettiamo però di spendere soldi in armi assurdamente sofisticate; o non lo escludiamo, e allora bisogna mettere dei paletti ai loro fondi sovrani. A meno di non rimanere serenamente schizofrenici, spendendo un mare di quattrini per prepararci a combattere i nostri migliori partner economici...