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11 novembre 2008

Luc Soethe

Luc Soete, celebre economista dell' università di Maastricht, è convinto che costruire un nuovo Mit in Italia non sia l' idea migliore. Dall' 88 dirige il Merit, un centro di eccellenza in studi socio-economici sull' innovazione tecnologica, dopo aver lavorato allo Spru, l' istituto gemello dell' università del Sussex, e insegnato a Stanford. Soete, a Milano per una conferenza internazionale del progetto Star sulle politiche per la banda larga, pensa che per l' Europa sia meglio costruire sull' esistente. E costruire in fretta, se non si vuole perdere altro terreno prezioso. Gap «Certo - dice Soete -, per colmare il gap che ci allontana dagli Stati Uniti in materia d' innovazione l' Europa avrebbe proprio bisogno di tanti nuovi Mit: ma il Mit è un' istituzione nata 150 anni fa da precise circostanze economiche e culturali, che hanno portato a un mix unico al mondo di eccellenza scientifica e di spirito imprenditoriale, con risorse finanziarie inimmaginabili in un continente come l' Europa, dove l' industria ha quasi smesso d' investire in ricerca e sviluppo. Lasciamo ai Paesi emergenti, che già lo stanno facendo a piene mani, la buona volontà di partire da zero. Da noi è inutile riversare valanghe di risorse pubbliche in nuove istituzioni che rischiano di fallire non appena inaugurate. Usiamole semmai per promuovere la ripresa degli investimenti privati, realizziamo politiche innovative per eliminare le barriere culturali, sociali e istituzionali che impediscono lo sviluppo della conoscenza». Sono centri di ricerca come il campus di Philips a Eindhoven, di Shell a Lovanio, di Microsoft a Cambridge o quello appena fondato da StMicroelectronics insieme a Motorola vicino a Grenoble - secondo Soete - la risposta giusta alla sfida lanciata a Lisbona nel marzo del 2000, che voleva fare dell' Europa, entro il 2010, la società più competitiva e dinamica del mondo, basata sulla conoscenza. Invece, in questi tre anni il gap in materia di conoscenza e sviluppo tecnologico si è allargato, la produttività europea si allontana da quella americana e la crescita economica è sempre più in ritardo. Ma non è sulla ricerca pubblica che l' Europa perde terreno, anzi. Su quel fronte il gap è modesto e in via di riduzione. E' sugli investimenti privati che il piatto piange. «Peccato che siano proprio gli investimenti privati - fa notare Soete - il motore della crescita e dello sviluppo tecnologico. Non a caso i Paesi europei più sviluppati in questo senso, come Finlandia e Svezia, sono quelli che spendono di meno nella ricerca pubblica, mentre i meno sviluppati, come la Grecia, il Portogallo e la Spagna, sono quelli che spendono di più». E' da questo divario che bisogna partire per capire qual è il sasso su cui il treno europeo dell' innovazione è deragliato. Perché la ricerca universitaria in Europa non riesce ad attrarre capitali privati? E' un problema di qualità? E' troppo frammentata? E' troppo chiusa negli steccati nazionali? «Non si tratta di qualità - risponde Soete -. Semmai è la frammentazione che limita i rapporti fra università e imprese. In Europa ogni università si butta sulle aree più promettenti della ricerca, come le scienze della vita, le nanotecnologie, i nuovi materiali, l' information technology, con il risultato di formare una miriade di piccoli gruppi di ricerca ma nessun centro di eccellenza con un peso specifico sufficiente ad attrarre l' attenzione dell' industria privata. D' altra parte l' industria è sempre più lontana dalla ricerca pura e quindi non offre ai ricercatori un ambiente adatto a perseguire i loro interessi». Per rimettere in moto il treno dell' innovazione bisognerebbe portare gli scienziati a innamorarsi delle applicazioni industriali e le imprese a innamorarsi della scienza. Ogni incentivo in questo senso è benvenuto. Lisbona Ma l' obiettivo di Lisbona - avverte Soete - si sta rivelando irrealistico. «In Portogallo infatti gli euroleader non hanno dichiarato solo l' intenzione di trasformare la nostra società nella più competitiva del mondo, ma anche la necessità di farlo senza abbandonare le sicurezze del passato. Ma sono compatibili questi due obiettivi?». In altre parole: si possono conciliare distruzione creativa, innovazione e imprenditorialità con un ambiente che garantisce sicurezza e protezione del posto di lavoro? «Da questa prospettiva - dice Soete - il gap tra Europa e Usa in capacità innovativa può anche essere il prezzo da pagare per mantenere in piedi un modello che pone l' accento soprattutto sulla sicurezza sociale».

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