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1 dicembre 2008

Google Earth arma segreta per la difesa del pianeta

Vedere per credere. L'evidenza fotografica ha un'abilità unica di trasmettere la realtà concreta del riscaldamento del clima alla gente comune. James Balog, fotogiornalista di grido, ha inserito in Google Earth le immagini delle sue fotocamere di monitoraggio, undici occhi virtuali che registrano lo scioglimento dei ghiacci eterni, dalla Groenlandia al massiccio del Monte Bianco, per rendere consapevole il mondo di quello che sta succedendo, in tempo reale. Il suo è uno dei grandi progetti di tutela ambientale che stanno portando alla ribalta Google Earth come uno strumento fra i più potenti per la difesa del pianeta. Ma ce ne sono altri. Julian Bayliss, uno studioso dei Royal Botanical Gardens inglesi, ha scoperto quest'inverno una vasta regione di foresta vergine in Mozambico, sul monte Mabu, semplicemente esaminando con attenzione le mappe di quel Paese in Google Earth, da cui saltava all'occhio una densa macchia verde ancora inesplorata: la spedizione nata dalle sue scorribande virtuali ha portato alla luce una sacca perduta di biodiversità, con tre nuove specie di farfalle e una rarissima orchidea. Per non parlare del monitoraggio delle emissioni eseguito dal Carbon Dioxide Information Analysis Center, dalla vigilanza sulla deforestazione del World Resources Institute o dello studio del Natural Resources Defence Council sulle aree più adatte a essere sfruttate per la produzione di elettricità da fonti rinnovabili. Il primo lancio di un satellite per usi civili non limitati alle previsioni del tempo risale al 1972, quando la Nasa piazzò in orbita il Landsat per monitorare lo sfruttamento del territorio ad usi agricoli e la desertificazione del pianeta. Da allora ad oggi, sono andati in orbita molti altri satelliti, con una grande varietà di telecamere e di sensori, capaci di penetrare oltre le nuvole, di misurare le temperature sulla superficie terrestre e perfino di percepire il progressivo assottigliamento dei ghiacci artici. Molti Paesi usano i satelliti per sorvegliare il proprio territorio, compreso il Brasile, che ha uno dei sistemi più sofisticati del mondo per il monitoraggio istantaneo della deforestazione, ma non sempre dimostra la volontà politica di bloccarla. Solo dal 2005, però, Google Earth organizza queste immagini e le aggrega con le fotografie aeree e le riproduzioni del territorio in 3D da un'ampia varietà di fonti, per presentarle e renderle accessibili gratuitamente agli utenti della rete. Il linguaggio KLM di programmazione di Google Earth è stato subito identificato dai conservazionisti come il gergo ideale per "interagire" con il pianeta, da un lato utilizzando i dati geospaziali per scoprire le modifiche sul territorio, dall'altro per metterle in evidenza con immagini e informazioni raccolte personalmente, in una vasta impresa collettiva di documentazione. Oggi ne vediamo i primi frutti.

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