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29 novembre 2008

E noi scommettiamo sull'anidride carbonica

L' economia del carbonio entra nel mirino della grande finanza. Tra i mercati delle materie prime, quello della CO2 mostra ormai la crescita più promettente e svolge un ruolo-chiave nel consentire alle aziende di pianificare la loro strategia ambientale, offrendo trasparenza nei prezzi. Il programma di scambi in Europa per il 2008 è stimato in ben 46 miliardi di euro e a livello globale risultano avviati 940 progetti legati al Clean Development Mechanism (Cdm) del Protocollo di Kyoto, in grado di generare oltre due miliardi di «carbon credits». Si tratta di centrali a energia rinnovabile, di sostituzione delle vecchie tecnologie inefficienti o di recupero di energia là dove viene sprecata. In tutto il mondo le società finanziarie e le banche d' affari stanno investendo in questi progetti, che generano crediti di carbonio nei Paesi in via di sviluppo. I finanziamenti del venture capital sono arrivati a 5,18 miliardi di dollari nel 2007, con un aumento del 44% rispetto al 2006. Ultimo esempio, l' accordo annunciato fra il Programma di sviluppo delle Nazioni Unite (Undp) e il gruppo finanziario belga-olandese Fortis per supportare una serie di progetti «verdi» in Uzbekistan, Macedonia, Yemen e Ruanda, Paesi dove le attività di Cdm finora erano inesistenti. In base al Protocollo di Kyoto - che riconosce anche gli investimenti condotti dai Paesi sviluppati in quelli meno avanzati - questi progetti generano crediti di carbonio, liberamente negoziabili poi sui vari mercati mondiali. Se un' azienda di un Paese industrializzato supera il suo tetto di emissioni, è lì che dovrà andare a comprare i diritti ad inquinare, a un prezzo medio di 20 euro a tonnellata di anidride carbonica. «La crescita di questo comparto è inevitabili, anche grazie alla crescente pressione su tutta la filiera produttiva degli idrocarburi, dall' estrazione fino ai trasporti marittimi, che riduce l' offerta di petrolio e gas proprio mentre sta crescendo la richiesta delle popolazioni in via di sviluppo, soprattutto quella cinese», spiega Harris Antoniou, amministratore delegato di Fortis Energy, Commodities & Transportation. In questo modo i prezzi degli idrocarburi salgono e i progetti di generazione di energia da fonti rinnovabili diventano remunerativi. «Malgrado la battuta d' arresto dei mercati - sostiene Antoniou - non c' è dubbio che il comparto delle energie alternative abbia un grandissimo futuro e continui a crescere a ritmi sostenuti». Le decisioni politiche che si continuano a prendere nei Paesi industrializzati, del resto, confermano il trend. La Ue si è data dei traguardi precisi per il 2020, con un taglio delle emissioni di gas serra del 20%, che saliranno al 30% in caso di accordi internazionali più restrittivi, e un obiettivo vincolante del 20% nella produzione di energia alternativa, compreso un 10% di utilizzo di biocarburanti. «Sono valori che porranno l' Europa all' avanguardia di questo mercato, dov' è già oggi in posizione di leader», osserva Antoniou, che apprezza soprattutto l' eolico danese e il fotovoltaico tedesco. Ma anche a livello globale si sta andando verso un' accelerazione. Il processo di rinnovo del Protocollo di Kyoto dopo il 2012, anno in cui scade il periodo di adempimento, è già cominciato e l' Ipcc (il Gruppo intergovernativo sui mutamenti climatici che lo scorso anno ha vinto il premio Nobel per la pace) ha indicato alcuni traguardi precisi: una riduzione del 25-40% delle emissioni dei Paesi industrializzati entro il 2020 e una globale del 50-85% entro il 2050. La novità più importante è l' affacciarsi degli Stati Uniti a un sistema di «cap and trade» simile a quello europeo. Per l' economia del carbonio potrebbe essere la svolta decisiva.

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