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10 novembre 2008

Pippo Ranci

La rivoluzione del 1° luglio, terzo e ultimo atto della liberalizzazione elettrica, con l' apertura del mercato a 28 milioni di nuovi clienti, si avvicina a grandi passi. Ma noi rischiamo di presentarci nudi alla meta. «A meno di due mesi dalla scadenza non si sente nell' aria il clamore degli eserciti che ammassano le truppe, anzi, ho la netta impressione che questa data storica finirà per cadere nel vuoto». Lo prevede Pippo Ranci, professore di economia politica alla Cattolica e primo presidente dell' Authority per l' energia dal ' 96 al 2003, che sarà anche uno dei protagonisti del forum «Economia e società aperta», dove interverrà nell' incontro del 9 maggio su «Energia e sostenibilità alla Casa dell' energia». Ranci è stato uno degli attori principali nella liberalizzazione del mercato elettrico italiano, avviata con il decreto Bersani nel ' 99, e ha seguito da vicino le prime tappe della rivoluzione. Che adesso gli appare un po' appannata. Finalmente, dal 1° luglio, tutte le famiglie italiane potranno scegliersi il proprio fornitore, valutando le varie offerte contrapposte. La liberalizzazione dei grandi clienti, dalle utenze industriali in giù, ha portato l' Enel a scendere fino al 12% di questo mercato.
Pensa che anche sull' ultima tranche, controllata dall' Enel all' 80%, possa succedere qualcosa di simile?
«Lo escludo. Al momento attuale mancano gli strumenti per consentire ai consumatori di scegliere il migliore offerente e mancheranno le offerte commerciali da mettere a confronto. I margini di profitto sono bassi e le imprese di vendita non hanno una tradizione di furiosi combattimenti, come si è visto sul fronte del gas».
Che cosa intende per strumenti?
«Prendiamo la situazione del Regno Unito. Gli strumenti di questo mercato, l' unico veramente libero in Europa insieme agli scandinavi, sono la concorrenza, la trasparenza commerciale e l' informazione. Lì sono partiti dieci anni prima di noi, nell' 89, con la Thatcher. Hanno utilizzato un sistema più radicale, spezzettando l' ex monopolista in diverse aziende per sviluppare subito la concorrenza. Dopo dieci anni hanno dato la libertà di scegliere a tutti gli utenti, come sta succedendo da noi adesso, mantenendo delle tariffe di salvaguardia per tre anni in modo da accompagnare le famiglie con prudenza verso la liberalizzazione. Ora il mercato è maturo e funziona molto bene».
In pratica?
«In pratica sono 400mila i clienti - corrispondenti al 2% dei contratti - che cambiano fornitore ogni mese. I due terzi, secondo un sondaggio, lo fanno per risparmiare sul prezzo. Le offerte sono pubbliche e facilmente confrontabili, basta andare sul sito del regolatore, che pubblica i prezzi correnti in ogni zona e ha calcolato come il passaggio dall' operatore dominante al più conveniente su piazza comporti in media un 10% di risparmio. I consumatori vanno sul mercato e comprano quello che gli conviene di più, scegliendo liberamente se farsi guidare dal prezzo oppure da altri vantaggi, come la garanzia del marchio, la comodità della bolletta unica, l' energia verde. I pacchetti di energia si acquistano perfino al supermercato...».
Non stupisce che nel Regno Unito la liberalizzazione abbia portato a un crollo verticale dei prezzi. In Italia che cosa manca per arrivare a una situazione di quel tipo?
«Gli inglesi hanno avuto il coraggio di fare le cose in maniera più radicale. Ma anche partendo da una situazione più ambigua come la nostra, con il tempo, possiamo arrivare a un buon risultato. Il primo passo da affrontare subito è la riforma delle tariffe, che il governo continua a rimandare. Arrivare al 1° luglio con milioni di utenti che beneficiano della tariffa sociale pur non soffrendo un reale disagio economico significa minare alla base l' avvio della liberalizzazione, perché nessuno potrà offrire tariffe più convenienti di quella».
Quindi?
«La tariffa sociale dev' essere per pochi e legata all' indicazione di un reale disagio economico, non basata sul livello dei consumi, che è un dato ingannevole: oggi si premia il single che porta le camicie in lavanderia e si punisce la famiglia numerosa che deve fare una lavatrice al giorno. Avevamo già tentato a suo tempo di affrontare l' argomento, subito dopo l' avvio della prima apertura del mercato nel ' 99, ma sono misure che escono dall' ambito di pertinenza dell' Authority e i politici fanno resistenza. È una riforma impopolare, perché nel passaggio ci sarà un numero elevato di utenti che avrà un aumento percentuale forte, quindi si rischia una sollevazione. Per questo sarebbe stato opportuno metterla in cantiere ben prima del 1° luglio, in modo da informare bene la gente e dar tempo alle famiglie di abituarsi al nuovo sistema».
E come andrebbe strutturato il nuovo sistema?
«Abbiamo il vantaggio sull' Europa dei contatori digitali, che ormai l' Enel ha installato quasi dappertutto e anche le altre aziende stanno adottando su indicazione dell' Authority. Sfruttiamoli! Con l' aiuto della tecnologia si possono concedere delle tariffe agevolate fuori dalle ore di punta, che potrebbero alleviare il colpo per più danneggiati. Bisogna accelerare al massimo l' introduzione dei contatori digitali. Così si potrà approfittare della prossima tappa della liberalizzazione per avviare una fase transitoria incentrata sulle tariffe orarie».
Come vede il ruolo dell' Acquirente unico, il fornitore di ultima istanza che oggi approvvigiona le famiglie?
«Va eliminato. La funzione dell' Acquirente unico è già svolta dal mercato all' ingrosso, che da noi funziona abbastanza bene. Basterebbe potenziare la Borsa elettrica, sviluppando i prodotti derivati, che riducono il rischio di mercato e favoriscono la nascita di soggetti più giovani, disposti a sfruttare le opportunità della liberalizzazione».
Per andare fino in fondo con la liberalizzazione bisognerebbe anche potenziare le interconnessioni con l' estero...
«Non c' è dubbio. Bisogna dare una spinta alle merchant lines, che ora sono bloccate. Solo così potremo approfittare del mix di generazione europeo, più equilibrato del nostro. Ma ognuna di queste misure da sola non basta, vanno messe in atto tutte insieme, altrimenti non serviranno a nulla».

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